Il suo nome compare nel famoso rapporto di Amnesty International del 1993 dove vengono denunciate le torture che avvenivano nel supercarcere di Pianosa riaperto dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Torture pesanti, dai pestaggi all’illuminazione delle celle 24 ore su 24, raccolte anche dai magistrati di sorveglianza. Parliamo di un uomo che finì recluso per associazione mafiosa grazie alle parole di un pentito – tale Vincenzo Calcara - che in seguito sarà dichiarato inattendibile da diversi tribunali. Un uomo che verrà assolto per l’accusa di 416 bis, ma più volte viene tirato in ballo dalla procura di Palermo fino ai nostri giorni.

Si tratta di Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano ed ex appartenente alla corrente manniniana della Democrazia Cristiana. È anziano oramai, ed è l’unico che tuttora si trova in carcerazione preventiva a causa dell’ennesima operazione giudiziaria del 16 aprile del 2019. L’accusa è di favoreggiamento aggravato alla mafia, per un’indagine che ha visto coinvolti anche un colonnello della Dia che lavorava per la Procura di Caltanissetta il colonnello Marco Zappalà) e un appuntato in servizio a Castelvetrano (Giuseppe Barcellona), in merito a informazioni su indagini che riguardavano il boss latitante Matteo Messina Denaro. Tutti e tre sono stati accusati a vario titolo dalla Dda di Palermo di “accesso abusivo a un sistema informatico” e “rivelazione di segreti d’ufficio” e inoltre all’ex sindaco Vaccarino viene contestata l’aggravante di aver favorito Cosa nostra e la latitanza di Matteo Messina Denaro.

Il Tribunale del Riesame di Palermo, al quale si era rivolto Vaccarino, aveva annullato il provvedimento di custodia cautelare, non rilevando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Anzi per il Tribunale del Riesame, lo scopo di Antonio Vaccarino era quello di ingraziarsi il titolare di un’agenzia funebre in passato condannato per mafia, tale Vincenzo Sant’Angelo, per ottenere da lui informazioni sul contesto mafioso di Castelvetrano, da girare al colonnello della Dia Zappalà. Dopo qualche tempo, però, arriva il dietro front. La procura di Palermo è ricorsa in Cassazione che ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento e inviandolo nuovamente al Tribunale del Riesame. Questa volta il provvedimento viene ribaltato e a gennaio Vaccarino viene rimandato in carcere.

Cosa sappiamo finora? Il colonnello Marco Zappalà lavorava per conto della Procura di Caltanissetta, non per la cattura di Matteo Messina Denaro che, per competenza, spetta alla Procura di Palermo, ma per indagare sulle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Tra le varie deleghe, una era proprio quella di rapportarsi con Antonio Vaccarino. Perché? A spiegarlo è il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci, sentito come testimone nel processo in corso a Marsala dove è appunto imputato Vaccarino. Ricordiamo che Paci ha svolto importanti processi, tra i quali quelli che hanno portato a smascherare il più “grande depistaggio della storia” in merito alle indagini sulla strage di Via D’Amelio dove perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta.

Alla domanda posta dall’avvocato Baldassarre Lauria (che assieme all’avvocata Giovanna Angelo difende Vaccarino), il procuratore Paci ha spiegato che la delega data a Zappalà non era per catturare Matteo Messina Denaro, ma per andare a Castelvetrano a rapportarsi con Vaccarino, fonte di utili informazioni. Le indagini, quindi, erano tutte volte alla vicenda stragista del ’92. «Vaccarino – ha spiegato Paci - lo conosco dalle carte, dai tempi in cui lavoravo alla Procura di Trapani e poi alla Dda di Palermo e poi l’ho conosciuto personalmente perché in alcune occasioni l’ho escusso a sommarie informazioni». Sempre Paci ha aggiunto nella sua deposizione: «Vaccarino è stato, da parte della Procura di Caltanissetta, diciamo un portatore di informazioni, nel senso che il Vaccarino, a seguito di note vicissitudini insomma, alcune convinzioni, una rilettura critica delle vicende processuali che l’hanno riguardato e che secondo lui riguarderebbero anche le vicende stragiste del novantadue. E sotto questo profilo insomma era interesse dell’ufficio sentirlo».

Per questo motivo la procura di Caltanissetta ha delegato Zappalà ad avere contatti con l’ex sindaco di Castelvetrano. «Vaccarino – ha spiegato sempre Paci - è stato escusso a sommarie informazioni dal maggiore colonnello Zappalà, e credo che questo – su mia delega – avvenga intorno al 2016».Per comprendere meglio, sempre il procuratore Paci approfondisce l’argomento. Spiega innanzitutto che tali indagini sono servite anche per il processo in corso contro Matteo Messina Denaro, accusato di essere stato uno dei mandanti della strage di Capaci e Via D’Amelio. Quindi se è vero che le indagini non c’entrano nulla con la cattura di Messina Denaro, c’entrano però con la sua persona. Si parla di stragi e anche di una revisione critica dove possono emergere altri elementi di non poco conto. «Noi rivisitiamo tutto il passato», ha sottolineato infatti procuratore aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci.

E dal passato emerge anche il ruolo del presunto pentito Vincenzo Calcara che fece arrestare ingiustamente anche Antonio Vaccarino a maggio del ’92 durante “l’operazione Palma». Il procuratore Paci durante la sua deposizione come testimone sintetizza la vicenda. «Tra le tante questioni che nacquero – racconta Paci -, c’era proprio quella della infondatezza delle dichiarazioni di Calcara, sulla base di un presupposto più ampio: cioè che Calcara non fosse un pentito autogestito, ma che potesse essere stato eterodiretto, e che poi avevano portato anche all’arresto di Vaccarino. Così come per esempio l’assoluta totale assenza delle dichiarazioni di Calcara, che oggi rivendica il diritto di andare a processo per testimoniare contro Matteo Messina Denaro, che lui non toccò mai con le sue dichiarazioni del passato».

Emerge, quindi, qualcosa che ricorda di molto il depistaggio che si fondava sulle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino. Secondo l’ipotesi formulata da Paci, il presunto pentito Vincenzo Calcara sarebbe stato eterodiretto. Se quest’ultimo dovesse ammettere di aver dichiarato il falso, si sarebbe reso responsabile, consapevolmente o meno, di un depistaggio antecedente alle stragi, quello che favorì Matteo Messina Denaro nel compimento delle stesse. Emerge anche che le deleghe date a Zappalà erano rivolte a ricercare il movente delle stragi, nella quali il mandante è anche Matteo Messina Denaro. Il dato certo è che, essendo stato intercettato il colonnello Zappalà per tutto quel periodo, le sue indagini per conto della procura di Caltanissetta rischiano di non essere più riservate.

Ma ritorniamo ad Antonio Vaccarino. Per l’ennesima volta si ritrova in carcere per via preventiva e in un periodo dove l’emergenza Covid 19 mette in difficoltà la gestione penitenziaria. Di nuovo nell’occhio del ciclone nel momento in cui collabora con le autorità volte a far chiarezza sulle stragi. In realtà, a causa di una fuga di notizie, grazie proprio alla sua passata collaborazione con le autorità, era stato esposto tanto da ricevere una minaccia direttamente dal superlatitante Matteo Messina Denaro. Ma questo lo racconteremo prossimamente sulle pagine de Il Dubbio.