Carlo Nordio sa vivere con le sue contraddizioni, scrive Il Foglio dopo un colloquio con il guardasigilli a margine dell’evento organizzato da Italia Viva a Santa Severa. Perciò il ministro della Giustizia non rinuncerà al proprio programma “garantista”, anche se i segnali della maggioranza sulla giustizia vanno in direzione opposta. 

“Vedrete, tra novembre e dicembre arriverà un nuovo pacchetto di riforme. In primavera ce ne sarà un altro. E nei prossimi mesi sono sicuro che il Parlamento darà seguito a ciò che il Consiglio dei ministri ha già approvato all'unanimità”, assicura Nordio. Dentro ci sono l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, le intercettazioni (per non mettere “in piazza i pettegolezzi e le vite provate dei cittadini”, si vuole “evitare che il nome del terzo venga dato in pasto ai giornali”), e l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Ma soprattutto c’è la separazione delle carriere, una riforma “non negoziabile”, dice il ministro. 

“L'Italia è l'unico Paese al mondo in cui il pubblico ministero ha poteri immensi senza nessuna responsabilità: è il capo della polizia giudiziaria, ma con le guarentigie del giudice che sono scritte nella Costituzione. Allora, o cambiamo la Costituzione, o facciamo una riforma a metà”, spiega Nordio, che sembra optare per la seconda ipotesi: agire “nell’ambito della Costituzione vigente, senza raggiungere i risultati permessi da una riforma costituzionale”. Ma con un obiettivo certo: ridimensionare i poteri dei pm, intervenendo alla radice sui “trucchetti” adoperati dalle procure per portare avanti le indagini. “La limitazione dei poteri del Pubblico ministero significa che una volta che si è chiusa, un'indagine è chiusa. Non si può clonare il fascicolo”.

Insomma, la rivoluzione sulla giustizia è solo all’inizio. Ma niente fretta: “Dateci un po' di tempo – dice Nordio -. qui stiamo parlando di un nuovo codice di procedura penale, non è una cosa che si può fare in pochi mesi”.