Si è svolta ieri mattina in Corte costituzionale l’udienza pubblica sulla nuova formulazione del reato di traffico di influenze illecite, introdotta dalla Riforma Nordio (legge 114/2024). La questione è stata sollevata dal giudice di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla fornitura di mascherine dalla Cina durante la prima fase della pandemia.

L’indagine ha visto il coinvolgimento dell’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto in rito abbreviato dopo l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, e di altri imputati (in rito ordinario) accusati di aver sfruttato relazioni personali per trarre vantaggi economici.

I dubbi di legittimità costituzionale

Il giudice rimettente ritiene che la riforma abbia ristretto eccessivamente l’area di punibilità del reato, riducendo l’efficacia della lotta alla corruzione e potenzialmente violando obblighi internazionali. In particolare, viene richiamata la Convenzione di Strasburgo del 1999, che all’articolo 12 prevede un obbligo per gli Stati di introdurre la fattispecie penale, parametro da valutare alla luce degli articoli 11 e 117 della Costituzione. Gli avvocati difensori – Giorgio Perroni, Alfonso Celotto, Bruno Andò e Luca Ripoli – hanno sostenuto che la norma della legge 114/2024 sia pienamente valida, negando l’esistenza di obblighi internazionali stringenti, né dalla Convenzione di Merida (Onu, 2003) né da quella di Strasburgo. La difesa dello Stato, rappresentata dagli avvocati Lorenzo D’Ascia e Massimo Di Benedetto, ha ribadito la correttezza della scelta legislativa.

Il dibattito in aula

Il relatore prof. Viganò ha posto l’accento sulla differenza lessicale tra le due convenzioni: la Convenzione di Merida prevede che gli Stati “possano considerare” l’adozione della fattispecie, mentre quella di Strasburgo afferma che “ciascuna parte deve adottare”, suggerendo un obbligo più stringente. Secondo i difensori, tuttavia, anche laddove vi fosse un obbligo, spetta comunque ai legislatori nazionali stabilire le modalità di attuazione della lotta alla corruzione. La Consulta dovrà ora valutare se la riformulazione del reato di traffico di influenze voluta dalla Riforma Nordio sia compatibile con gli impegni internazionali assunti dall’Italia e con i principi costituzionali. La decisione è attesa nelle prossime settimane e potrebbe avere un impatto rilevante su procedimenti giudiziari in corso.