«Questa difesa, nel rispetto delle vittime e delle persone offese, non ritiene debba accogliersi il richiamo alla ragion di Stato, tale da indurre alla meschinità della tutela della tradizione di un popolo che si proietta nel mare, nel rispetto della sua legge, per confinare, quindi, la tragedia nell'oblio delle fatalità. La tradizione di un popolo si tutela con la verità». Si conclude così la memoria depositata in procura a Crotone dal team di avvocati - Francesco Verri, Luigi Li Gotti, Mitja Gialuz e Vincenzo Cardone - che segue i familiari delle vittime del naufragio di Cutro, nel quale hanno perso la vita 86 persone. Un documento, lungo 35 pagine (che in parte avevamo anticipato qui), che contiene fatti, norme e domande, elementi da mettere insieme per capire se l’ennesima strage di migranti poteva essere evitata.

Gli avvocati vogliono trovare le risposte ad alcune domande ritenute fondamentali per comprendere la verità, la stessa chiesta oggi dai familiari alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che di fronte al dolore ha, di fatto, ribadito un concetto già espresso dal ministero dell’Interno Matteo Piantedosi, chiedendo se fossero consapevoli dei rischi legati alle traversate nel mar Mediterraneo. A rispondere sono stati gli afghani, che hanno ricordato di essere stati abbandonati in un Paese dove non si può vivere, dal quale è naturale desiderare fuggire. I legali hanno buttato giù, principalmente, tre domande. Quali obblighi impongono le norme nazionali e internazionali vigenti e il diritto vivente alle autorità competenti in casi come quello di Cutro? In base a tali norme e al diritto vivente, a seguito della segnalazione di “mayday” ricevuta dalla Capitaneria di Porto di Roccella Ionica il 24 febbraio 2023 alle 20.51, del messaggio di “distress” (emergenza o pericolo) diramato dall’Imrcc a tutte le navi in transito nel Mar Ionio sabato 25 febbraio 2023 alle ore 04.57 (caso SAR 384) e dell’avvistamento della barca poi naufragata da parte di Frontex sabato 25 febbraio alle ore 23.03, è sorto un dovere di intervento e, in specie, di ricerca e soccorso (Sar) in capo alle autorità competenti? E infine, quando hanno appreso da Frontex la notizia che una barca con persone a bordo si dirigeva verso le coste e autorità hanno operato in conformità?

«Per certi aspetti - si legge nella memoria -, le conclusioni sono tali nel vero senso della parola; per altri, esse consistono in interrogativi per rispondere ai quali occorrono indagini che i sottoscritti si permettono di sollecitare alla Procura della Repubblica sempre che esse non siano già in corso». L’obiettivo prioritario è «la ricerca della verità - continuano i legali - per il rispetto che il Paese deve, in tutte le sue componenti, alle bambine e ai bambini, alle donne e agli uomini che, in quanto perseguitati, avevano diritto di giungere in Europa per chiedere la protezione internazionale ma sono morti a poche decine di metri dalla meta, e ai loro familiari».

Gli avvocati inanellano alcuni fatti noti, a partire dal mayday ricevuto dalla Capitaneria di Porto di Roccella Jonica alle 20.51 del 24 febbraio 2023 e dal messaggio di distress diramato dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo il 25 febbraio alle 4.57 circa una possibile barca in una situazione di emergenza, per la quale veniva aperto l’evento Sar 384. Gli avvocati hanno poi ribadito la segnalazione di Frontex, impegnato nell’operazione Themis, «che prevede un focus specifico sull’applicazione e il rispetto della legge, e cioè sull’attività di contrasto, continuando a includere la ricerca e il soccorso come componente cruciale». Cosa nota anche alle autorità, che alle 22.26 del 25 febbraio hanno ricevuto la posizione precisa della nave, che navigava a 6 nodi con mare forza 4, con una forte risposta termica proveniente dagli oblò e senza salvagenti a bordo. Il tutto considerando anche la familiarità, in quel tratto di mare, di eventi simili, tant’è che la stessa memoria cita ad esempio uno sbarco avvenuto solo due anni fa: il 9 settembre 2021, «le cronache giornalistiche hanno riportato la notizia di una “barca a vela con 97 migranti soccorsa in mare nel Crotonese” e segnatamente di un intervento congiunto della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza per trarre in salvo gli occupanti della barca avvistata al largo di Isola Capo Rizzuto “in balia delle onde” e “con mare forza 5” e scortarla fino al porto di Le Castella». Insomma, l’intervento congiunto era plausibile, ma quella notte, nonostante entrambi i corpi fossero informati della situazione, si sono attivate solo le Fiamme Gialle, partite per un’operazione di polizia mai conclusa per via delle avverse condizioni meteomarine.

I legali citano le fonti normative di riferimento, che stabiliscono «in maniera univoca il primato assoluto dell’obbligo di salvaguardare la vita umana in mare, rispetto a tutte le altre finalità connesse alla sorveglianza delle frontiere marittime: l’obbligo di ricerca e soccorso in mare è disposizione di diritto consuetudinario chiara, precisa e incondizionata - continua la memoria -. Sulla scorta di tale previsione di diritto internazionale generalmente riconosciuta, quando si tratta di azioni di salvataggio della vita umana in mare, è improprio parlare di “immigrazione clandestina”. L’articolo 98 della Convenzione Unclos fa infatti riferimento ad “ogni persona” e le previsioni più importanti delle Convenzioni Sar e Solas vietano qualsiasi discriminazione sulla base dello status delle persone da soccorrere in mare. La Convenzione di Amburgo Sar (1979) impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare senza distinguere a seconda della nazionalità o dello stato giuridico. A questo complesso di norme occorre aggiungere che il Consiglio d’Europa, nella Raccomandazione a firma della Commissaria per i diritti umani dal titolo “Vite salvate. Diritti protetti” pubblicata nel mese di giugno del 2019, ha precisato che “le imbarcazioni che trasportano rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono invariabilmente sovraffollate, inadatte a lunghi viaggi, soprattutto in caso di mare mosso, e non hanno generalmente un equipaggio competente né attrezzature per la navigazione. Di conseguenza, tali imbarcazioni dovrebbero essere considerate in pericolo dal momento stesso in cui iniziano il loro viaggio. di conseguenza, risulta chiara la necessità di una maggiore capacità di soccorso per affrontare simili sfide”». Un’impostazione fatta propria anche dalla procura di Agrigento, che ha archiviato i responsabili della “Mare Jonio” «proprio in ragione del pericolo in cui versano, di base, sin dall’inizio del viaggio, le imbarcazioni che trasportano migranti». Ma non solo: il Tribunale di Roma, con la sentenza “Libra”, «ha confermato che l’obbligo di ricerca e soccorso in mare delle persone costituisce un vincolo per ogni soggetto, pubblico o privato, in ogni parte del pianeta, alla luce del diritto consuetudinario».

Secondo i legali, tutti questi dati messi insieme portano a concludere la necessità di ulteriori accertamenti. «È oggettivo il fatto che la sera del 25 febbraio, alle ore 23.03, Frontex abbia segnalato un natante con le rilevate caratteristiche di presenza di persone sottocoperta e molti oblò aperti, nonché con condizioni di mare forza quattro. L'immagine di una sola persona in coperta, non alla guida dell'imbarcazione, in uno con la risposta termica proveniente dagli oblò aperti, nonostante le condizioni del mare, appaiono conducenti a ritenere trattarsi di un trasporto di persone, peraltro in assenza visibile di supporti di salvataggio», si legge nella memoria. Gli elementi oggettivi, dunque, «consentivano di configurare una situazione, meritevole di attenzione con monitoraggio delle condizioni del natante e del mare». La scelta, comunicata dal ministro dell'Interno in Parlamento, di intervento della Guardia di Finanza per un’operazione di polizia, «doveva comunque tenere in considerazione l'articolo 7 del Decreto del ministero dell'Interno 14.7.2003, secondo cui "nell’assolvimento del compito assegnato l’azione di contrasto è sempre improntata alla salvaguardia della vita umana ed al rispetto della dignità della persona”». Si sarebbe potuto evitare, dunque, «assegnando a questo tragico evento i crismi della singolarità nel confronto con le tante tragedie e naufragi, costate la perdita di migliaia di vite umane, e il salvataggio eroico, da parte dei nostri Corpi, di un numero ancor più grande di vite».

I legali, dunque, chiedono di approfondire:

1. l’eventuale riferibilità all’imbarcazione naufragata della richiesta di aiuto (mayday), ricevuto dalla Capitaneria di Porto di Roccella Ionica, alle ore 20.51 del 24 febbraio;

2. l’eventuale riferibilità all’imbarcazione naufragata del messaggio di distress (emergenza e pericolo) a tutte le navi in transito nel mare Ionio, con apertura di "Sar case 384";

3. l'eventuale rintraccio del natante da cui è partito il "mayday" di cui sopra;

4. l'individuazione delle coordinate della posizione del natante da cui è partito il “mayday”;

5. l'esclusione del naufragio di un natante nel tratto di mare antistante la costa ionica centro meridionale della Calabria;

6. chi abbia ricevuto e valutato la segnalazione di Frontex delle ore 23.03 del 25 febbraio, pervenuta al Centro di Coordinamento Nazionale presso il Ministero dell'Interno con indicazione di una sola persona sopracoperta, gli oblò di prua aperti, mare forza 4, la presenza di persone sottocoperta con la risposta termica proveniente dagli stessi oblò, l'assenza di salvagenti a bordo;

7. se, a chi e con quale contenuto, sia stata diramata la segnalazione di Frontex, dal Centro di Coordinamento Nazionale di cui sopra;

8. se vi siano state, da chi a chi e a che ora, altre segnalazioni o disposizioni circa la comunicazione pervenuta da Frontex, alle 23.03 del 25 febbraio;

9. se sulle decisioni assunte a ogni livello abbiano influito l’Accordo operativo del Ministero dell’Interno del 14.9.2005 e/o qualsiasi altra direttiva, in qualunque modo impartita, di interpretazione del (e, in caso, in contrasto con il) diritto del mare quale risulta dalle norme nazionali e internazionali e dalla giurisprudenza sopra richiamate;

10. se la Guardia di Finanza, preso atto che le condizioni meteomarine rendevano impossibile la navigazione della motovedetta V.5006 della Sezione Operativa Navale Gdf di Crotone e del Pattugliatore Veloce P.V. 6 “Barbarisi” del Gruppo Aeronavale Gdf Taranto abbia segnalato la circostanza alla Capitaneria di porto di Crotone e come, nel caso, abbia risposto quest’ultima;

11. perché il 9 settembre 2020 (e in molti altri casi) la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera abbiano soccorso un’imbarcazione con 97 persone a borde in balia delle onde con mare forza 5 diretta sullo stesso tratto di costa, a differenza della notte del 26 febbraio 2023.