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Simonetta Agnello Hornby è una scrittrice palermitana di grande successo, che ha vissuto quasi sempre a Londra, dove ha messo su famiglia e ottenuto la cittadinanza inglese. Uno dei suoi due figli, George, ha 45 anni e da 13 è affetto da sclerosi multipla primaria progressiva, una grave malattia che lentamente lo paralizza. Ma non rinuncia a muoversi, grazie a una speciale carrozzina che ha fatto arrivare dalla Malesia. Insieme sono stati protagonisti del docu-reality, "Io & George", prodotto da Raitre. Un viaggio, dall'Inghilterra alla Sicilia, per sensibilizzare sulle problematiche delle persone diversamente abili, ripreso per tre settimane dalle telecamere, una delle quali collocata proprio sulla sedia a rotelle.Qual è a suo avviso lo stato dell'arte in Italia? Alcune città sono a misura di disabile, altre no. I servizi sociali dovrebbero funzionare meglio: in alcune zone sono splendidi, in altre meno. Purtroppo non siamo tutti uguali e ad Agrigento manca qualcosa rispetto a Bologna. È un peccato, perchè c'è un volontariato straordinario e le nostre scuole, paradossalmente, sono più accoglienti di quelle britanniche.A Londra i disabili si muovono molto, grazie a mezzi pubblici, metropolitana compresa, che gli rendono la vita abbastanza semplice. L'Italia invece parte attardata, anche per la differente conformazione del territorio. Neppure Londra è l'ideale, anche se chiaramente è migliore di tanti altri posti. Abbiamo appurato, sia nella Capitale che a Palermo, che non siamo però così arretrati. I romani sorridevano e ci dicevano che non avremmo trovato la rampa sui bus, che a loro dire non erano affatto adatti ai disabili. Invece gli scivoli sui mezzi dell'Atac c'erano eccome.A differenza degli inglesi però, siamo meno propensi a utilizzarli... L'amara constatazione è che spesso le strutture esistono ma i disabili non escono di casa. Abbiamo paura di portarli in giro o loro hanno paura di uscire. Giorgio, in carrozzella, in giro per Roma, con tutti quei turisti, ha incontrato delle difficoltà ma ce l'ha fatta.L'impressione è che debba cambiare la società italiana, che sembra ignorare 4 milioni di disabili, quasi l'8% della popolazione complessiva, con percentuali molto più ampie nella fascia degli over 75. È come se si provasse vergogna, eppure fanno parte di tante famiglie. Bisogna conoscere chi è stato meno fortunato e abituarsi a vivere con lui, farebbe bene a tutti. Ci vorrebbe un "piano di vita", per portali ad esempio a teatro. Non vanno tenuti in casa, anche perchè le loro condizioni spesso possono migliorare grazie all'integrazione e alla socializzazione. Spero che con il tempo aumenti questa consapevolezza.Il Governo Renzi ha appena approvato una normativa, denominata "Dopo di noi", per tutelare i disabili che restano senza genitori e non sono in grado di provvedere totalmente a sé stessi. La legge istituisce un fondo da 150 milioni e concede la detrazione fiscale delle spese assicurative. È una bella novità, perchè traduce bisogni in diritti, ma potrebbe anche avere conseguenze negative. È un ottimo passo, ma va ampliata.Ha suggerito l'integrazione dell'istituto del trust, che è proprio di ispirazione anglosassone, per favorire i trasferimenti senza imposte di successione o donazione. Rischia di essere legato a un vincolo di destinazione, una finalità che negli anni potrebbe mutare. Sarebbe ottimale poi se dopo la morte del beneficiario i fondi stanziati non restassero alla sua famiglia, ma andassero ad altri disabili.Ha tenuto a rimarcare che a pesare spesso è l'entità delle finanze a disposizione delle famiglie. È terribile che i poveri non abbiano scelta e debbano dipendere dalle differenti legislazioni regionali, mentre i ricchi possono provvedere a tanti bisogni. È un problema che accomuna tutta l'Europa: se i servizi ci sono, mancano i fondi per finanziarli. Non ci si fida delle Istituzioni e spesso questo scetticismo è giustificato. Ma il futuro dei figli non può dipendere soltanto dai familiari, che hanno bisogno di aiuto.A Londra è stata per otto anni presidente del Tribunale "Special Educational Needs and Disability". Cosa le ha insegnato? Che tante volte i genitori, anche a causa della frustrazione, non sanno bene cosa vogliono i propri figli. È troppo grande lo shock di avere un bambino che non può comunicare, che urla e strepita, che vuole il silenzio. Amano enormemente i loro figli, a maggior ragione perchè disabili, ma capirli fino in fondo e decidere per loro è difficile.Ha anche sostenuto che è rischioso. La volontà dei genitori, che pure vivono a lungo con i figli, potrebbe essere differente dai loro reali bisogni. Non è semplice capire cosa voglia davvero un ragazzo autistico o uno soggetto da malattie degenerative. Ho avuto un cliente che si è ucciso e altri che ci hanno provato, fortunatamente senza riuscirci.I disabili sono concentrati maggiormente nelle regioni più meridionali, sia in Inghilterra che in Italia. In Galles servono industrie e posti di lavoro. In Sicilia e al Meridione occorre pensare ai veri problemi: la Mafia, la corruzione e il clientelismo. Bisogna cercare di andare avanti e c'è tanta bella gente da cui ripartire».Nel 1979 ha fondato uno studio legale nel quartiere londinese di Brixton, per occuparsi di immigrati e musulmani. Abbiamo scelto di lavorare in un quartiere povero, con un alto livello di criminalità e soprattutto di azioni repressive della polizia contro i neri. Per il Comune mi ero già occupata di adozioni, mentre la mia socia era una penalista. Quindi non abbiamo avuti dubbi: era il posto giusto per noi, anche se i nostri clienti non erano abbienti nè avevano un elevato grado di istruzione.Dai vostri collaboratori sono arrivate però grandi soddisfazioni. Noi eravamo state educate nella City, il centro economico della città, e avevamo acquisito grande professionalità. Il nostro personale rappresentava tante minoranze etniche, dagli indiani ai vari Stati del Commonwealth britannico. Si sono applicati tantissimo e sono cresciuti con noi, lavorando nel nostro studio. Abbiamo avuto la soddisfazione di vedere che tanti di questi giovani hanno poi ottenuto incarichi di rilievo: alcuni sono divenuti addirittura dei magistrati. Abbiamo creato insomma un team qualificato, con tanti emigranti di successo.Le manca qualcosa della Sicilia? L'ho lasciata per amore, e quindi sono stata felice di vivere con la mia famiglia a Londra: non me ne sono mai pentita. Ma torno sempre in Sicilia e mi sento molto italiana. Mi mancano ovviamente i cugini, i parenti e gli amici. Ma soprattutto Monte Pellegrino, il mio punto fermo nel mondo, che non mi può togliere nessuno. È tutto mio.