L’esercizio di professioni sotto forma di società costituisce automaticamente la base imponibile per l'Irap, senza la necessità di verificare specificamente l'esistenza di un'organizzazione autonoma in quanto deducibile dalla forma di esercizio dell’attività. Questo è quanto ha stabilito recentemente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23283/ 2023. L'origine della controversia risale a un ricorso avanzato da un'associazione di professionisti, la quale chiedeva il rimborso dell'Irap pagata tra il 16 dicembre 2009 e il 30 novembre 2012. L'associazione sostenne che l'obbligo di versare l'imposta non sussistesse, poiché mancava una struttura organizzativa autonoma, requisito previsto dal Decreto Irap. Inizialmente, la Corte respinse tale richiesta, ma la Ctr Campania modificò la decisione di primo grado, affermando che l'autonomia organizzativa non poteva essere dedotta unicamente dalla collaborazione nella pratica professionale.

Secondo questa nuova interpretazione, era necessario dimostrare la presenza di risorse finanziarie e lavoro condiviso, andando oltre l'impegno individuale dei membri. In risposta, l'AdE presentò un ricorso in Cassazione, il cui argomento centrale si basa sull'accusa di violazione e erronea applicazione degli artt. 2 e 3 del dlgs. 446/ 1997. La Corte Suprema ha chiaramente stabilito che l'Irap si applica automaticamente all'esercizio collettivo di professioni sotto forma di società, senza richiedere una prova specifica dell'autonomia organizzativa, poiché questa è implicita nella struttura dell'attività stessa. Inoltre, la Corte ha ribadito che l'Irap può essere esclusa solo dimostrando l'assenza di attività collettiva produttiva. Pertanto, l'applicazione dell'imposta alle attività professionali associate è la norma, a meno che non si dimostri chiaramente il contrario.