Dovrebbe iniziare a breve la discussione in Parlamento sullo schema di decreto legislativo previsto dalla legge delega fiscale (111/2023), e in particolare dagli articoli 4 e 17, che contengono i principi direttivi in materia di revisione dello statuto dei diritti del contribuente e di effettiva attuazione del principio del contraddittorio (a volte inapplicato da diversi uffici dell’Agenzia delle Entrate). Le novità della riforma sul fronte dei diritti dei contribuenti (di fatto finora solo sulla carta) previsti dallo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri del 23 ottobre scorso sono state illustrate dal comunicato stampa di Palazzo Chigi 55/2023. In questa nota si evidenziano gli assi portanti della riforma, che consistono in modifiche alla legge 212/2000, contenente lo Statuto dei diritti del contribuente.

Ora spetta al Parlamento esprimere il proprio parere su questo testo attuativo, con la possibilità di proporre modifiche che poi il governo potrà recepire o meno.

Quali maggiori tutele avranno quindi i liberi professionisti, a cominciare dagli avvocati, nel rapporto con il Fisco? Leggendo la bozza, si scopre che il nuovo comma 3-bis dell’articolo 1 dello Statuto dei diritti del contribuente prevede una serie di diritti espliciti, finora di fatto non garantiti dall’Agenzia delle Entrate, come molti contribuenti, e soprattutto gli avvocati tributaristi, possono confermare. Si fa riferimento in primo luogo alla garanzia di un vero contraddittorio, per cui l’Agenzia delle Entrate non può più evitare di rispondere punto per punto alle spiegazioni del contribuente, oppure rispondere con frasi che, sostanzialmente, equivalgono a “per noi è comunque così”. L’importanza di questo principio è ribadita dal nuovo articolo 6-bis, nel quale si afferma che la richiesta di pagamenti tributari deve essere preceduta, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo.

In secondo luogo si ribadisce la tutela dell’affidamento, con la conseguenza che spetta all’Agenzia dimostrare l’eventuale malafede del contribuente, il quale può aver tenuto una condotta fiscale in buona fede sulla base di una ragionevole interpretazione delle norme. Questa nuova impostazione viene rafforzata dalla nuova formulazione dell’articolo 7 dello Statuto, nel quale si richiede che i provvedimenti delle autorità fiscali debbano indicare non solo i presupposti, ma anche i mezzi di prova, che non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti, se non con un altro provvedimento, a condizione che ci siano i presupposti.

Altra novità è il principio del cosiddetto “ne bis in idem”, sancito non solo nell’articolo 1, ma anche nell’articolo 9-bis, in base al quale l’Agenzia non può effettuare più controlli per la stessa imposta per lo stesso anno, e quindi presentare più volte richieste al contribuente per lo stesso anno, circostanza tutt’altro che rara.

Fondamentale è poi il principio dell’autotutela, declinato negli articoli 10-quater e 10-quinquies, in base al quale l’Agenzia può procedere all’annullamento degli atti, anche di propria iniziativa, quando ci si rende conto dell’infondatezza dell’atto: quindi, con un’opportuna interpretazione, dovrebbe venir meno la necessità di portare avanti i contenziosi fino alla Cassazione. Da ultimo si prevede, con il nuovo articolo 13, che anche gli avvocati sono qualificati per la nomina a Garante nazionale del contribuente, il quale, sulla base di segnalazioni, può rivolgere raccomandazioni agli uffici finanziari, e accedervi, per controllare la funzionalità dei servizi.