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Con il discorso per i 76 anni dalla Liberazione dal nazifascismo, in soli 9 minuti e 21 secondi Sergio Mattarella ha chiuso quasi trent’anni di revisionismo storico. Una lunga stagione nella quale, rileggendo le vicende nazionali, l’obbrobrio del fascismo e la tragedia dell’Italia in guerra e poi sotto occupazione nazista, e con la lunga fare che pure uno studioso della Resistenza di adamantina fede repubblicana come Claudio Pavone non esitò a bollare come una guerra civile, si tentava di riscrivere la Storia secondo la falsariga delle « ragioni dei vinti ». E cioè dei fascisti. Messi sullo stesso piano di chi l’Italia l’aveva salvata dalla dittatura, gettando le fondamenta anche e soprattutto valoriali della libertà, della Repubblica e d’elle sue istituzioni. Le parole pronunciate per il 25 aprile dal presidente della Repubblica, precise come un raggio laser e nette come forse mai in nessun altro pronunciamento presidenziale per la stessa occasione, hanno fatto giustizia di un’intera stagione di idee povere e confuse, di balbettìi con i quali anche alcuni studiosi, oltre che noti opinion maker, tentavano la più incerta delle operazioni culturali cercando di trovare nelle pieghe della Storia qualche giustificazione alle destre risorte sulla scena politica anche grazie alla semplice apposizione del suffisso « post » al sostantivo fascista. Anni, e anzi decenni, in cui si era visto di tutto, l’ex missino Francesco Storace proponeva di « riscrivere i libri di storia » per le scuole (dal punto di vista dei vinti, per l’appunto), il presidente del Consiglio in carica rifiutava l’invito per il 25 aprile irridendo il Quirinale «sa, mi sono slogato un dito della mano », e non è raccontabile l’indignazione di ben due capi di Stato -Ciampi e Napolitano. Anni in cui la Resistenza era stata semplicemente cancellata dal dibattito pubblico: girava voce che l’Italia fosse stata liberata sì, ma nemmeno grazie all’intervento degli Alleati: dai soli americani. Come infatti purtroppo ancora svariate legioni di giovani e giovanissimi credono. Mattarella ha restituito, a partire dal quel 25 aprile del 1945 in cui fu il comandante partigiano Sandro Pertini a dichiarare la liberazione dal dominio nazifascista, il ruolo cruciale della Resistenza: « assunzione di responsabilità personale, a rischio della propria vita, regalando libertà alle generazioni future ». Ma soprattutto « archiviazione di una pagina nefasta della storia italiana », e attuale « cemento della nostra comunità ». Una pagina di Storia che venne trasfusa nella Costituzione del 1948, poichè « tutte le libertà che abbiamo oggi discendono da allora« , « dal coraggio di chi decise di opporsi al nazifascismo », compreso « il senso di onor patrio di quei 600mila militari italiani che preferirono la deportazione nei campi di concentramento ». Come troppo spesso si dimentica, bollandoli magari come disertori mentre si magnifica come un valore il perseguimento della « bella morte » da parte dei repubblichini di Salò. E invece, « non tutti gli italiani furono uguali, non tutti gli italiani furono brava gente », per dirla come l’ha detta Mario Draghi, lo scorso 25 aprile in quel di via Tasso a Roma.Per carità, cerchiobottismo e revisionismo storico erano già usciti dalla Storia, mandati fuori corso anche per l’irrompere sulla scena mondiale, rimpannucciato in sovranismo, del nazionalismo che è la madre di tutti i totalitarismi. Ma le correnti culturali che cercavano di riscrivere la storia dell’Italia cancellandone le radici, i valori fondanti, la Carta costituzionale come patto vivente della comunità nazionale sono invece vive e vegete, forse perché come scrisse Primo Levi « ogni epoca ha il suo fascismo ». Basta osservare il gelo che è montato a destra per il 25 aprile: solo un’occasione per ribadire « in nome della libertà » la richiesta di prolungare di un’ora il coprifuoco antiCovid che il governo ha confermato alle 22... E dunque cruciale è che chi, come il presidente della Repubblica, rappresenta l’unità nazionale ricordi nel modo più fermo possibile su quali valori quella comunità si fonda. La Repubblica italiana -ha ricordato Mattarella- nacque dalla Resistenza perché essa fu anche un vero e proprio laboratorio politico. E del resto, nelle galere fasciste c’erano Gramsci e Pertini, ma anche Sturzo e De Gasperi. « Che traccia é rimasta di questa consapevolezza, i giovani oggi che ne sanno? », cosa sanno della Resistenza « che servì a preparare la libertà di tutti »? Molto poco, come sappiamo. Anche grazie a quella lunga, tragica stagione, del revisionismo storico. Che è servita a spianare la strada a uno dei grandi mali del nostro tempo: il negazionismo. Se oggi può dilagare la più allarmante delle fake news internettiane - l’Olocausto non è mai esistito- è anche per quella tragica e opportunistica distorsione della Storia. E chissà, forse se oggi non riusciamo ad aggiornare quella Carta costituzionale che nacque secondo un logos preciso - mai più un uomo solo al comando in Italia- è anche perché a lungo è serpeggiato il revanscismo che il revisionismo storico portava con se.