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Lo sanno tutti ma giova ripeterlo fuori da giaculatorie di comunicazione che trasfigura in propaganda.
La crisi dell’Ilva, con la decisione di ArcelorMittal di abbandonare lo stabilimento e la produzione di acciaio, è una bomba sociale che si appaia all’allarme lanciato da Svimez sulla desertificazione del Mezzogiorno. Due fatti che assommandosi minacciano di produrre macerie tali da travolgere la metà del Paese.
Le conseguenze sarebbero devastanti perché da Napoli in giù ( c’è anche la Whirlpool, ricordate?) milioni di italiani finirebbero preda della disoccupazione e dell’incertezza, con i Masanielli di turno pronti ad approfittarne. Ci sono gesti, al contempo simbolici e concreti, che nei momenti di crisi diventano indispensabili.
Sull’Ilva il governo richiami chi di dovere alle sue responsabilità ma in ogni caso per come sono andate le cose deve metterci la faccia. Quel “whatever it takes”, a qualunque costo, del ministro Gualtieri dovrebbe imporre una conseguenza: scongiurare la chiusura della produzione con Conte che porta il Consiglio di ministri in mezzo agli altiforni e vara lì le misure necessarie.
Facendo capire che l’Ilva è una battaglia di tutti, che gli impegni presi vanno rispettati ma che se qualcuno difetta c’è chi è in grado di rassicurare e far sentire la vicinanza del potere pubblico a migliaia di lavoratori e alle loro famiglie. A volte, serve il coraggio. E’ il momento.