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Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria
In Transatlantico, ieri, nei capannelli di parlamentari e giornalisti non c’era spazio per argomenti che non fossero l’arresto del governatore ligure Giovanni Toti. Nelle conversazioni, due diversi registri: quello “off” dove gli esponenti del centrodestra (in particolare quelli di Forza Italia) lasciavano libero sfogo alla propria vis polemica contro l’iniziativa delle toghe, e quello edulcorato da affidare alle agenzie, dove a farla da padrone era la professione di garantismo e, al contempo, la consueta formula - declinata obtorto collo - della fiducia nella magistratura e in un veloce chiarimento della vicenda. Ma in camera caritatis, era palpabile un certo fatalismo, prevalente sull’irritazione, riguardo a un arresto che giunge a meno di un mese dalle elezioni europee, per reati contestati che risalgono a più di tre anni fa.
Nella testa di chi opera sul fronte parlamentare della giustizia rimbalzano parole oggi tristemente note per faccende ben più cruente, e cioè «rappresaglia», o «guerra preventiva», e altre meno altisonanti come «avvertimento» o «pizzino». Ma le ricostruzioni dei più battaglieri convergono tutte nel mettere in relazione il recente annuncio del testo sulla riforma della giustizia contenente la separazione delle carriere, con tanto di vertice propedeutico a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, e le conseguenti reazioni ostili dell’Anm. Un sillogismo fin troppo facile, osservano i più ottimisti, che fanno notare quanto in Italia sia facile procedere a delle misure cautelari nell’imminenza di una tornata elettorale, data la loro frequenza. Ma proprio nell’argomento che i “non complottisti” adducono per sostenere la tesi del teorema anti- centrodestra dei magistrati politicizzati, i fautori della giustizia a orologeria vedono il dolo delle “toghe rosse”: perché procedere all’arresto di un presidente di Regione ed esponente autorevole del centrodestra, dopo anni di inchiesta, proprio ora?
C’è chi si spinge a parlare apertamente di una decisione politica, come l’omologo laziale di Toti Francesco Rocca, per il quale si tratta di «un evento triste». «La frase di rito», ha proseguito Rocca, «è “aspettiamo che la magistratura faccia il suo corso”, perché è dovere rispettare le sue decisioni» Poi, l’affondo: «Ho una sola riflessione, se fosse confermato che si tratti di fatti del 2020, a 25 giorni dalle elezioni questa cosa mi lascia pensare. Perché è a distanza di oltre quattro anni. Perché proprio ora? Questo», ha concluso, «è un mio pensiero senza polemica». Stesse allusioni da parte del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il quale fa notare sommessamente che «tre anni di indagini si chiudono a 20 giorni dal voto con dei clamorosi arresti, tutto qua…».
Significativo che dichiarazioni di questo tipo arrivino dal versante meloniano della maggioranza, anche se l’ordine di scuderia è quello impartito dalla presidente del Consiglio venerdì scorso, e cioè di non rinfocolare la guerra stile anni 90 con le toghe. Che alla luce di quanto accaduto ieri significa, in un certo qual modo, non cedere alla tentazione di attaccare frontalmente il giudice che ha avallato ora una richiesta avanzata dalla procura genovese cinque mesi fa. E tra quanti sono in vena di tratteggiare scenari di «guerra fredda», non manca chi vede una parte più radicale della magistratura intenta a sabotare la linea di formale dialogo additata dai vertici Anm, che dovrebbero vedere il ministro Nordio a via Arenula nei prossimi giorni e che - ma a questo punto chissà - dovrebbero averlo in presenza al loro congresso a Palermo. Per questo le persone più vicine politicamente a Toti, a partire dal leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, arrivando a quello di Forza Italia Antonio Tajani preferiscono non alzare i toni. Per entrambi è sufficiente quanto affermato a caldo dal guardasigilli: «Mi è sembrato di capire», ha detto Nordio, «che si tratta di fatti che risalgono ad alcuni anni fa e che l'inchiesta non è nata oggi ma tempo addietro. Ho esercitato 40 anni da pubblico ministero e raramente ho chiesto provvedimenti di tutela cautelare dopo anni di indagini, tenuto conto che il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e la reiterazione del reato sono motivi per cui si può arrestare e dopo tanti anni dall'evento che si è verificato e dalle indagini è difficile che possano ancora sussistere». Insomma, non il viatico migliore per le interlocuzioni previste per i prossimi giorni.