Antonio Bassolino non ha mai accusato nessuno. Mai una parola fuori posto, mai si è lanciato nella calca vestito da vittima della magistratura. E mai ha chiesto niente nemmeno al suo partito, che lo ha messo ai margini, quasi come fosse radioattivo. Meglio fingere che non esista, lasciarlo solo al suo destino, ai suoi 27 anni di processi. Nemmeno ora che quei processi sono finiti, per l’ennesima volta con un’assoluzione. Ventisette anni che forse, riflette Giuseppe Fusco, che lo ha difeso insieme ai colleghi Massimo Krogh e Matteo De Luca, non insegneranno niente a nessuno.

Avvocato, non sono un po’ troppe 19 assoluzioni per un’unica persona in un sistema giudiziario evoluto?

Lo deve chiedere ai magistrati che lo hanno messo per 19 volte sotto processo.

Quanti anni sono passati?

Ventisette. Perché le prime indagini risalgono a quando era sindaco, quindi al 1993. Almeno cinque o sei inchieste si sono sono chiuse con archiviazioni, per il resto ci sono i 19 processi dai quali è uscito assolto. E gli ultimi 20 anni li ha passati a difendersi per il lavoro svolto come governatore della Campania.

E mai una parola contro i pm…

Assolutamente no. Il nostro stile, sia di Bassolino sia dei difensori, è stato sempre quello di celebrare i processi nei tribunali, non nelle trasmissioni televisive o sui giornali. E non abbiamo mai fatto dichiarazioni, se non qualche comunicato stampa sporadico. Bassolino ha nel suo dna, come ha sempre dimostrato, il rispetto per le istituzioni. Da politico ha sempre dialogato con tutti, perché il ruolo delle istituzioni non è dividersi tra loro, ma cooperare per i cittadini. E questo rispetto lo ha mantenuto anche da imputato.

Non si è mai sentito perseguitato dalla giustizia?

Mai. Ovviamente tutti i processi hanno inciso su di lui, lo hanno mortificato non poco, ma non si è mai sentito vittima. Ha sempre pensato che se la Procura riteneva di dover iniziare un’indagine nei suoi confronti fosse giusto che lo facesse. Ovviamente gli dispiaceva, sapeva di non aver commesso quello che gli veniva contestato o che non fosse ipotizzabile sul piano giuridico, però non si è mai sentito perseguitato. Certo, a vedere 19 assoluzioni su 19 indagini oggettivamente ci si sente vittima, ma non ha mai denunciato né sottolineato in qualsiasi dichiarazione di esserlo. Lo è stato, oggettivamente: dopo 27 anni di processi è una conclusione oggettiva, ma non appartiene né a Bassolino né al suo avvocato.

Come ha inciso sulla sua vita pubblica?

Le riferisco un episodio secondo me clamoroso. Quando era sotto processo a Napoli, in qualità di commissario per l’emergenza rifiuti, il segretario del Pd dell’epoca partecipò ad un grande comizio a Napoli, in piazza Plebiscito, l’ultimo che ha potuto tenere in una piazza così grande a Napoli. Era appena iniziato il processo e quel segretario non volle che Bassolino - che era presidente della Giunta regionale, il maggiore esponente del partito a Napoli e l’uomo politico di maggior rilievo della regione - salisse sul palco. Questo le dice qual era il clima e il rapporto del partito con Bassolino. Basti dire, per esempio, che alle comunali, era il candidato più prestigioso su Napoli, ma il partito non lo scelse per le primarie. Lui si presentò in proprio, perse contro l’altro candidato, che poi venne sconfitto da De Magistris alle urne.

La magistratura condiziona la politica?

Sono un ex magistrato, faccio l’avvocato da 34 anni e da 27 difendo Bassolino: non ha mai ritenuto che ci fosse un atteggiamento politico della magistratura nei suoi confronti. In molti, tra i politici che vengono indagati, denunciano un atteggiamento di questo tipo da parte delle procure, noi non lo abbiamo mai ritenuto possibile. La Procura fa quello che ritiene di fare, sbagliando o facendo bene. Nel caso di Bassolino sbagliando per 19 volte, però ci affidavamo ai giudici. Perché i pm non sono giudici.

Ma la politica si lascia condizionare dalla magistratura, visto come ha reagito nei confronti di Bassolino…

Fu una scelta del partito, che lo ha mortificato moltissimo, incomprensibile, ma una scelta.

In questo processo il messaggio più eclatante è aver impugnato la sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione pronunciata in primo grado.

Bassolino riteneva di non aver commesso quei reati che gli venivano contestati e pretendeva un’assoluzione nel merito. Dirò di più, nel più eclatante dei processi che ha subito, quello come commissario per i rifiuti in Campania, ha atteso il verdetto, è stato assolto dal tribunale e i pm hanno scritto 903 pagine di appello per sostenere, con gravi costi per lo Stato, che Bassolino andava prosciolto per prescrizione già in primo grado e non assolto. In genere si dice: i magistrati hanno avuto coraggio. Ma non ci vuole coraggio per riconoscere l’innocenza delle persone, serve semplicemente la capacità di svolgere il proprio ruolo di giudice.

Crede che questa storia possa insegnare qualcosa alla politica?

In questo momento c’è al governo un movimento giustizialista, che ora comincia a porsi il problema di chi riceve un avviso di garanzia… Sono diventati anche loro ostacoli di questi principi che vengono maldestramente utilizzati dalla politica. Però il caso Bassolino, che è sintomatico perché ha avuto 19 assoluzioni, non è l’unico. Quanti sono i processi contro pubblici amministratori che finiscono con assoluzioni? Questo è il dato concreto che dovrebbe suggerire ai politici considerazioni di natura diversa, anche da trasformare poi in modifiche legislative. Ma non mi pare che ci sia questa sensibilità, nell’opinione pubblica e nei partiti. Bassolino è stato emarginato dalla politica almeno dal 2006. Sin da quando sono iniziati i processi a suo carico, il suo partito ha preso le distanze dall’uomo politico di maggior prestigio della Campania. Questo dovrebbe insegnare qualcosa al Pd in particolare, ma in genere ai partiti.

In questo momento si sta discutendo su chi sarà il candidato a sindaco di Napoli.

Nonostante le 19 assoluzioni, nonostante, come si dice, si sia “ripulito”, nessuno, in questo momento, si espone nel dire che Bassolino può essere una risorsa. La gente lo stimola affinché si candidi in proprio, ma nessuno del partito, a livello locale o nazionale, si pronuncia in merito.

Ma si ricandiderebbe?

Sta valutando quello che capita nel partito, nella sua città e nel Paese. Dopodiché prenderà le sue decisioni.