La data di scadenza del Pnrr si avvicina e l’abbattimento dell’arretrato nel settore della giustizia civile, uno dei principali obiettivi concordati con Bruxelles, resta problematico. I dati disponibili raccontano infatti che le vecchie pendenze non solo non sono diminuite ma in alcuni casi sono persino cresciute. E per porre rimedio a quello che suonerebbe come uno smacco a dir poco clamoroso per il Paese, il ministero della Giustizia ha deciso di mettere in campo una super task force di ben 500 giudici.

Le toghe (non importa se attualmente si occupino di penale essendo sufficiente che in passato abbiano trattato anche materie civili) saranno applicate “da remoto” negli uffici giudiziari in questo momento in grave sofferenza, e che rischiano di far naufragare l’anno prossimo l’agognato raggiungimento dell’obiettivo della diminuzione del 40 percento dell’arretrato nel civile.

L’applicazione sarà, come detto, solo da remoto. I magistrati che decideranno di far parte della task force non si sposteranno quindi dal loro ufficio, come avviene per le normali applicazioni, giacché effettueranno udienze solo cartolari o in video collegamento. Dovendo però retribuire comunque la loro applicazione, il ministero guidato da Carlo Nordio ha già ipotizzato lo stanziamento di circa 20 milioni di euro fino al prossimo anno. La palla è ora al Consiglio superiore della magistratura che dovrà in concreto realizzare questa maxi “applicazione” sull’intero territorio nazionale, in caso la proposta di via Arenula (da inserire in una prossima modifica alla legge numero 56 sul Pnrr dello scorso anno, ndr) ottenga il via libera da parte del Parlamento. Ma non dovrebbero esserci problemi.

La soluzione proposta dal ministero della Giustizia può sollevare più di una perplessità. Tralasciando ogni considerazione, se pur opportuna, sul mutamento in corsa del giudice naturale, con la previsione che una causa possa essere decisa a mille chilometri di distanza dal luogo in cui era stata inizialmente incardinata, il nodo è nella ragione per cui, nonostante i miliardi di euro spesi in questi anni per la realizzazione dell’Ufficio per il processo, si debba adesso ricorrere al lavoro “straordinario” di ben 500 giudici.

Il problema, fanno sapere alcuni consiglieri del Csm contattati dal Dubbio che preferiscono però l’anonimato per non fare polemiche, considerata la drammaticità della situazione (in ipotesi di non raggiungimento del Pnrr c’è anche la possibilità che i soldi spesi debbano essere in qualche modo restituiti), è “a monte”. «Non era meglio assumere dei magistrati e non stipulare migliaia e migliaia di contratti a termine?», dice la fonte del Consiglio superiore. E aggiunge un aspetto che, se confermato, sarebbe difficilmente comprensibile: «Ad oggi, dopo quasi tre anni, non abbiamo dati che permettano di misurare realmente la produttività dei Tribunali e delle Corti d’appello che si sono giovati dell’Ufficio per il processo».

Va dato atto al Csm, quando si trattò nel 2021 di redigere un parere sul punto, di aver messo subito le mani avanti. «Appare evidente – scrissero i consiglieri dell’epoca – la sproporzione tra l’ambizioso obiettivo indicato nel Pnrr ossia di ridurre di circa il 40 per cento i tempi dei processi civili ed abbattere l’arretrato, e quelle che dovrebbero essere le sole nuove risorse umane immesse nel sistema giustizia, anche sprovviste di pregresse esperienze professionali, assunti con contratti a termine».

E poi: «La finalità della riduzione della durata del processo non debba essere realizzata a discapito del diritto di difesa di ogni parte del processo, nonché posta sostanzialmente a carico delle parti e dei difensori che dovrebbero fare i conti con aggravate responsabilità processuali connesse alla necessità di operare le scelte in un quadro processuali in un quadro difficilmente pronosticabile», si poteva leggere ancora nel parere, in cui si sottolineava anche il «rischio concreto della lesione del diritto del cittadino alla difesa ed ad ottenere giustizia» riguardo le innumerevoli modifiche che erano state in parallelo introdotte per abbattere l’arretrato.

«Diecimila neo laureati (poi saranno molti meno a causa delle numerose defezioni, ndr) dovranno affiancare il giudice ed aiutarlo a scrivere le sentenze. Oltre a loro, i laureati in giurisprudenza e materia economiche, l’ufficio del processo sarà composto dai giudici onorari e dai cancellieri. Tutti insieme e senza formazione», disse sempre in quel periodo in un intervista al Dubbio l’avvocato Stefano Cavanna, allora componente laico del Csm in quota Lega. «Ho fatto presente questa cosa, dell’Ottava commissione del Csm sulla magistratura onoraria, chiedendo di sapere “chi curerà la formazione di questi ragazzi?” e nessuno mi ha risposto. Ricordo che si tratta di assunzioni con contratti a tempo determinato di due anni ed otto mesi. Poi andranno a casa. I soldi, infatti, erano sufficienti solo per assunzioni di tale durata. Che succederà allora? Che ci saranno altre migliaia di precari nella pubblica amministrazione in cerca di un posto», aggiunse un quanto mai “profetico” Cavanna.