Goffredo Bettini, che era un politico raffinato e ora è un intellettuale-politico, ha mandato un messaggio ai suoi compagni di partito in merito alla riforma della costituzionale sulla divisione tra il ruolo di pubblico ministero e quello di giudice chiedendo l’adesione del Pd. La riforma, egli sostiene non una prerogativa della destra ma un principio di politica giudiziaria liberale, né di sinistra né di destra, coerente alla Carta Costituzionale che è garanzia di democrazia e divisione dei poteri.

Bettini nella sua lettera a Il Foglio fa una dichiarazione di principi da giurista e non so se lo sia, anche se so che il padre era un grande avvocato e lui ha «respirato aria giuridica». «Il potere giudiziario», diceva il padre, «è sempre un potere, e come tutti i poteri ha bisogno di contrappesi, di cautele, di consapevolezza dei propri limiti». «Il giudice nel processo - ha scritto ancora Goffredo Bettini, non so però se riportando ancora le parole del padre o scrivendone di proprie, rappresenta lo Stato. L’imputato è solo. La sproporzione di forza è immensa». Io sostengo dagli anni 70 che essendo superata la individuazione della magistratura come “ordine”, come scrive la Costituzione, e non solo in Italia, essa è diventata “potere”.

L’avvocato Vittorio ha avuto intuizioni molto precoci e valide più che mai nell’attuale realtà nella quale la prevalenza del giudiziario sulla politica e sull’esecutivo è sotto gli occhi di tutti, e quindi la magistratura, a differenza del passato, esercita un potere che va controllato. Bettini continua «non si tratta di fare la guerra ai magistrati, come troppo spesso avviene nella polemica pubblica» anche sulla separazione delle carriere, «ma di rimettere al centro il principio di equilibrio, come nella nostra Costituzione, come nella grande lezione del liberalismo di sinistra». Come può il Pd non tener conto di un’analisi così puntuale, così adeguata allo “stato di diritto” che tutti auspichiamo di realizzare. E dunque, approfondiamo il problema. La distinzione tra il ruolo del pm e quello del giudice non la distinzione delle carriere, ( Concetto Marchesi il grande “purista” che ha “ripulito “le norme della Costituzione non avrebbe consentito che in Costituzione si usasse la parola “carriera“, parola in ogni caso disadorna!) è una riforma sacrosanta che doveva essere approvata già negli anni 90. Il dibattito su questo argomento dura da anni, ma in particolare dal 1989, quando il Parlamento, per impulso di un grande giurista come Giuliano Vassalli, ha dato vita ad un diverso processo penale qualificato come “accusatorio” in sostituzione del “vecchio” processo “inquisitorio”.

L'unità della giurisdizione, stabilita in Costituzione, è quindi superata e non più attuale, e la enfatizzazione della fase delle indagini ha oscurato il processo penale determinando anomalie molto gravi. Il nuovo processo presupponeva una nuova “cultura” da acquisire da parte degli operatori della giustizia, e una modifica costituzionale. Vassalli e il sottoscritto, che all'epoca era presidente della commissione Giustizia, avevamo ripetutamente avvertito che senza una distinzione costituzionale dei ruoli ( pm e giudici) il processo penale sarebbe stato falsato. La riforma ha un significato strutturale riferito alla concezione del processo, che attualmente purtroppo dà grande importanza alla fase preparatoria dell'indagine e non al confronto tra le “parti” in una pubblica contesa alla presenza di un giudice terzo. Come possa non essere accettata, da parte della magistratura, una simile soluzione, istituzionale

e organizzativa al tempo stesso, è un mistero perché nessuno più dei magistrati conosce le dinamiche del processo penale e della crisi che esso attraversa. La riforma è dunque sistematica: serve a qualificare il pm come “parte” che deve restare indipendente ma non privilegiata. E il “privilegio” ( che non si spiega in un processo di “parti”) ha avuto un’influenza molto negativa sull’opinione pubblica: tutte le notizie che la stampa trasmette sull'esercizio dell'azione penale qualificano il pm come giudice, quindi come uno che giudica, non come uno che accusa. Anche il molto noto pm Antonio Di Pietro veniva, ahimè, chiamato giudice. La magistratura difende il suo potere anomalo, la sua prevalenza sulla politica che crea uno squilibrio dannoso.

Ma se esaminiamo per intero la proposta del Governo che è in discussione al Senato scopriamo che essa stabilisce il sorteggio dei magistrati e nientemeno anche dei laici per la formazione dei due futuri Csm: una scelta aberrante che certamente vuol essere è una punizione per la magistratura: un organo costituzionale non può essere dequalificato perché regolato dal lancio di una monetina.

I magistrati attraverso il loro voto determinano la “loro” rappresentanza che non si può ottenere a quel livello senza la partecipazione e senza il protagonismo individuale. E la “rappresentanza” non può avvenire per caso, per una fortuna magari non richiesta e non accettata. Per i laici poi. si tratta una vera e propria umiliazione del Parlamento. Il 95% dei magistrati sono iscritti alle correnti. Le correnti, di per sé, non sono un male, proprio come nei partiti, a patto che abbiano un significato e un valore culturale e non si trasformino in corporazioni, e questo dipende dai soggetti interessati.

Orbene tenuto conto delle dichiarazioni di Goffredo Bettini, io lancio un appello alla magistratura, ma soprattutto al Pd e ai partiti di opposizione, in particolare al senatore Matteo Renzi, che è molto attento a queste problematiche. Chiedo un atto di responsabilità da parte dell’opposizione ma anche della maggioranza.

Aprire un dialogo per approvare tutti insieme la distinzione dei ruoli tra pm e giudici ed evitare il “sorteggio” affinché questo sgorbio istituzionale venga eliminato per far vivere una riforma sistematica che dia un volto moderno e democratico alla magistratura. Tenendo conto anche di alcune modifiche che l’ex presidente del Csm, l’On. Michele Vietti propone che si riferiscono proprio ad una più puntuale posizione del Pm sul piano istituzionale. È interesse della magistratura dialogare perché il Csm non diventi organo amministrativo ma resti un organo rappresentativo di rilevanza costituzionale, aperto a un rapporto con le istituzioni, ed è interesse della minoranza esaltare il ruolo del Parlamento così depresso in questo periodo perché una larga maggioranza nel voto eviterebbe lunghi anni ed evitare il referendum per la soddisfazione di tutti gli italiani. Le discussioni della proposta di legge è stata rinviata a settembre. C’è tutta l’estate per riflettere attentamente.