Contro Piercamillo Davigo, imputato a Brescia per rivelazione del segreto d'ufficio, sussiste «l'infondatezza dell'accusa». Lo sostiene l'avvocato Domenico Pulitanò che, insieme al collega Francesco Borasi, difende l'ex componente del Csm per rivelazione di segreto d'ufficio nell'inchiesta sulla presunta loggia Ungheria. Per il magistrato simbolo di Mani Pulite la pubblica accusa ha chiesto la condanna a un anno e quattro mesi (pena sospesa) per aver preso dalle mani del pm milanese Paolo Storari - assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato - i verbali segreti di Piero Amara, in cui l'ex avvocato esterno di Eni ha svelato l'esistenza della presunta associazione massonica, di cui avrebbero fatto parte anche componenti del Consiglio superiore della magistratura.

L'incontro tra Storari e Davigo «ha a che fare con le funzioni di entrambi», si tratta di «elementare cortesia e colleganza», la contestazione mossa a Davigo di non aver rispettato due circolari del Csm (del 1994 e del 1995) quindi di aver agito al di fuori di ogni procedura formale, viene stigmatizzata dall'avvocato che sottolinea come «tenere rapporti personali è normale, ovviamente nel rispetto della deontologia professionale, ma c'è spazio per rapporti personali. Storari ha cercato contatto con Davigo in una situazione di serio disagio professionale», ossia lamentando una presunta inerzia dei vertici della procura meneghina a indagare sulla presunta loggia massonica. Per la difesa, l'imputato non induce in errore Storari - quando fa riferimento all'inopponibilità del segreto a un componente del Csm - : «Il senso delle parole di Davigo è che Storari poteva parlargli liberamente anche entrando su cose che in via di principio sono coperte da segreto. Le circolari presuppongono che le competenze riguardano anche attività coperte da segreto». La sentenza è prevista nel pomeriggio di oggi.