Scontro tra Forza Italia e il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo. Pomo della discordia: la sua audizione in Commissione giustizia della Camera in merito alla pdl “modifiche al codice di procedura penale in materia di sequestro di dispositivi, sistemi informatici o telematici o memorie digitali”.

Il provvedimento prevede in sintesi l’assimilazione alle intercettazioni dei presupposti del sequestro di contenuti comunicativi, per cui il controllo giurisdizionale deve essere affidato ad un giudice terzo e non più a un pubblico ministero, sia nel momento della apprensione materiale dei dispositivi, sia all’atto dell’accesso fisico ai dati. La norma era stata approvata al Senato nell’aprile 2024. Nasceva su iniziativa del senatore azzurro Pierantonio Zanettin e della senatrice della Lega Giulia Bongiorno. Era stata poi emendata dal governo in un articolato più ampio, che complica la discussione mettendo in gioco più profili a livello normativo.

Secondo Melillo, «il disegno di legge costituisce una preoccupazione che riguarda anche la sorte delle indagini in materia di criminalità mafiosa, perché alcune soluzioni prefigurate nel testo approvato al Senato destano davvero allarme». Secondo il magistrato, per colpa della nuova disciplina in discussione, «la documentazione informatica, faticosamente acquisita, non costituirebbe più prova» per numerosi delitti. In pratica avrebbe «un impatto disastroso». «Non è in discussione la necessità di un deciso rafforzamento delle garanzie difensive» ha specificato il procuratore, tuttavia, ha denunciato «la pesantezza dell’architettura procedurale prevista» e le conseguenze negative per la «cooperazione internazionale».

Sconcerto da parte di Zanettin: «Resto sinceramente sorpreso dalle severe critiche» espresse da Melillo per cui «si paralizzerebbero le inchieste antimafia». «Critiche infondate e pretestuose – secondo il capogruppo di Fi in commissione Giustizia a Palazzo Madama - che peraltro contrastano con tutto il percorso politico e di analisi in sede accademica che il disegno di legge ha svolto finora». La posizione di Melillo, per Zanettin, «dimostra ancora una volta come certa cultura dell’antimafia rimanga refrattaria ai più elementari principi garantisti, su cui peraltro si è espressa con la sua autorevolezza anche la Corte costituzionale». Il riferimento è alla sentenza 170/2023 sulla vicenda Open: anche i messaggi di chat e di posta elettronica archiviati sono corrispondenza che pertanto merita una tutela rafforzata.

Critico anche il deputato di Forza Italia, Enrico Costa: mentre da un lato «il dottor Parodi e gli auditi hanno svolto interventi anche critici, ma sempre costruttivi, sui quali concentreremo la nostra attenzione» e grazie ai quali «il confronto è stato molto utile», dall’altro lato «è rimasto isolato chi ha provato a usare la Commissione Giustizia come un palcoscenico per creare un allarmismo ingiustificato e colpire le norme garantiste all’esame del Parlamento con sproporzionata virulenza, secondo il solito schema in base al quale ogni proposta liberale si trasforma in un ostacolo per le indagini». Il riferimento è appunto al Pnaa a cui si rivolge poi direttamente: «Mi piacerebbe che il dottor Melillo andasse a vedere quante ingiuste detenzioni, con relativa riparazione, ci sono state durante indagini per criminalità organizzata. Qui stiamo solo cercando di tutelare il diritto alla privacy e alla presunzione di innocenza».

Come ha appunto ricordato Costa, tra gli auditi c’è stato anche il presidente dell’Anm Cesare Parodi, per il quale la pdl «determina un aggravio operativo di eccezionale impatto». In particolare l’ipotesi normativa «non prevede in alcun modo un impegno di spesa, pur a fronte di una serie di disposizioni che non soltanto sul piano strettamente organizzativo in relazione all’attività dei magistrati e del personale di segreteria - si pensi a avvisi e notifiche - e della pg deve essere ritenuto di singolare impatto, ma che comporta inevitabilmente anche un aggravio di spesa laddove impone accettabilità di accertamento in contraddittorio in numerosi casi dove in precedenza tale atto poteva non essere necessariamente indispensabile». Sul piano dell’efficienza, pertanto, «sotto entrambi gli aspetti il progetto non risulta rispondere a un criterio ottimale, anche considerando che creerà una serie di aspettative legittime da parte dei difensori che ben difficilmente gli uffici giudiziari potranno soddisfare in maniera tempestiva e adeguata in base alle attuali condizioni di lavoro» ha concluso Parodi.

Tra gli auditi anche l’avvocato Luigi Miceli, membro della giunta dell’Ucpi: «Abbiamo chiesto l’adeguamento della disciplina ai principi sanciti dalla Direttiva Ue 2016/680 del 27 aprile 2016, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la recente sentenza del 4 ottobre 2024: i presupposti per l’accesso devono essere definiti in modo sufficientemente chiaro e preciso, nel rispetto del criterio di proporzionalità e del conseguente principio di “minimizzazione dei dati” e l’accesso deve essere subordinato ad un controllo preventivo di un giudice o di un organo amministrativo indipendente che, anche secondo la recente sentenza della Sesta Sezione della Corte di Cassazione del 1° aprile 2025, non può essere esercitata dal pubblico ministero, per la sua natura di parte processuale, a prescindere dal suo statuto di autonomia».