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Dopo la tragedia di Varese dovremo aspettare ancora, per una riforma della magistratura?
Sì della Corte d’Assise di Monza al percorso di giustizia riparativa per Lorenzo D’Errico, reo confesso dell’omicidio del padre Carmine: nel 2021 lo uccise a martellate nella loro casa a Cusano Milanino e diede fuoco al cadavere all’interno di un capannone. Il percorso sarà gestito dal Centro italiano per la promozione della mediazione.
I giudici hanno accolto la richiesta dei difensori Romana Perin e Luigi Chirieleison e sospeso il processo fino a giugno del prossimo anno per valutare l’avvio del programma previsto dal nuovo istituto introdotto con la riforma Cartabia. «Spero di potermi redimere con l’aiuto di qualcuno. Io non ne ho gli strumenti. Ho provato a uscire da certi problemi da solo per 30 anni con esiti disastrosi», ha dichiarato l’imputato, accusato di omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere. Prima di confessare l’omicidio aveva finto un allontanamento volontario del padre, dal quale il figlio racconta di aver subito abusi e maltrattamenti.
“Non ci sono rischi dal punto di vista procedurale, nemmeno rischi di scarcerazione ma la possibilità di riavvicinare la persona a cui il fatto viene addebitato e le vittime”, ha spiegato l’avvocato Perin a Milano Today. In aula sono stati sentiti anche i familiari della vittima, che al momento non hanno mostrato la propria disponibilità a intraprendere il percorso. “Non me la sento ancora di decidere qualcosa: per adesso sono ancora troppo scosso”, ha dichiarato davanti alla Corte di Assise uno dei fratelli della vittima.
Quando i familiari non aderiscono al percorso, l’istituto della giustizia riparativa prevede la possibilità di avviare il programma mediante il ricorso a “vittime sostitutive”. Il primo caso in Italia, per il reato di omicidio, è quello di Carol Maltesi: a settembre scorso la Corte di Assise di Busto Arsizio ha ammesso al programma Davide Fontana, il bancario di 44 anni condannato in primo grado a trent’anni per l’omicidio, lo smembramento e l’occultamento del corpo della giovane donna. Una decisione assunta con la contrarietà dei pm che è stata accolta con sconcerto da parte dei familiari della vittima, generando polemiche e dubbi sull’istituto introdotto lo scorso 30 giugno.