Le Camere Penali calabresi hanno indetto la prima “Giornata della Memoria” in ricordo delle vittime dell’errore giudiziario. Il convegno si è svolto nei giorni scorsi a Lamezia Terme e ha visto la partecipazione di tutti i presidenti delle Camere Penali calabresi e del componente nazionale dell’Unione delle Camere Penali italiane, l’avvocato Valerio Murgano.

Il dibattito ha visto come protagonisti il figlio di Rocco Greco, suicidatosi cinque anni, simbolo della lotta alla mafia, che si tolse la vita all’interno della sua azienda, la Cosiam s.r.l., dopo aver letto l’ordinanza del Tar di Palermo con cui veniva confermata una seconda interdittiva antimafia che paralizzò la sua impresa. Ed è a Rocco Greco, Enzo Tortora, Antonino Spanò, Daniele Barillà, Aldo Marongiu, Giuseppe Gulotta e Beniamino Zuncheddu, che è stata dedicata la giornata di riflessione, nel corso della quale non sono mancate le polemiche con la magistratura. Il tutto nasce dalla mancata lettura di un testo che i penalisti calabresi avevano chiesto di poter leggere nelle aule di giustizia. Ma i presidenti delle Corti d’Appello di Reggio Calabria e Catanzaro non hanno inteso autorizzare quanto richiesto.

Il caso infatti è stato al centro dell’incontro, al quale ha partecipato anche il presidente dell’Unione delle Camere Penali italiane, l’avvocato Francesco Petrelli, collegato in videoconferenza. Interessanti, inoltre, le interviste realizzate dai penalisti calabresi a Francesco Greco, figlio di Rocco Greco, da parte dell’avvocato Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale di Catanzaro, e a Beniamino Zuncheddu, l’uomo sardo rimasto 33 anni in carcere sebbene fosse innocente rispetto al triplice omicidio, per il quale fu condannato all’ergastolo. Inoltre, è stato proiettato il docufilm della Camera Penale di Cagliari sul caso dell’avvocato penalista Aldo Marongiu, accusato di traffico di droga dallo stesso magistrato che contestò a Zuncheddu l’efferato delitto.

Ingiuste detenzioni ed errori giudiziari

L’intenzione dei penalisti calabresi – rappresentati in aula dagli avvocati Michele Donadio, presidente della Camera Penale di Castrovillari, dall'avvocato Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale di Catanzaro, dall'avvocato Roberto Le Pera, presidente della Camera Penale di Cosenza, dall'avvocato Romualdo Truncè, presidente della Camera Penale di Crotone, dall'avvocato Renzo Andricciola, presidente della Camera Penale di Lamezia Terme, dall'avvocato Antonio Alvaro, presidente della Camera Penale di Locri, dall'avvocato Giuseppe Milicia, presidente della Camera Penale di Palmi (nonché coordinatore delle Camere Penali calabresi), dall'avvocato Giuseppe Bruno, vicepresidente della Camera Penale di Paola, dall'avvocato Pasquale Foti, presidente della Camera Penale di Reggio Calabria, dall'avvocato Giuseppe Mario Aloi, presidente della Camera Penale di Vibo Valentia e dall'avvocato Giovanni Zagarese, presidente della Camera Penale di Rossano) – era quella di far emergere in udienza il loro pensiero sulle ingiuste detenzioni e sugli errori giudiziari che caratterizzano in negativo la giustizia, partendo dal caso di Rocco Greco, vittima di uno Stato che «fagocita sospette vittime compiacenti della mafia, sulla scorta di elementi la cui infondatezza è già stata conclamata dall’autorità giudiziaria con sentenza passata in giudicato». E ancora: «Purtroppo, a distanza di cinque anni, ci rendiamo conto di quanto la prevenzione patrimoniale continui a “far male” e coinvolga l’intero sistema giustizia» si legge nel documento redatto dai penalisti calabresi, i quali non si sono dimenticati di Beniamino Zuncheddu, «un caso emblematico di eccezionale gravità, tutt’altro che isolato. Basti pensare che dal 1992 al 2022 sono stati registrati in Italia, ogni anno, oltre 985 casi di innocenti catturati, incarcerati, e comunque privati della libertà, in forza di provvedimenti restrittivi successivamente obliterati da sentenze di assoluzione e seguiti da indennizzi per ingiusta detenzione per oltre 800 milioni di euro».

La risposta della magistratura

Chi coordina i due Distretti giudiziari calabresi – Reggio Calabria e Catanzaro – ha risposto picche. In una nota a firma del presidente facente funzioni della Corte d’Appello di Catanzaro, Gabriella Reillo, si legge che «è meritevole la sensibilizzazione su tali argomenti con iniziative di studio e confronto verso le quali la magistratura manifesta la massima disponibilità», ma «non può essere autorizzato quanto richiesto – sospensione udienze e lettura comunicato – non essendo l’udienza la sede adatta per confrontarsi su tali delicate materie. Trattasi, infatti, di una sede istituzionale nella quale sono usualmente consentite tematiche pacificamente condivise nell’ordinamento giudiziario e tale non può ritenersi la prospettata incostituzionalità delle misure di prevenzione», esprimendo infine «la disponibilità della magistratura a partecipare ad iniziative sui temi indicati». I penalisti calabresi non hanno preso di buon grado il provvedimento togato, annunciando una risposta adeguata a quanto successo, che, come ha dichiarato l’avvocato Valerio Murgano, «è un fatto grave, perché si tratta di una vera e propria censura».