«Pochi dubbi, i giochi sono fatti». Nel giorno della nomina del nuovo procuratore di Napoli, il clima tra i consiglieri del Csm sembra essere più teso che mai. Ma nessuno, dopo i quattro voti su sei raccolti in V Commissione, si aspetta che qualcuno possa battere Nicola Gratteri, il procuratore più amato e al tempo stesso più odiato d’Italia.

A contendergli il posto per la successione a Giovanni Melillo, arrivato al vertice della Dna proprio battendo l’attuale procuratore di Catanzaro, ci sono il procuratore di Bologna Giuseppe Amato (indicato da Roberto D’Auria) e l’attuale reggente Rosa Volpe (votata da Antonello Cosentino). Un nome, quello della ex numero due di Melillo, graditissimo negli uffici di procura, data la continuità con il lavoro del suo predecessore, tanto da spingere l’indipendente Andrea Mirenda a proporre un “lodo gentile” a suo favore. Ma nulla da fare: la proposta è stata respinta affinché ognuno potesse sponsorizzare il proprio candidato. E così è stato, facendo vincere al magistrato calabrese il primo round, grazie ai voti dello stesso Mirenda, di Maria Luisa Mazzola, Daniela Bianchini ed Ernesto Carbone, che, Testo Unico alla mano, hanno rintracciato in lui il maggior numero di requisiti.

«Chiunque dei tre farebbe serenamente a Napoli il proprio dovere, ma tra quelli in corsa è sicuramente il più indipendente», si vocifera tra i corridoi di Palazzo dei Marescialli, dove a convincere gli osservatori della vittoria ormai in tasca sono anche «i volti sereni dei laici di centrodestra», tutti pronti a schierarsi con il magistrato simbolo della lotta alla ‘ndrangheta. Ma non solo: la sua totale distanza dalle correnti e la critica feroce alle loro degenerazioni sono ormai un pezzo forte del suo repertorio, tanto da rendere la sua nomina inattaccabile agli occhi di chiunque. Ma a preoccupare, dopo le polemiche sorte a seguito della sua bocciatura nella corsa per la Dna, è che in caso di mancata nomina possa trasformarsi agli occhi dell’opinione pubblica in un nuovo Giovanni Falcone, fermato dal Csm proprio per bloccarne la carriera.

Di fronte al simbolo internazionale del contrasto alle narcomafie - questo il ragionamento - come si fa a votare per altri? Insomma, la battaglia è anche di immagine, oltre che ideologica. E dunque si gioca sul filo del rasoio, con Magistratura Indipendente pronta a votare in maniera compatta, in compagnia del consigliere di Unicost Antonino Laganà e di Mirenda. A questi voti si andrebbero ad aggiungere quelli dei laici di centrodestra, del renziano Ernesto Carbone e del laico del M5S, Michele Papa.

Ma intanto fa discutere l’audizione di Gratteri in V Commissione. Non solo per la «visione del mondo» che ne viene fuori, ma anche per il linguaggio utilizzato dal magistrato, «emblematico», secondo alcuni consiglieri del Csm. A far saltare sulle sedie sono parole come derattizzare - «ho fatto quasi opera di "derattizzazione" con la polizia giudiziaria», aveva detto -, e profumo di Dda - «al ragazzo o alla collega di un anno o due anni di servizio cointesto anche fascicoli di Dda o fascicoli di misure di prevenzione, così loro sentono l'odore della Dda, sono stimolati, eccitati a poter accedere presto alla Dda» -, affermazioni che poco sono piaciute a Palazzo dei Marescialli.

«Non è obiettivamente adeguato a gestire una macchina complessa come può essere la procura di Napoli», spiega un consigliere. Ma le affermazioni del magistrato calabrese hanno suscitato anche le ire di Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva. Il passaggio incriminato è quello in cui Gratteri si lamenta dei giornali e delle interrogazioni che lo riguardano. «Ogni mattina ho due o tre giornali che mi diffamano quotidianamente - ha affermato -. Ovviamente non posso andare a rispondere a questi diffamatori di professione o ad avvocati che chiamano in Parlamento e dettano interrogazioni parlamentari o a indagati o imputati agli arresti domiciliari che chiamano parlamentari per dettare le interrogazioni parlamentari, non posso scendere a questo livello, però ho iniziato qualche causa civile tanto per capire». La replica è arrivata ieri direttamente in aula a Montecitorio: «Ma come è accettabile - ha denunciato Giachetti - una cosa del genere, come possiamo rimanere stupiti di quello che accade quando venite a parlare del potere della magistratura? Il potere della magistratura è questo perché non difendiamo neanche le nostre prerogative difese e volute dalla Costituzione. Chiedo formalmente - richiesta alla quale si è associato Riccardo Magi, ndr - che a tutela del Parlamento il presidente della Camera trovi le forme per rivolgersi al Consiglio superiore della magistratura almeno per stigmatizzare che in sede formale forse un alto magistrato non può permettersi di trattare non me, il Parlamento, in modo così indegno. Uno che dovrebbe pure andare a fare il procuratore della Repubblica a Napoli. Tutta la mia solidarietà ai cittadini napoletani». Parole che hanno spinto il deputato di FI Pietro Pittalis a chiedere al ministro Carlo Nordio e al Csm di sospendere la decisione sulla procura di Napoli.

La parte più critica dell’audizione è, però, quella in cui ha ammesso di aver invitato un sostituto di cui non gradiva il comportamento a non presentare domanda per la conferma a Catanzaro, altrimenti «ti scrivo un parere che ti resta a vita nel fascicolo personale. Fai domanda di trasferimento (...) Stessa cosa ho fatto anche con altri». Così fan tutti, commenta qualcuno, soprattutto a seguito della riforma che ha reso i procuratori sovrani incontrastati degli uffici giudiziari. Ma forse solo Gratteri lo ammette, non avendo il difetto dell’ipocrisia. E possedendo, di certo, il dono della coerenza, quando pretende un impegno al 100% da parte dei suoi uomini: «Noi scuoiamo vivo senza anestesia un impiegato che ha timbrato e se ne va un quarto d'ora prima - ha dichiarato - e poi facciamo le truffe sulle ferie? No, l'onestà è a 360 gradi, non è possibile che guardiamo il pelo negli altri e non vediamo la nostra trave».