«Il trojan è uno strumento fondamentale per le indagini», afferma Marcello Viola, procuratore di Milano, ascoltato ieri dalla Commissione giustizia del Senato nel corso dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni voluta dalla presidente Giulia Bongiorno (Lega). «È chiaro - prosegue - che si tratta di un mezzo formidabile di investigazione, che consente di entrare come pochi altri dentro l’ambito oggetto di investigazione: il trojan è spesso oggi il solo strumento che possa penetrare canali criminali di comunicazione o di scambio di informazioni utilizzati per la commissione di gravissimi reati contro le persone. Mi rendo però conto della estrema invadenza di questo strumento, con il rischio anche di conseguenze sproporzionate rispetto alle esigenze di contrasto di talune tipologie di reato», ha aggiunto il procuratore di Milano, sottolineando come sia necessario «un corretto equilibrio tra esigenze investigative, diritto di informazione e tutela della privacy».

«Spetta al legislatore fare delle scelte operando uno specifico bilanciamento di interessi particolarmente rigoroso, indicandoci per quali reati si possa optare per una più incisiva limitazione della segretezza delle comunicazioni, della riservatezza, della tutela del domicilio, rispetto alle contrapposte esigenza di tutela della collettività a fronte di specifiche categorie di reato», ha quindi precisato Viola. A Milano lo scorso anno sono state effettuate 3119 intercettazioni, di cui 148 con i captatori. Il numero dei rigetti delle richieste del pm da parte del gip si attesta mediamente sul 10 percento, segno, ha ricordato Viola, di un «adeguato controllo giurisdizionale». Per quanto riguarda le società accreditate preso la procura di Milano, nel 2017 venne fatto un bando dove esse indicavano, oltre ad una serie di informazioni, anche il settore di competenza: telefoniche, telematiche o ambientali. Era stata valutata la possibilità di un bando di gara per l’aggiudicazione dei servizi, ma, d’intesa con la procura nazionale antimafia, si decisi di soprassedere in attesa della pubblicazione del decreto ministeriale, poi adottato lo scorso ottobre, che ha specificamente individuato e descritto le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione, unitamente alle relative tariffe. A seguito di ciò è stata predisposta una scheda-confronto tra il listino adottato presso la Procura e quello ministeriale, con un "fuori listino” per prestazioni particolari, come ad esempio l’uso di software in grado di dare una lettura aggregata dei dati.

Circa la sperimentazione a livello nazionale sul monitoraggio degli accessi, delle operazioni e degli interventi sui server delle imprese fornitrici dei servizi, Milano e Napoli erano state individuate come sedi pilota. La sperimentazione ad oggi non ha avuto però seguito. Punto “dolente” riguarda invece il sequestro dei cellulari finalizzato all’acquisizione di messaggistica memorizzata sugli stessi, tema che, precisa Viola, «in ragione della rilevanza e delicatezza evidenzia l’opportunità di valutare un intervento legislativo che possa condurre a una disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale». Accade con sempre maggiore frequenza che per esigenze d’indagine penale venga disposto il sequestro di dispositivi di comunicazione mobile (cellulari e smartphone) finalizzato all’acquisizione di chat, email, mms e sms.

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il sequestro (strumentale) del dispositivo è senz’altro legittimo, ma a condizione che abbia carattere temporaneo. In altre parole, il sequestro dell’apparato può dirsi proporzionato se temporaneo e finalizzato solo ad estrarre i dati nello stesso memorizzati, prevedendo l'immediata restituzione non appena eseguita la cosiddetta copia forense. «Dopo queste operazioni è necessario distruggere i dati inizialmente sequestrati per evitarne la loro illecita diffusione. Ricordo che sul cellulare sono spesso contenute informazioni che riguardano la sfera sessuale, le convinzioni politiche o quelle religiose, tutte informazioni che se divulgate possono compromettere, anche in maniera irreparabile, il rapporto della persona con il prossimo», puntualizza il procuratore.

Positiva, sempre per Viola, la gestione dell’archivio riservato delle intercettazioni: «Un importante strumento di chiusura delle intercettazioni inutilizzabili o non rilevanti a fini di giustizia che ha dimostrato di funzionare, e pare adeguato rispetto al fine di evitare le fughe di notizie, da attribuire, semmai, al fattore umano». Problemi ci potranno essere per la sua capienza: già oggi, l’archivio digitale della procura è infatti al limite della sua capacità, tanto che il ministero ha provveduto ad aumentare lo spazio di archiviazione disponibile.