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Com’è possibile che per la giustizia italiana uno stesso omicidio venga attribuito a due persone diverse, ma le due sentenze di condanna escludono che le due condannate abbiano commesso il crimine in concorso? Per questo paradosso gli avvocati Alessandro Doglioni e Stefano Busetto hanno chiesto, in base all’articolo 630 cpp lettera a), la revisione del processo per la loro assistita Monica Busetto, condannata a 25 anni di carcere per il delitto di Lida Taffi Pamio, avvenuto il 20 dicembre del 2012 nella sua abitazione di Mestre.
Sulla domanda deciderà il 24 gennaio la Corte di Appello di Trento. La sessantenne attenderà l’esito dal carcere di Verona dove sta scontando la pena. L’altra donna in carcere per il medesimo assassinio è Susanna Lazzarini che ha confessato il delitto dopo essere stata arrestata due anni dopo per un altro omicidio, con le medesime caratteristiche.
Ripercorriamo brevemente l’assurda vicenda: tutto inizia appunto con la morte dell’anziana Taffi Pamio. La scena del delitto si presenta povera di indizi e prove dirimenti agli occhi degli inquirenti fino a quando iniziano a puntare l’attenzione contro la vicina, Monica Busetto. L’operatrice sanitaria viene interrogata e intercettata più volte fino ad essere arrestata con l’accusa di omicidio, che sarebbe stato causato da dissapori di pianerottolo. Lei si dichiara innocente. A casa della donna viene sequestrata una catenina spezzata che, secondo gli investigatori, potrebbe essere stata strappata alla vittima. Andrà a rappresentare la smoking gun sulla quale si poggerà tutto l’impianto accusatorio in quanto su di essa sarebbe stata trovata un’infinitesima quantità di Dna della vittima, appena tre picogrammi.
Ma la prova regina, evidenziano il giornalista Massimiliano Cortivo e il docente di statistica per l'investigazione criminologica Lorenzo Brusattin nel libro inchiesta “Lo Stato italiano contro Monica Busetto”, si dimostrerà molto dubbia: ci si trova di fronte a delle analisi ripetute da laboratori diversi, con esiti contrastanti, a partire da una quantità di materiale biologico così bassa da stabilire un record, trovata su un reperto non proveniente dalla scena del delitto e di origine mai chiarita. Inoltre la gestione fatta durante le indagini dei reperti, provenienti da luoghi diversi e le modalità di trasferimento da un laboratorio all'altro, non permettono di escludere una contaminazione.
Tuttavia l'aspetto ancor più sconcertante di questa storia è che ad un certo punto, dopo la condanna in primo grado della Busetto, viene arrestata un'altra donna, appunto Susanna Lazzarini, che confessa sia l'omicidio di un'altra anziana, Francesca Vianello, che quello di Lida Taffi Pamio. Ha commesso entrambi i delitti per soldi. Dopo un lungo interrogatorio fornirà particolari dettagliati di entrambi i delitti, sostenendo più volte di aver agito da sola. Circostanza confermata anche quando parla con i familiari e viene intercettata. Una traccia di sangue, inizialmente ignorata dagli investigatori, la inchioda al delitto Taffi Pamio.
Monica Busetto lascerà dunque il carcere per poi dovervi ritornare dopo che la Lazzarini incredibilmente e con argomentazioni illogiche e irrazionali la chiamerà di nuovo in causa per l'omicidio Taffi Pamio. Infatti, come ricordano gli autori, «Susanna, “Milly” Lazzarini decide di cambiare “improvvisamente” la sua versione mesi dopo aver confessato ad un familiare di aver fatto tutto da sola (conversazione, tra l’altro, intercettata dagli inquirenti) e dopo ben tre lunghi interrogatori avvenuti a distanza di molte settimane l’uno dall’altro. Davanti ai magistrati sino a quel momento aveva sempre sostenuto di aver compiuto il delitto da sola. Solo nel quarto e poi quinto interrogatorio spunta la figura di Monica Busetto nella versione della Lazzarini».
Quello che sconvolge è che leggendo i verbali si vede chiaramente tutto lo sforzo degli inquirenti per far combaciare l’ipotesi iniziale – il coinvolgimento di Monica Busetto – con tutte le risultanze successive, emerse dalle testimonianze più volte modificate di Lazzarini. Più la Lazzarini diceva di avere agito da sola - «”Mi vuole dire lei, adesso, qui ed ora, se lei in quel momento era da sola o c’era qualcun altro con lei maschio o femmina che sia? Non sto dicendo la Busetto necessariamente….” – “Assolutamente da sola” – “Ci pensi bene signora” – “Da sola, non ho bisogno di pensarci"» più il sostituto procuratore e il pubblico ministero cercavano, anche suggerendo le risposte, di portarla a coinvolgere la Busetto.
Ora gli avvocati della Busetto chiedono che si faccia veramente luce sulla vicenda e che la loro cliente venga rilasciata e possa aver il diritto di dimostrare la sua completa estraneità in un nuovo processo. Come emerge infatti dalla richiesta di revisione «Le due ricostruzioni dei fatti storici su cui si fondano i rispettivi giudizi (quello su Busetto e quello su Lazzarini, ndr) sono oggettivamente diverse ed incompatibili tanto che l’identico delitto viene attribuito a due persone diverse».
In particolare «Monica Busetto viene imputata e definitivamente condannata per aver compiuto l’azione omicidiaria da sola con una motivazione che esclude qualsiasi ipotesi di concorso. Susanna Lazzarini è imputata di omicidio in concorso con Monica Busetto ma viene condannata per aver compiuto l’azione omicidiaria da sola con una motivazione che esclude qualsiasi ipotesi di concorso». Tanto è vero che in una delle sentenze di condanna a carico della Lazzarini leggiamo: «Per contro, il ruolo di materiale compartecipe nel delitto in imputazione attribuito alla coimputata, giudicata separatamente, Busetto Monica, non ha trovato, alla stregua del compendio probatorio disponibile, adeguato riscontro». La giustizia italiana sarà in grado di correggere se stessa?