Clima tesissimo ieri durante una riunione dei deputati di maggioranza della commissione Giustizia di Montecitorio, allargata alla presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo, al viceministro Francesco Paolo Sisto e al sottosegretario Andrea Delmastro. Secondo diverse fonti parlamentari, sarebbero risuonate urla, e più di qualcuno avrebbe abbandonato il tavolo prima del termine della discussione. Pomo della discordia: la proposta di legge sui limiti ai pubblici ministeri nel sequestro degli smartphone.

Da un lato Forza Italia chiede che il provvedimento venga approvato dalla Camera senza modifiche rispetto a quello passato già in Senato. Dall’altra parte il partito di Giorgia Meloni che, al contrario, vorrebbe emendarlo, dopo gli allarmi lanciati nelle audizioni da alcuni magistrati. Ciò significherebbe che il testo dovrebbe tornare nuovamente all’attenzione di Palazzo Madama, allungando così i tempi di approvazione. Com’è noto la norma intende introdurre nel codice di procedura penale l’articolo 254- ter (“Sequestro di dispositivi e sistemi informatici o telematici, memorie digitali, dati, informazioni, programmi, comunicazioni e corrispondenza informatica inviate e ricevute”) anticipando il controllo giurisdizionale di un giudice terzo sia nel momento della apprensione materiale dei dispositivi, sia all'atto dell'accesso fisico ai dati in essi contenuti. Estendendo dunque a questa procedura l’identica disciplina delle intercettazioni, si vogliono evitare accessi indiscriminati e senza controlli ai nostri dispositivi elettronici, in linea con quanto stabilito anche da una sentenza della Corte di Giustizia Ue.

Il tutto era nato su iniziativa del senatore azzurro Pierantonio Zanettin e della senatrice della Lega, e presidente della commissione Giustizia al Senato, Giulia Bongiorno. Poi era intervenuto il loro collega di Fratelli d’Italia Sergio Rastrelli, con un emendamento concertato con il governo. E il via libera era arrivato il 10 aprile 2024. Ma adesso alla Camera, Fratelli d’Italia vuole rimettere tutto in discussione. A spingere di più per apportare modifiche è appunto Colosimo, sensibile alle critiche mosse alla norma in particolare dal procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo. Infatti dal partito maggior azionista del governo sarebbe arrivata la proposta di creare una eccezione per i reati di mafia: accedere senza autorizzazione ai dispositivi e acquisire il materiale da parte degli investigatori e dei magistrati inquirenti e poi, solo dopo, attendere l’autorizzazione del gip.

Questo cambiamento, che accoglierebbe dunque il grido di dolore delle Procure, non va giù però a Forza Italia che, in primis con il deputato Enrico Costa, chiede da giorni che non si arretri di un millimetro e si giunga nell’Aula di Montecitorio il 27 ottobre, senza alcun passo indietro. Da parte di Fratelli d’Italia, grazie anche a una mediazione di Delmastro, si sarebbe proposto invece di far passare questi emendamenti con la promessa di un iter veloce nel terzo passaggio al Senato. Tuttavia dall’altra parte sarebbe arrivata una controproposta: via libera alle modifiche ma da inserire in un altro provvedimento.

Anche perché - è stato ricordato dai parlamentari azzurri a quelli di Fratelli d’Italia - si è al cospetto di una norma che ha già avuto il placet della maggioranza al Senato e “non ci si può svegliare adesso rimettendo mano a tutto, come se non si sapesse cosa è avvenuto nell’altra Camera e quali accordi erano già stati presi”, come ci spiega una fonte che ha seguito da vicino il dossier.

Nella diatriba - presente all’incontro la capogruppo Ingrid Bisa - la Lega resta a guardare, pure perché, come già ricordato, la norma è nata appunto su impulso, tra gli altri, della responsabile Giustizia del Carroccio. Per adesso dunque non c’è intesa, si vedrà nelle prossime settimane. A proposito di riforme, è proseguita ieri, in commissione Affari costituzionali al Senato, la discussione sul ddl separazione carriere, giunto alla quarta e ultima lettura parlamentare. “Entro domani (oggi, ndr) alle 10 i gruppi mi comunicheranno l'elenco di tutti coloro che vogliono ancora intervenire. Quando avremo il numero, faremo un cronoprogramma d'accordo con i capigruppo”, ha spiegato a Public Policy il presidente dell’organismo di Palazzo Madama Alberto Balboni (FdI), relatore del testo atteso in Aula per il 23 ottobre, prima della Manovra.