In un clima già teso, fra governo e Anm, per l’introduzione dei test psicoattitudinali destinati a chi entra a far parte dell’ordine giudiziario, sembra ridimensionarsi, almeno per ora, il “caso” del concorso straordinario in magistratura. Inizialmente avrebbe dovuto riguardare i giudici onorari, poi lunedì era circolata l’ipotesi che, nel nuovo decreto Pnrr, potesse trovare posto una versione riveduta e corretta del provvedimento: una selezione riservata non solo alla magistratura non professionale ma anche ai professori universitari e agli avvocati con almeno 10 anni di attività alle spalle.

Si è immediatamente levata la protesta dell’Anm, che l’altro ieri sera è arrivata a minacciare lo sciopero. Un’arma che il sindacato delle toghe non ha rimosso dal tavolo: sull’eventualità di un concorso straordinario, infatti sarà incentrata la riunione del “parlamentino” che l’Anm ha in programma per il prossimo fine settimana.

D’altra parte, a far accantonare l’ipotesi della selezione riservata alla professione forense e all’accademia è stato il rischio di incostituzionalità, più dell’ostilità della magistratura associata, che la settimana scorsa era stata rappresentata al guardasigilli Carlo Nordio in un incontro a via Arenula.

È vero che, nei giorni scorsi, l’allarme per il rischio di ritardi nel raggiungimento dei target sulla giustizia concordati con l’Ue nell’ambito del Pnrr, aveva restituito argomenti allo “strappo”, sostenuto soprattutto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Difficile però conciliare la scelta con la norma fissata in Costituzione secondo cui l’ordine giudiziario si forma sì per concorso, ma a condizione che non si tratti di una selezione “riservata”.

A lasciar ritenere che l’ipotesi sia accantonata in via definitiva è anche il fatto che lo stesso decreto Pnrr abbia ripiegato verse scelte “acceleratorie” di altro genere: dagli incentivi legati alla efficienza dei singoli uffici giudiziari, alla stabilizzazione del personale amministrativo.