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CARLO NORDIO MINISTRO GIUSTIZIA
Bilanciare i diritti in gioco è sempre molto complesso. E ciò emerge chiaramente quando si parla della libertà delle toghe di sostenere le loro idee in pubblico. Problema antico ma sempre attuale che può essere introdotto con le parole del ministro Nordio in una risposta ad un’interrogazione parlamentare: si tratta, in pratica, scrive il Guardasigilli della «annosa questione del delicato equilibrio tra la libertà di manifestazione del pensiero, che deve essere riconosciuta anche ai magistrati in quanto cittadini, ed il valore, anch’esso di rilievo costituzionale, dell’imparzialità e terzietà della funzione giurisdizionale».
Tutto parte da un atto di sindacato ispettivo del presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, in cui stigmatizzava il fatto che «in un editoriale pubblicato su Avvenire il 29 dicembre 2024, il procuratore generale presso la Corte d’appello di Cagliari, Luigi Patronaggio, commentava, criticandola, la sentenza del Tribunale di Palermo sul caso Open arms». L’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, era stato processato per sequestro di persona e poi assolto perché il fatto non sussiste. L’interrogazione parlamentare ha dato la possibilità al responsabile di Via Arenula di annunciare che «è fermo intendimento del governo», in attuazione del disegno di riforma costituzionale sulla separazione delle carriere, «rimettere mano al novero degli illeciti disciplinari previsti dalla legge».
In particolare sarà vietato alle toghe «tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria». Secondo Nordio, «l’imparzialità della decisione deve declinarsi anche sotto il profilo della sua apparenza, imponendo sobrietà, irreprensibilità e riservatezza dei comportamenti individuali, così da evitare il rischio di apparire condizionabili o di parte».
«Purtroppo – ha sottolineato il ministro –, non può non constatarsi che sempre più frequentemente singoli esponenti dell’ordine giudiziario ritengono di poter assumere posizioni politiche o di poter partecipare ad iniziative su temi politicamente sensibili, con un atteggiamento di forte contrapposizione all’azione di governo».
Nordio non fa riferimenti diretti ma esistono precedenti recenti di cui si è discusso: la partecipazione dell’ex presidente dell’Anm, Eugenio Albamonte, ad un dibattito organizzato da un circolo Pd romano insieme alla responsabile giustizia dem Debora Serracchiani sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere; o ancora un’iniziativa di Fratelli d’Italia sempre sulla riforma dell’ordinamento giudiziario in cui erano previsti gli interventi dei magistrati Giuseppe Cioffi e Luigi Bobbio che alla fine hanno dato buca, probabilmente per evitare polemiche.
Della possibile re-introduzione dell’illecito disciplinare (norma già prevista dal governo Berlusconi IV e poi abrogata) per le toghe che prendono pubblicamente posizioni politiche o che partecipano a eventi politici in cui si discutono riforme della giustizia, assumendo atteggiamenti di forte contrapposizione all’Esecutivo, si era discusso già nei mesi precedenti. Ma a marzo proprio da Via Arenula avevano fatto notare che si trattava solo di un’ipotesi di lavoro, non destinata a essere tradotta a breve in un disegno di legge.
A conferma di ciò, erano arrivate le parole anche del sottosegretario Delmastro: «Non è allo studio: siamo concentrati sulla riforma costituzionale». Adesso invece il ministro Nordio detta la strada che sarà presa: ossia introdurre dei correttivi nelle leggi ordinarie che riguarderanno l’Alta Corte, nuovo organo disciplinare dei soli magistrati ordinari. Certo, al momento è difficile ipotizzare i dettagli della legge attuativa, qualora passasse il referendum.
Sicuramente, un elemento che dovrà essere preso in considerazione è la possibilità di esentare dall’illecito il presidente dell’Anm che, in quanto vertice della associazione rappresentativa del 98 per cento dei magistrati, potrà essere chiamato, come già avviene, ad intervenire in dibattiti pubblici pure organizzati dai partiti, come successo qualche mese fa quando Cesare Parodi fu chiamato a parlare ad un evento di Noi Moderati.
Proprio Parodi, venerdì scorso nel dibattito organizzato dal Dubbio al Salone del Libro di Torino, si era detto «d’accordo sul fatto che ci sia stato un eccessivo protagonismo di alcuni magistrati e questo non ha giovato all’immagine della magistratura. In generale esiste un tema al nostro interno: alcuni di noi, io personalmente no, ritengono che la manifestazione politica delle loro idee sia un qualcosa di dovuto, qualcosa di necessario, quasi di ontologico rispetto al loro ruolo. Altri ritengono che sia giusto il contrario. Come magistratura siamo compatti su tutto. Ma il mio compito, in questo momento, è proprio tenere insieme queste due anime».
Al momento, tuttavia, l’Anm non commenta la risposta di Nordio: l’impressione colta è quella di non voler dare troppa importanza alla questione ma non si esclude, tra le toghe, che questa previsione del ministro possa essere usata quando si entrerà nel vivo della campagna referendaria per dire ai cittadini che il Governo vuole imbavagliare le toghe. Infatti se è vero che esiste una fetta della magistratura, in particolare la corrente di Magistratura indipendente, che proprio all’interno del parlamentino aveva presentato un odg per richiedere un maggiore self-restraint dei colleghi, poi bocciato da tutte le altre correnti, è altresì vero che tutti sono compatti nell’esprimere contrarietà a questo tipo di illecito disciplinare.
A parlare ieri è stato solo il segretario di AreaDg, Giovanni Zaccaro per il quale «l’imparzialità del magistrato si deve verificare nel processo e nella motivazione delle decisioni. A me pare che la sobrietà e la irreprensibilità nei comportamenti pubblici sia un dovere di tutti coloro che agiscono per lo Stato, per i magistrati come per i politici». E ha concluso: «Preoccupa però che il ministro agiti il manganello disciplinare per i magistrati che partecipano, con la dovuta continenza, al dibattito pubblico in materia di giustizia e diritti. Sarà che ha paura che qualcuno spieghi ai cittadini perché la giustizia funziona male e perché la riforma Nordio è pericolosa?».