«Se il pericolo di reiterazione del reato fosse stato reale, allora, forse, sarebbe stato meglio chiederla prima una misura cautelare». L’avvocato Stefano Savi, difensore del governatore della Liguria Giovanni Toti, ora ai domiciliari, attende di essere convocato per l’interrogatorio del suo assistito. Un interrogatorio nel quale, è certo, chiarirà, atti alla mano, ogni piccolo dettaglio delle accuse mosse al presidente della Regione, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di corruzione.

Per la procura di Genova, il politico avrebbe «messo a disposizione la propria funzione, i propri poteri e il proprio ruolo, in favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti, reiterando il meccanismo con diversi imprenditori (gli Spinelli e Moncada). In alcuni casi - recita l’ordinanza -, era lo stesso Toti a chiedere esplicitamente il finanziamento, promettendo al privato comportamenti o provvedimenti a lui favorevoli o addirittura ricordandogli “di aver fatto la sua parte” e quindi di aspettarsi conseguentemente una “mano” in vista delle elezioni». Il tutto in quanto «pressato dalla necessità di reperire fondi per affrontare la campagna elettorale».

Savi è pronto a chiedere la revoca della misura al gip e in caso di risposta negativa fare ricorso al Riesame. Perché secondo le sue valutazioni, si tratta di finanziamenti leciti e non di mazzette. A inguaiare il governatore sono le intercettazioni. Sulle quali, come riportato dal Foglio, potrebbe abbattersi il rischio di inutilizzabilità. Attenendosi alla sola ordinanza - al momento la difesa non è in possesso dell’intera documentazione relativa alle captazioni - il punto di partenza dell’inchiesta a carico di Toti sembra essere l’intercettazione del 10 marzo 2021 tra l’ex capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, e lo stesso governatore.

L’intercettazione si trova agli atti di un’indagine in corso a La Spezia nei confronti di Cozzani e viene trasmessa per competenza a Genova, che nel frattempo sta indagando sulla fondazione Change e sul Comitato Giovanni Toti, con l’ipotesi di finanziamento illecito ai partiti. Un reato che, però, non consente alcuna intercettazione. La conversazione arrivata da La Spezia cambia però il quadro: ipotizzando il reato di corruzione, i pm possono procedere con gli ascolti, arrivando poi a formulare altre ipotesi corruttive. Ma quella prima intercettazione - sin dal principio molto vaga - non consente «di trovare ulteriori riscontri all’ipotesi corruttiva inizialmente ipotizzata». Serve, però, a raccogliere elementi sui rapporti tra Toti e altri imprenditori e a formulare nuove accuse per corruzione.

Cosa dice Toti in quella telefonata con Cozzani? «Digli che se li convoco io qua lunedì, martedì sera anche a cena, Ripamonti, Vaccarezza, Olivieri, che la chiudiamo su tutt... Su tutta la situazione, così mettiamo in fila l’Ato idrico, la cosa, anche perché poi ci si infila dentro anche roba della discarica di Colucci, che voglio parlargliene a voce...». Parole che, da sole, difficilmente consentono di ipotizzare un evento corruttivo.

Le intercettazioni, spiega Savi, «sono partite da molto lontano e probabilmente in assenza dei presupposti, però su questo è ancora presto per fare una valutazione precisa, perché tutta la documentazione relativa alle intercettazioni non è ancora stata depositata. Leggendo le carte - aggiunge - si può ritenere che non ci fossero, ma bisogna vedere cosa c’è scritto negli atti che ora non abbiamo». Ma le stranezze, secondo il legale, sarebbero anche altre. Ovvero il fatto che l’indagine sia andata avanti per anni, con episodi «marginali» consumati nel 2023, motivo per cui le misure cautelari sarebbero potute scattare - ed essere chieste - prima, dato il dichiarato pericolo di reiterare il reato. «Applicare adesso una misura cautelare è molto strano, è molto anomalo - aggiunge Savi -, anche perché obiettivamente non c’era nessuna altra ragione se non una tornata elettorale, nella quale peraltro Toti non è direttamente impegnato, che è un po’ poco per dire che c’è un pericolo di reiterazione del reato». Il gip individua anche altre esigenze, come il pericolo «attuale e concreto di inquinamento probatorio», mettendosi in contatto con altri indagati per elaborare una strategia o con persone «in grado di fornire circostanze utili ai fini di una conveniente ricostruzione degli eventi».

Per la procura, i 74mila euro versati dall’imprenditore Aldo Spinelli al Comitato “Cambiamo con Toti” sarebbero in realtà una tangente per ottenere la privatizzazione della spiaggia “Punta dell’Olmo”, anche attraverso una telefonata all’ex sindaco di Varazze e attuale capogruppo di Cambiamo in Regione Alessandro Bozzano. Ma a sentire il sindaco Luigi Pierfederici, non è previsto un mutamento della destinazione d’uso della spiaggia: nel Piano urbanistico comunale «trova conferma la pubblica fruizione della spiaggia libera» e nessun atto prevede «in alcun modo la modifica della destinazione d’uso della spiaggia libera di cui trattasi che rimane di pubblica fruizione», si legge in una nota. Tant’è che da tre anni a questa parte nulla sarebbe cambiato.

C’è, poi, il prolungamento della concessione del Terminal Rinfuse per altri 30 anni, pendente innanzi al Comitato di gestione dell’Autorità portuale del Mar Ligure Occidentale. «In realtà - spiega Savi - era una pratica impostata dall’Autorità portuale con logiche che fanno parte dell’abituale sistema di concessione, dove Toti era intervenuto per cercare di evitare che scoppiasse, all’interno del porto tra terminalisti, l’ennesima bagarre. Non c’è stata interferenza sulla durata impostata dall’autorità portuale, ma semplicemente un tentativo di composizione andato in porto. All’interno del comitato ci sono state delle voci che all’inizio hanno sollevato delle questioni: una, più che altro, perché non aveva avuto il tempo di approfondire la pratica e l’altra più maliziosa, anche perché poi questo personaggio si è rivelato avere dei contatti con un’altra parte in causa. Alla fine si è arrivati all’approvazione, una volta chiarita la vicenda, e la cosa è passata così come era stata proposta dall’Autorità portuale».

Per Savi, il vero problema rimane quello delle «indagini a strascico», che finiscono per «valutare un’intera amministrazione, tirando fuori un paio di episodi in quattro anni». Anche perché, sostiene, «non c'è stato arricchimento né altra utilità personale da parte di Toti, che di suo non ha ricevuto niente e ha dato tutto a questa Fondazione, che peraltro ha sempre rendicontato tutto a termini di legge, senza vantaggi di tipo personale». L’altro problema è quello del finanziamento delle attività politiche, «perché se si dilata l’interpretazione del reato di corruzione fino a impedire, a chi ha avuto un contatto con la pubblica amministrazione per fatti leciti, di contribuire a una delle forze politiche, si finisce per vanificare la possibilità, per i partiti, di avere un finanziamento lecito, alla luce del sole, senza infingimenti. Quello che conta - aggiunge il difensore di Toti - è l’interesse perseguito e credo che in questo caso non ci sia prova che ci sia stata una prevaricazione dell’interesse pubblico in favore dell’interesse privato». Una storia che riporta alle vicende della Fondazione Open, per la quale la tesi del finanziamento illecito è stata smontata più volte in fase cautelare dalla Cassazione.