«Tre rivoluzioni» e «provvedimento epocale»: così il guardasigilli Carlo Nordio ha definito le direttrici contenute nel disegno di legge costituzionale di modifica delle norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare, approvato ieri, in meno di un’ora, dal Consiglio dei ministri. Il vertice era stato preceduto tra un incontro tra il titolare della Giustizia, il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano, il viceministro Francesco Paolo Sisto, il sottosegretario Andrea Delmastro, i presidenti delle commissioni Giustizia di Montecitorio e Palazzo Madama, Ciro Maschio e Giulia Bongiorno. La compattezza assoluta nella compagine governativa ha dovuto fare i conti con i rilievi che i tecnici del Dagl, tutti magistrati, hanno opposto fino all’ultimo su ogni singolo passaggio dell’articolato.

Durante la conferenza stampa, tenuta al termine del Consiglio dei ministri, Nordio, insieme a Mantovano, ha illustrato alcuni degli 8 articoli che compongono il provvedimento. Innanzitutto la separazione delle carriere, con la modifica dell’articolo 102 della Costituzione. Poi lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura: uno dedicato ai giudici e uno ai pubblici ministeri ma, come anticipato, con il presidente della Repubblica al vertice di entrambi. Nordio, però, ha voluto subito precisare che i requirenti non andranno sotto il controllo del potere politico: «Abbiamo dato rilevanza costituzionale anche al fatto che la magistratura requirente è, deve essere e resterà indipendente da qualsiasi interferenza del potere esecutivo, da qualsiasi pressione di altri organismi: gode e godrà delle stesse garanzie d’indipendenza della magistratura giudicante».

I componenti, oltre a quelli di diritto – ossia il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione – “sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge”. I consiglieri avvocati saranno sospesi all’albo professionale.

Quello del sorteggio è forse il punto più delicato. Mentre per i componenti laici se ne prevederà uno, ma su una base preliminarmente eletta dalle Camere, il sorteggio dei togati invece è “secco”: avverrà, secondo il testo varato ieri dall’Esecutivo, rispettivamente fra tutti i giudici e tutti i pm d’Italia. Il ministro in conferenza ha fatto notare come «la composizione del Csm mantenga una maggioranza di magistrati, che però vengono appunto sorteggiati tra magistrati già valutati varie volte»: o questa ipotesi di valutazione di professionalità elevata era prevista in una bozza precedente del ddl o il guardasigilli anticipa quanto potrebbe accadere con la riserva di legge.

Comunque, se nel primo caso i partiti non potranno più imporre a Palazzo dei Marescialli coloro che, per esempio, non sono starti eletti alle Politiche, nella seconda previsione un metodo di estrazione così “democratico”, che svuota completamente la valenza politica della componente togata, potrebbe essere uno dei punti da modificare a seguito del confronto con l’opposizione, oltre che con l’Anm. In ogni caso il responsabile di via Arenula ha specificato che il metodo del sorteggio integrale «è un ossequio alla indipendenza della magistratura, che non può e non deve essere indipendente solo dal potere esecutivo e legislativo, ma anche da se stessa».

Il terzo punto riguarda l’Alta Corte disciplinare, che avrà competenza solo sugli illeciti dei magistrati ordinari. Essa sarà a prevalenza togata, ma sempre composta da un numero di sorteggiati che, ha osservato il ministro, coinvolgerà «un canestro di persone qualificate». “L’Alta Corte”, si legge nell’articolato, “è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione”, nonché “da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità”.

Il Csm, tra le varie funzioni, manterrà quella delle nomine per gli incarichi direttivi, per le quali si ricorrerà sempre al Tar, a differenza di quanto previsto dalla proposta di Violante, mentre perderebbe la competenza disciplinare sin dal primo grado. Le decisioni del nuovo organo giudicante non verranno prese in forma plenaria, e si prevede che “contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata”. L’articolo 8, infine, prevede che le leggi ordinarie che andranno a dettagliare la riforma dovranno essere emanate entro un anno dall’entrata in vigore del ddl.

«Essendo una riforma impegnativa, vi è stato un lavoro svolto fino all’ultimo nel confronto tra le forze politiche di maggioranza», ha detto il sottosegretario Mantovano. Rispetto ai tempi di approvazione ha aggiunto che «non saranno rapidissimi, ma auspica che non siano neanche troppo dilazionati». Poi ha sottolineato: «Non darei così per scontato che si arrivi al referendum, nel senso che se vale l’adesione alla sostanza che viene proposta dal governo e se vi sarà un confronto nel merito di fronte a un testo che certamente non è blindato ma aperto al contributo dell’intero Parlamento, non è così certo che si arrivi al referendum. Facciamo un passo alla volta».

Non è certo, d’altronde, neppure che una riforma del genere possa arrivare ad approvazione definitiva nel giro di due anni e mezzo, tempo che ci separa dal rinnovo del Csm. Il viceministro della Giustizia Sisto rivendica «lo straordinario risultato politico di un intero governo schierato per la separazione delle carriere: ci si è arrivati in modo convinto e grazie a un testo scritto con stile essenziale. Ma è certamente giusto che la discussione in Parlamento sia davvero aperta».

Nell’articolato approvato, rispetto alle previsioni, non compare il passaggio sull’avvocato in Costituzione. A quanto risulta, l’Esecutivo ha preferito assicurare la massima omogeneità a questo ddl costituzionale, in modo che riguardasse esclusivamente l’ordinamento della magistratura e non il sistema giustizia in termini più generali.