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IMAGOECONOMICA
L’adozione dei test psicologici per i magistrati non appare in conflitto con i principi di autonomia e indipendenza della magistratura, purché sia garantita la trasparenza del processo, la protezione dei dati e la possibilità di ricorso in caso di esito negativo.
È quanto emerge da un’analisi comparativa condotta dalla Nona Commissione del Consiglio superiore della magistratura, che ha analizzato le prassi di diversi ordinamenti europei nella selezione e nella carriera dei magistrati. Lo studio - che verrà analizzato nel corso del prossimo plenum - è stato realizzato nell’ambito della Rete europea dei Consigli di giustizia (Encj) attraverso un questionario diffuso ai Paesi membri, nel contesto della riforma dell’ordinamento giudiziario introdotta dal decreto legislativo 44 del 2024. Riforma che prevede, a partire dai concorsi banditi successivamente al 31 dicembre 2025, una nuova fase: il colloquio psico-attitudinale, appunto, volto a verificare l’assenza di condizioni di inidoneità alla funzione giudiziaria, «in un’ottica di garanzia dell’indipendenza, imparzialità ed autonomia della magistratura».
Dalla comparazione emerge un panorama molto eterogeneo. In Finlandia, nel processo di selezione dei magistrati si ricorre a colloqui e valutazioni psicologiche condotti da psicologi specializzati, volti a verificare attitudini, equilibrio mentale e capacità di leadership, soprattutto per le posizioni di vertice. Nel corso della carriera, valutazioni psicologiche sono previste solo per incarichi dirigenziali e la salute mentale dei magistrati è tutelata da un accesso uniforme all’assistenza sanitaria sul lavoro, comprensiva del supporto psicologico.
In Germania, le valutazioni psicologiche - condotte da ufficiali pubblici dell’ufficio sanitario competente - possono avvenire solo in casi specifici, ad esempio quando sorgono dubbi sull’idoneità al servizio. Ogni Land dispone inoltre di commissioni per la gestione della salute sul lavoro, incaricate di promuovere strategie di prevenzione e sostegno al benessere mentale.
In Spagna, il sistema non prevede test psicologici né per l’ingresso nella magistratura né durante la carriera, sebbene in passato siano state avanzate proposte legislative – mai approvate – per introdurli nella fase di accesso alla Scuola giudiziaria. Tuttavia, il Consiglio generale del potere giudiziario (Cgpj) ha adottato misure di prevenzione e tutela della salute mentale dei magistrati, indicate nel documento “La Protección Social de la Carrera Judicial” del 2021.
Nel febbraio 2024, la Commissione nazionale per la salute e la sicurezza ha proposto l’aggiornamento del sistema di monitoraggio dei rischi e la redazione di un Risk prevention plan, volto a valutare i carichi di lavoro e migliorare le condizioni di benessere dei giudici, introducendo linee guida per la salute mentale negli uffici giudiziari. In linea generale, in Spagna tali strumenti sono considerati utili per migliorare la salute e la qualità della carriera giudiziaria e per rafforzare l’autonomia e il prestigio della magistratura, purché fondati su regole fisse e predeterminate che evitino discrezionalità.
In Svezia e Slovenia non esistono procedure di valutazione psicologica obbligatorie per la magistratura. In Svezia, però, sono previsti test logici e orali per gli incarichi dirigenziali e l’accesso a medici e psicologi del tribunale in caso di stress o turbamento legato alla funzione. In Norvegia, test psicologici e di gestione sono richiesti solo per i presidenti dei tribunali, con l’intenzione di estenderli anche ai giudici ordinari. In caso di problematiche di salute mentale, la Corte, con il supporto dell’amministrazione giudiziaria, può attivare procedure di confronto e intervento interno. In Danimarca, test o corsi di prova condotti da psicologi autorizzati vengono utilizzati solo per i candidati a posizioni di vertice, su decisione del Consiglio per le nomine giudiziarie. Non sono invece previsti ulteriori test durante la carriera.
In Ungheria e Lituania, i test psicologici sono un requisito per l’ingresso nella magistratura e valutano idoneità, personalità, intelligenza e caratteristiche psicologiche rilevanti. In Lituania sono previsti anche controlli periodici ogni cinque anni. In Ungheria, ulteriori valutazioni psicologiche possono essere effettuate solo in caso di inidoneità medica o comportamentale, e in caso di esito negativo è prevista la possibilità di revisione. La Croazia richiede un test iniziale per tutti i candidati alla magistratura, seguito da colloqui e valutazioni del lavoro pregresso. La Bulgaria, invece, non prevede alcuna valutazione psicologica. La Romania rappresenta un caso particolarmente articolato: i test psicologici sono obbligatori sia per l’ingresso nella magistratura che per le nomine dirigenziali e vengono ripetuti ogni cinque anni. Il sistema, sviluppato attraverso il progetto Cpci, utilizza questionari e piattaforme informatiche dedicate per garantire la riservatezza e la tracciabilità dei dati. Le prove valutano competenze cognitive, tratti di personalità, gestione dello stress e capacità relazionali; in caso di esito negativo, è previsto un programma di consulenza o la possibilità di nuova perizia e riesame.
Nei Paesi Bassi, i test sono utilizzati nella fase di selezione dei magistrati per valutare attitudini, equilibrio mentale e potenziale di crescita, ma non per identificare psicopatologie. Durante la carriera, la valutazione psicologica è prevista solo per avanzamenti a posizioni di responsabilità, anche a fini di formazione personalizzata.
Infine, altri Paesi europei come Belgio, Lussemburgo, Repubblica Ceca e Portogallo prevedono test psicologici e colloqui nei processi di selezione, generalmente finalizzati a valutare competenze cognitive, attitudini personali e capacità relazionali dei candidati, con modalità e livelli di approfondimento variabili. Insomma, in Europa i test non rappresenterebbero modelli di profilazione psicologica dei magistrati, ma solo strumenti di verifica dell’idoneità e di tutela del benessere psichico. E se regolati da criteri chiari e garanzie di riservatezza e ricorso sono perciò compatibili con l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e possono anzi rafforzarne il prestigio e la qualità professionale.
Ora tocca al plenum stabilire se, alla luce di queste esperienze, anche l’Italia può davvero sentirsi al sicuro nell’introdurre i test psico-attitudinali per i futuri magistrati. E una proposta potrebbe essere quella di spostare il test psico-attitudinale al termine del tirocinio di 18 mesi, su segnalazione dei magistrati affidatari che hanno osservato il candidato sul campo, per evitare un controllo generalizzato iniziale e verificare l’idoneità psichica alle funzioni dopo un effettivo “stress test” operativo.