OGGI IL CONSIGLIO, MILLE SPINE D’EUROPA

EDITORIALISTA

Quando si dissolveranno le cortine fumogene, le discussioni sulla governance, le liti sui processi decisionali, i bisticci e i ricatti a un livello che ormai sembra quello di un’accolita di parenti- serpenti attorno a una inaspettata vincita alla lotteria, quando avrà sparato tutte le sue cartucce la politique- politicienne su chi debba avere più o meno potere, più o meno controllo, emergerà la realtà.

Emergerà quella che rischia di essere una vera tragedia per l’Italia: aver pensato ai fondi che non a caso chiamiamo Recovery come a semplice possibilità di spesa. Aver fatto di quei 209 miliardi tra prestiti agevolati e finanziamenti a fondo perduto messi a disposizione dall’Europa ( che però- per fortuna- vigilerà sul loro uso) una lista per lo shopping che ministero per ministero è stato appeso sul frigorifero di casa Conte, Palazzo Chigi. Non aver riflettuto che 209 miliardi non sono elicopter money, una messe di danaro che piove dal cielo come manna biblica su un popolo errante ed assetato, ma un’occasione - l’unica, e in tutta probabilità l’ultima - per progettare il futuro dell’Italia.

È questa la debolezza vera del governo Conte, la sua più forte manchevolezza. Non l’esercizio decisionista del potere ( a proposito: ci voleva l’avvocato Giuseppe Conte per rendersi conto che le polemiche degli ultimi vent’anni sulla necessità di ampliare i poteri in capo al presidente del Consiglio erano forse prive di fondamento, e che forse quei poteri ci sono già?), non la scarsa considerazione di questa o quella componente di maggioranza o dello stesso Parlamento, non l’eccessivo ricorso a conferenze stampa o a messaggi alla nazione via social. Nessuna delle polemiche che agitano la politica e i grandi media italiani ( e alcune di queste polemiche hanno un gran bello sprezzo del ridicolo) tocca il cuore del problema: il presidente del Consiglio, che a termine di norma europea per l’uso dei fondi Next Generation Ue è il responsabile in capo di quei fondi, non ha alcuna progettualità politica. Non ha un disegno organico, né a quanto pare lo hanno le forze che compongono la sua maggioranza politica, a cominciare dal Pd, nell’uso che di quei fondi occorre fare per il Paese. Quale è l’idea di Paese che hanno? Basterà, annunciare in cima alla lista delle spese che si vuole “un Paese più moderno ed efficiente”? O questo significa non avere progettualità politica?

Scorrendo i propositi di spesa annunciati ci viene la certezza che il vero problema non siano i 300 consulenti e i 6 manager con “pieni poteri”, ma che siano stati proprio non dei politici ma dei manager della politica ( forse con i soliti veri poteri forti nazionali, Eni, Enel, Leonardo, Terna etc come suggeritori) a stilare l’elenco. Perché la lista è come un fiume di denaro disperso in mille rivoli. L’acqua, come si sa, non ha forma. Si disperde ovunque, e infatti non basta mai. Per esempio. Tutto digitalizzato, dalla giustizia alla sanità passando per le infrastrutture, ma nessun progetto, nessun logos dominante. La “parità di genere” consiste solo in ( un po’) di asili nido. Istruzione e ricerca, 19 miliardi ( in 5 anni! ma si ha un’idea di quale percentuale di Pil investano i grandi Paesi?), ma oltre 74 per una cosa titolata “rivoluzione verde” che è in realtà solo un potenziamento dell’Alta Velocità e il rinnovamento del parco- autobus. Per la “medicina del territorio”, e cioè per il rafforzamento del sistema sanitario nazionale il cui indebolimento da anni di austerity è stato tragicamente evidenziato dalla pandemia, solo 9 miliardi ( ne servirebbero invece oltre 60, ha spiegato il ministero della Salute: forse accedere ai 36 messi a disposizione tramite Mes non è cosa da buttare con leggerezza nel cestino). E quanto agli “investimenti infrastrutturali”, si tratta sempre e solo di Torino- Lione e Terzo Valico.

E la messa in sicurezza del territorio italiano, che intanto frana a ritmo di pioggie e alluvioni? Un piano di investimenti pubblici ad alto moltiplicatore, come rilevato da numerosi economisti in scritti che raramente hanno superato la soglia della diffusione accademica visto che i grandi media nazionali sono ipnotizzati dal balletto dei rimpasti e delle presunte violazioni della libertà individuale, assieme ad un piano speciale per il Mezzogiorno avviterebbero attraverso la crescita economica un meccanismo virtuoso di rientro del debito pubblico, un tema sorprendentemente quasi inesistente nei programmi del governo.

Ma un vero piano di Recovery per il futuro dell’Italia non potrebbe che avere come cardine - ecco una possibile visione del Paese, ecco la politica- quelle che si son sempre chiamate non a caso “riforme a costo zero”, e che forse proprio per questo non si sono mai fatte: redistribuzione del reddito ( che significa anche lotta alle diseguaglianze, un tema centrale nell’agenda del XXI secolo anche oltreAtlantico: ecco di nuovo la politica). E vera concorrenza, invece della politica di oligopoli e sussidi a pioggia, e di condiscendenza verso evasione ed elusione fiscale, che costituiscono a tutt’oggi la fotografia dell’Azienda Italia. Si può fare di tutto questo una colpa, per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte? Si può e si deve, perché si tratta per l’appunto del presidente del Consiglio. E tuttavia, se le sue responsabilità resteranno scritte come sul marmo, cosa si cui si deve ben rendere conto, avendone fatto cenno più volte nei suoi discorsi in Parlamento, maggiori responsabilità ricadono su chi nella maggioranza ha ben maggiore esperienza politica. Un campo nel quale, al suo apparire sulla scena, Giuseppe Conte era come sappiamo un absolute beginner. E la politica - ce ne scusiamo, e corriamo di rischio di apparir passatisti- non è qualcosa che si possa improvvisare. È cosa da professionisti. Conte avrebbe potuto diventarlo, certo, strada facendo. Il primo segnale che così non fosse lo si è avuto quando, all’indomani della convention orchestrata nello scenario di Villa Doria- Pamphili al palese scopo di tirare per la giacchetta i massimi vertici della Ue e riannodare coi corpi intermedi quel dialogo sfregiato dagli anni berlusconiani e renziani, non ha prontamente fatto quello che ancora non fa oggi: annunciare il suo Progetto per l’Italia. E l’avesse fatto già allora, se avesse già allora illustrato un dettagliato piano per la ripresa, non si ritroverebbe oggi sbeffeggiato quotidianamente a suon di richieste di improbabili rimpasti.

oggi vertice capi di stato e di governo

È QUESTA LA DEBOLEZZA VERA DEL GOVERNO CONTE, LA SUA PIÙ FORTE MANCHEVOLEZZA NON AVER RIFLETTUTO CHE 209 MILIARDI NON SONO ELICOPTER MONEY, UNA MESSE DI DANARO CHE PIOVE COME MANNA BIBLICA SU UN POPOLO ASSETATO, MA UN’OCCASIONE L’UNICA, E IN TUTTA PROBABILITÀ L’ULTIMA -PER PROGETTARE IL FUTURO DELL’ITALIA