«Sei italiani su dieci (59,3%) si esprimono favorevolmente» in merito alla separazione delle carriere, «in affinità con il dibattito introdotto dal Governo in carica sul tema, contro il 40,7% di chi si dichiara, invece, contrario»: è quanto emerso dal Rapporto 2025 dell’Eurispes.

A questo dato si aggiunge un calo di tre punti del consenso nei confronti della magistratura rispetto al 2024: «Se a dirsi fiducioso è, infatti, il 43,9% degli italiani, il 46,5% si esprime, al contrario, in maniera negativa». Questi numeri fotografano una situazione non incoraggiante per giudici e pubblici ministeri impegnati nella campagna pre-referendaria sulla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario.

La percentuale degli italiani favorevoli alla separazione negli anni è stata più o meno sempre la stessa. Quindi non è tanto questo l’elemento che preoccupa le toghe, consapevoli del fatto che il Governo e i suoi azionisti non avrebbero mai investito così tanto politicamente su questa riforma invisa ai cittadini. L’elemento più preoccupante è, invece, il calo di fiducia rispetto all’anno scorso, proprio in un momento in cui l’Anm si sta impegnando nei palazzi, nelle piazze e sui social network per convincere i cittadini che a loro parere quella di Nordio è una riforma sbagliata.

C’è anche da considerare che il quesito è stato proposto ai cittadini nei mesi di marzo e aprile, quindi dopo lo sciopero dell’Anm del 27 febbraio, e questa sovraesposizione dei magistrati nelle risposte fornite dagli interrogati potrebbe aver pesato. C’è poi un altro dato che dovrebbe mettere in allarme non solo i magistrati ma anche quelle parti politiche, in primis il Partito democratico, che stanno contrastando fortemente la riforma in Parlamento. Infatti se è pacifico che «si esprimono positivamente sulla separazione delle carriere dei magistrati i rispondenti di destra (71,7%) e centro-destra (71,6%), in affinità con il Governo in carica» tra i rispondenti di sinistra, «una quota minoritaria (ma non trascurabile) del 47,5% si dichiara favorevole alla separazione delle carriere», nel «centro-sinistra: 60% di favorevoli».

Insieme alla magistratura, scendono i consensi anche nei confronti del Parlamento (dal 33,6% al 25,4% di quest’anno) e dell’Esecutivo (dal 36,2% del 2024 al 30,2%), in linea con il trend degli ultimi anni. Al contrario, cresce sempre più quella nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal 60,8% del 2024 al 63,6% del 2025. E’ lecito dunque chiedersi come il calo di fiducia nei confronti del Governo, si accordi con l’aumento di quella verso la riforma della giustizia, sbandierata proprio come la madre di tutte le riforme da questo stesso esecutivo. Mettendo insieme i dati, si potrebbe ipotizzare che la modifica costituzionale targata Nordio venga percepita favorevolmente non tanto per le implicazioni specifiche normative che comporta, quanto come un colpo ad una delle tante caste che agli occhi dei cittadini si stanno sempre più squalificando.

Certo, ci vorrebbe un’analisi più approfondita anche perché la rilevazione è stata realizzata tramite la somministrazione di domande a risposta chiusa o semichiusa. Un’altra composizione di dati che lo stesso Rapporto descrive come «per nulla scontata» è quella per la quale «l’attrito tra maggioranza e magistratura, evidente negli ultimi mesi, sembra non aver intaccato la fiducia degli elettori che si dichiarano di destra e che nel 62,4% dei casi si sentono fiduciosi nei confronti della magistratura. Ma ancora di più, questa categoria è, tra tutte, quella dove l’apprezzamento è massimo in termini percentuali. Anche nel centrodestra, con il 48,4% delle indicazioni positive si riscontra un buon numero di elettori a favore della magistratura».

Quindi in pratica a molti elettori di centrodestra piacciono le toghe ma allo stesso tempo ritengono necessaria la separazione delle toghe, osteggiata dagli stessi giudici e pm. Anche qui occorrerebbe una riflessione più ampia, difficile da esaurire con solo questi numeri a disposizione. Comunque, la riforma costituzionale dovrebbe approdare nell'Aula della Camera nel mese di luglio per la terza lettura. È quanto emerso al termine della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che ha stilato il programma trimestrale dei lavori. L’intenzione del Governo è stata confermata dal capogruppo di FdI Galeazzo Bignami che ha spiegato: «È in dirittura d'arrivo, il Senato dovrebbe licenziarla a breve e poi arriverà alla Camera». Infatti la comparsa nell’Aula di Palazzo Madama è prevista per l’11 giugno, senza probabilmente avere la possibilità di dare il mandato al relatore e senza aver terminato l’esame di tutti gli emendamenti.