Il Cavaliere si fa ricevere da Meloni poi la nota congiunta: «Insieme al Colle»

Quanto sia vera e quanto posticcia la pace firmata ieri in via della Scrofa lo si capirà nei prossimi giorni ma soprattutto nei prossimi mesi. L'esito dell'incontro di ieri, in sé, era già scritto, imposto da una realtà che non permette a Giorgia Meloni di fare a meno di Forza Italia ma neppure a Silvio Berlusconi di prendere il largo abbandonando il centrodestra. Di qui a parlare di vera fine delle ostilità però ce ne passa. Il taglio dei parlamentari assegna infatti a Fi un potere enorme: quello di poter bloccare tutto nelle Commissioni anche solo lasciando a casa un singolo senatore. LA SITUAZIONE POTREBBE CAMBIARE NEL GIRO DI POCHI MESI, MAGIARI DOPO UNA ESTENUANTE STRATEGIA DI LOGORAMENTO NELLE COMMISSIONI

Per la prima volta Berlusconi ha dovuto cedere lo scettro di guida del centrodestra

Quanto sia vera e quanto posticcia la pace firmata ieri in via della Scrofa lo si capirà nei prossimi giorni ma soprattutto nei prossimi mesi. L'esito dell'incontro di ieri, in sé, era già scritto, imposto da una realtà che non permette a Giorgia Meloni di fare a meno di Forza Italia ma neppure a Silvio Berlusconi di prendere il largo abbandonando il centrodestra. Di qui a parlare di vera fine delle ostilità però ce ne passa. Il taglio dei parlamentari, soprattutto al Senato, assegna infatti a Fi un potere enorme: quello di poter bloccare tutto nelle Commissioni anche solo lasciando a casa un singolo senatore. Con Licia Ronzulli capogruppo e certo non animata da sentimenti amichevoli nei confronti di chi la ha tenuta fuori dalla porta del governo, con Berlusconi che, per carattere e personalità, difficilmente dimenticherà un'umiliazione come quella subìta la settimana scorsa al Senato, oltre tutto proprio nel giorno dell'agognata revanche su chi lo aveva cacciato, è prevedibile che quell'arma verrà usata.

Quello che ha costretto oggi Berlusconi ha recarsi lui, come un vassallo, alla corte della Regina tricolore è la minaccia di tornare alle elezioni ove il suo partito azzurro si sfilasse. Giorgia lo ha minacciato e non si tratta di una minaccia a vuoto. Se si riaprissero le urne adesso la sinistra sarebbe di nuovo divisa, la leader di FdI avrebbe gioco facile nel chiedere e ottenere un consenso tale da farla governare “senza ricatti”, Forza Italia sparirebbe. Berlusconi è dotato di senso della realtà, sa quali sono i rapporti di forza e ha sempre dimostrato, nei fatti se non nelle sparate propagandistiche, di tenerli nel debito conto. Ma la situazione potrebbe cambiare nel giro di pochi mesi e una strategia del logoramento nelle Commissioni parlamentari darebbe un importante contributo in questo senso. La futura premier si troverà alle prese con difficoltà superiori a quelle di qualsiasi altro presidente del Consiglio nella storia repubblicana. Se la guerriglia di un partito della sua maggioranza la impastoierà, aggiungendo un carico ulteriore a quelli già pesantissimi costituiti da un quadro economico- sociale interno drammatico e dall'ostilità dei principali Paesi europei, i consensi potrebbero scendere tanto precipitosamente quanto rapidamente si sono concentrati su FdI. A quel punto i rapporti di forza, oggi tutti favorevoli alla presidente di FdI, si rovescerebbero.

Lo stato maggiore è perfettamente consapevole di questo rischio, che considera anzi se non proprio certo almeno molto probabile. Ma una contromossa possibile al momento ancora non c'è né ci potrebbe essere. Per Giorgia Meloni navigare a vista è un obbligo e forse una condanna, non una scelta. Proprio per questo, per quanto possa e probabilmente debba concedere qualcosa a Berlusconi, la leader di una destra in realtà divisa non potrà che tener duro sulla trincea che ha determinato lo scontro con Berlusconi: una torsione nel modo di intendere il governo che Bertinotti ha definito ieri come «un passaggio da primo ministro a capo del governo». Al di là dei risultati concreti e sonanti in termini di poltrone e ministeri, che saranno chiari solo nei prossimi giorni, l'incontro di ieri sigla questo slittamento nella natura e nelle funzioni del primo ministro per il solo fatto di essersi tenuto in via della Scrofa invece che a Villa Grande oppure in una sede istituzionale “neutrale” e soprattutto per essersi concluso, come era inevitabile, con la conferma della delegazione unica del centrodestra nella consultazione con il presidente sul Colle.

Dopo lo scontro in realtà violentissimo della settimana scorsa, quei due segnali rappresentano due passaggi rilevantissimi. Berlusconi, per la prima volta, è costretto anche plasticamente a cedere lo scettro della destra. Non era più nelle sue mani da un pezzo, è vero, ma senza che nessuno lo avesse sostituito al comando. Allo stesso tempo, con il braccio di ferro sui ministri, la futura premier ha fatto un passo avanti importante sulla strada di quel modello Draghi che aspira a fare proprio: il capo del governo, appunto. Ma se basterà a domare le fibrillazioni e a neutralizzare la bomba a orologeria innescata con il duello del Senato lo diranno i prossimi sei mesi.