Due smentite e qualche considerazione. Molti amici da altre Regioni ci hanno chiamato per segnalarci l’esordio dell’editoriale firmato da Marco Travaglio sul Fatto quotidiano di ieri («Non vogliamo credere a un amico avvocato, secondo il quale il pm Carlo Nordio era simpaticamente noto negli ambienti giudiziari veneziani come “el Mona”»), non tanto per chiederci conto della confidenza, ovviamente falsa (prima smentita), raccolta da Travaglio, quanto per chiederci chi potesse essere l’“amico avvocato” delatore di tale stupidaggine. Stupidaggine perché il Ministro, come magistrato, poteva piacere o non piacere, ma tutta la classe forense gli riconosceva intelligenza, cultura e, soprattutto, a differenza di una moltitudine di nani e ballerine, onestà intellettuale. Lui era un avversario leale, un interlocutore affidabile, un uomo di parola.

Ovviamente, dunque, non esiste (seconda smentita) alcun avvocato, degno di toga, che possa essere amico di Marco Travaglio, perché l’amicizia presuppone comunanza e affinità di idee che ci separano ineluttabilmente dal direttore del Fatto quotidiano.

Ma l’ironia finisce qui, perché l’editoriale in questione è l’ennesima riprova di come un organo di informazione possa inquinare ogni possibile sereno dibattito sulla giustizia penale, coltivando e solleticando i più biechi e pruriginosi istinti giustizialisti.

Invocando le indagini di questi giorni per screditare una battaglia, quella sulla e per la separazione delle carriere, Travaglio, non potendo o non volendo confrontarsi con le idee e le ragioni dell’avvocatura, ha deciso di puntare la sua macchina del fango - sempre pronta - contro il ministro Nordio, reo (l’espressione non è casuale) di avere rimesso al centro del confronto un tema sul quale le Camere Penali (già attinte in passato dai suoi schizzi di fango) assieme al libero Foro raccolsero decine di migliaia di firme per una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare depositata in Parlamento.

Ancora una volta Travaglio non ha perso l’occasione di manifestare tutta la propria fobia (non vi è altro modo per definirla) per garanzie e diritti, che per lui sono soltanto un ostacolo a quella “giustizia del popolo” che tanto lo affascina.

Purtroppo per lui è finita l’epoca di un ministro come Alfonso Bonafede, pronto a confondere imputati e condannati, sentenze e condanne, indagini e sentenze.

Dopo quella trista parentesi, in cui si è toccato probabilmente il fondo in via Arenula, Cartabia, prima, e Nordio, ora, ci ricordano che esistono ancora principi e regole, posti a tutela di tutti. Parce sepultis, “Misfatto”!

FEDERICA SANTINON – presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia

FEDERICO VIANELLI – presidente dell'Unione delle Camere Penali del Veneto

RENZO FOGLIATA – presidente della Camera Penale Veneziana