La Cassazione conferma la riparazione per ingiusta detenzione nei confronti di Bruno Contrada così come stabilito dalla Corte di Appello sezione Prima di Palermo. Rigettando i ricorsi della Procura Generale di Palermo e del ministero dell'Economia e delle Finanze, mette così fine a otto anni di battaglia giudiziaria sostenuta dall’avvocato difensore dell’ex 007, Stefano Giordano del foro di Palermo.

Il difensore di Bruno Contrada in un comunicato stampa ha espresso la sua soddisfazione per l'esito del processo. L’avvocato Giordano ha dichiarato che le due sentenze emesse dalla Corte Europea dei Diritti dell'uomo, che hanno stabilito l'illegittimità del procedimento e la condanna ingiusta del suo assistito, sono state finalmente eseguite. Contrada, ex capo della Squadra mobile di Palermo durante il periodo più brutale della mafia, è stato coinvolto in un processo che ha suscitato grande clamore mediatico e ha subito una condanna che darà adito a numerose congetture che vanno oltre il reato per il quale era stato perseguito e infine condannato tra condanne, assoluzioni in appello, rinvio della Cassazione e condanna definitiva. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha finalmente posto fine a quello che l'avvocato ha descritto come un “massacro mediatico e giudiziario vergognoso e putrido” e ha portato alla vittoria finale. Il difensore di Contrada ha sottolineato che il risultato ottenuto è “dovuto alla tenacia e alla determinazione del suo studio legale, nonché alla fede in Dio che lo ha sempre accompagnato nonostante i momenti difficili”.

Ha anche espresso gratitudine nei confronti dell'avvocato Cristiana Donizetti, sua moglie e membro fondamentale del team difensivo, riconoscendo il prezioso contributo che ha reso possibile raggiungere questo risultato. Nonostante la gioia per la vittoria processuale, l'avvocato Giordano ha annunciato che da domani il suo studio dedicherà tutti i propri sforzi a portare avanti un'azione legale contro le autorità giudiziarie competenti. L'obiettivo sarà evidenziare tutte le violazioni della presunzione di innocenza commesse da alcuni membri dell'ordine giudiziario e da un certo giornalismo che sembra essere stato influenzato da ideologie politiche.

Ricordiamo che la Corte d’Appello di Palermo, in seguito all'udienza tenutasi il 15 dicembre 2022, ha parzialmente accolto la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione presentata da Contrada, con il ministero dell'Economia e delle Finanze condannato a corrispondergli la somma di 285.342,2 euro. Contrada, ex dirigente di Polizia e funzionario del Sisde, era stato condannato nel 2007 a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Tuttavia, la sentenza di condanna è stata successivamente dichiarata ineseguibile e priva di effetti penali dalla Cassazione il 6 luglio 2017. Questa decisione ha segnato la fine di una complessa vicenda giudiziaria che ha coinvolto Contrada, specialmente dopo la sentenza Contrada c. Italia emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo il 14 aprile 2015. In tale sentenza, la Cedu ha rilevato una violazione dell'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in relazione alla chiarezza e prevedibilità del reato di concorso esterno nell'associazione mafiosa.

Nella valutazione della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, la Corte d'appello di Palermo ha esaminato le numerose accuse di “assistenza” esterna a "Cosa nostra" rivolte a Contrada. L'obiettivo era determinare se, nonostante l'imprevedibilità di una condanna per concorso esterno nel reato associativo, potesse comunque essere prevedibile un'accusa per un diverso reato, come il favoreggiamento di cui all'articolo 378 del codice penale. In risposta a questa questione, i giudici hanno riconosciuto che la circostanza ostacolante per la concessione della riparazione ai sensi dell'articolo 314 del codice di procedura penale consisteva nella partecipazione di Contrada all'ingiusta detenzione con dolo o colpa grave.

Di conseguenza, la Corte ha escluso la riparazione per il periodo di custodia cautelare subita da Contrada prima della scadenza del termine di prescrizione per i diversi episodi di favoreggiamento, calcolato in base alla legislazione vigente all'epoca. Tuttavia, i giudici hanno concluso in modo diverso per il periodo di pena detentiva scontato a seguito della condanna definitiva. Poiché il reato di favoreggiamento era estinto per prescrizione in quel momento, in base alla nuova legislazione introdotta nel 2005 dalla legge ex Cirielli, una condanna a tale titolo non sarebbe stata possibile in ogni caso. Pertanto, la richiesta di riparazione è stata accordata solo per l'ultimo periodo di pena detentiva scontato da Contrada. Ora definitiva con la decisione della Cassazione.

Non entrando nel merito della discutibile vicenda processuale iniziata con il suo arresto eseguito alla vigilia di Natale del 1992, Bruno Contrada viene perennemente additato per essere la “mente raffinatissima” dietro addirittura il fallito attentato all’Addaura nei confronti di Giovanni Falcone. È stato persino indicato come persona presente sul luogo dell’attentato avvenuto nei confronti di Paolo Borsellino. Ora, con la recente sentenza sul depistaggio di Via D’Amelio, emerge chiaramente che aver indicato Contrada, all’epoca funzionario dei servizi segreti, fosse una forma di depistaggio. I giudici si chiedono perché in un arco temporale prossimo alla strage ci si sia dedicati a diffondere la notizia, poi rivelatasi falsa, della presenza di Bruno Contrada in via D’Amelio poco dopo l’esplosione. A vantaggio di chi? Ecco cosa scrivono i giudici: «Come ben evidenziato da talune parti civili (in primis l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, ndr) Bruno Contrada era “il diversivo giusto”: un soggetto - nel frattempo caduto in disgrazia per le confidenze rivelate da Gaspare Mutolo al dottor Borsellino circa una contiguità del Contrada medesimo con l'organizzazione mafiosa - da collocare immediatamente sulla scena del crimine subito dopo l'esplosione».

Ma Contrada viene persino menzionato in alcune sentenze recenti, come l’abbreviato sull’omicidio di Nino Agostino, senza essere inquisito o processato. Lo aveva scoperto per caso l’avvocato Giordano, quando il suo assistito l’anno scorso era stato invitato a comparire, come testimone, al processo del delitto Agostino. A quel punto, autonomamente, l’avvocato Giordano è venuto in possesso della requisitoria della Procura Generale di Palermo e della sentenza del processo per la morte di Agostino celebrata con il rito abbreviato. Ed è in questa sentenza - a firma del Gup di Palermo Alfredo Montalto, l’allora giudice del processo trattativa di primo grado - che ritrova il nome di Bruno Contrada come persona coinvolta in fatti gravi. Addirittura dando per attendibili le dichiarazioni alquanto suggestive di Vito Galatolo, il quale testimonia che ebbe a vedere personalmente Contrada in occasione di alcune visite in vicolo Pipitone e «in alcune di tali occasioni contestualmente ad una persona, “appartenente ai servizi segreti”, soprannominata il “mostro” perché “aveva la guancia destra deturpata da un taglio, la pelle rugosa e arrossata.”». Quest’ultimo sarebbe Giovanni Aiello, conosciuto con il soprannome “Faccia da mostro”. Anche lui compare in sentenza, senza essere processato. La differenza con Contrada, è che lui è morto da qualche anno. Non potrà più difendersi dalle gravi illazioni.

Il depistaggio verso i servizi segreti è stato il tipico modus operandi della mafia corleonese. Ricordiamo cosa disse Totò Riina, intercettato al 41 bis nel 2013, precisamente il 24/09/ 2013: «La pensata gli è venuta… ai Graviano… di questi Servizi segreti… di questa gente intelligente». Ma questa è un’altra storia che dovrà essere laicamente affrontata. Se non si analizzano scientificamente i fatti, il diritto alla verità diventa altro. Puro intrattenimento.