Arriva e svuota i Palazzi di Giustizia, lascia le toghe appese negli armadi e chiusi i fascicoli. Non è il malefico virus , ma il torrido Agosto. Fa impressione tornare indietro nel tempo ma in un contesto opposto. Dopo la precipitosa ritirata nel bunker domestico, la timida avanzata verso il mare o la montagna , ci toglie nuovamente dal clamore, ora attenuato, del fòro e ci muove verso un faro in mezzo al mare o un alpeggio tra i prati. Che bisogno c’è di fermarsi appena dopo la ripartenza ? Qualcuno azzarda che dovevamo fare come i calciatori e predisporre una stagione no- stop. Io invece credo che santificare le ferie sia indispensabile per riappropriarci della normalità e dei ritmi che sono il battito della vita anche giudiziaria. Gli antichi lo sapevano bene: era netta la distinzione tra dies fasti e dies nefasti e non si poteva prendere alcuna decisione senza consultare gli aruspici e gli auguri, che in molti casi erano giuristi sommi. Può sembrare il retaggio di un’antica superstizione e faceva già sorridere Cicerone che il Sommo Pontefice, capo della Cassazione dell’epoca, facesse anche l’indovino. Ma non siamo cambiati di molto: non investighiamo più il fegato delle pecore ma continuiamo a leggere almanacchi e a rivolgerci ai virologi a caccia del pronostico migliore. Agli scienziati manca solo di predirci oltre che salute, anche amore e affari in base al segno zodiacale.

Non ci resta quindi che varcare quotidianamente il nostro Rubicone, anche solo per concederci un’estate in Riviera, sapendo sempre che il dado non lo gettiamo noi ; semmai ne siamo una faccia, sempre esposta all’alea di posarsi dal lato sbagliato.

In questo periodo di ordinaria sospensione e di emergenza decretata a maggioranza variabile, vorrei che riflettessimo su che fare dopo senza limiti o confini. E’ un’abitudine che mi porto dietro da molti decenni, dall’estate della maturità. Ricordo che volevo andare in Grecia con in compagni di scuola ; alla fine non venne nessuno e partii da solo. Non c’erano gli aerei low cost ma solo i treni a basso prezzo e gli autobus a chilometraggio limitato. La lentezza mi aiutò a pensare e a cercare la mia strada. Mi spaventava iscrivermi ad una facoltà basata su una materia, il diritto, che non avevo mai studiato e che mi prospettava un futuro in un terreno inesplorato da familiari vicini e lontani. Ma girando il Peloponneso sulle corriere locali imparai che il greco non era una lingua morta e che dietro ogni curva si apriva un golfo, dietro una collina si poteva appostare un tempio antico per dare senso al mio andare. Valeva la pena tentare un viaggio anche in inverno in una terra sconosciuta, chiamata giurisprudenza e lasciare il paese per una piccola città dove vivere da “fuori sede”. Ogni estate, anche da maturati stagionati, è necessariamente l’abbandono del passato e la partenza per un nuovo percorso. Chi non parte, non sta fermo, resta indietro rispetto al ciclo eterno dell’universo che si muove. Come l’orbita dei pianeti anche noi dobbiamo muoverci e orientarci guardando le stelle, perché habent sua sidera lites.

La traduzione ufficiale è “ogni processo ha la sua stella, il suo destino segnato”, ma potrebbe anche tradursi all’inverso “ogni stella ha il suo processo”, il suo movimento. E noi che cerchiamo di orientare le cause in una direzione, forse dobbiamo invece orientare noi stessi verso la direzione tracciata, percorrerne e precorrerne il corso, come i vecchi sacerdoti pagani alla ricerca della volontà degli Dei o come pellegrini medievali in cammino sulla Via Lattea di San Giacomo e di Luis Bunuel.