SUL NO ALLE SPESE MILITARI, IL LEADER 5S VUOLE ANDARE FINO IN FONDO

Di cosa parliamo quando parliamo di spese militari? La domanda è meno insensata di quanto non appaia e la risposta più incerta. Quando, con svolta a U fra le più brusche, Conte è passato dal voto a favore dell'odg per l'innalzamento della spesa per le armi alla Camera alla posizione opposta nel passaggio verso il Senato aveva certo in mente gli umori del suo sempre più sbalestrato bacino elettorale ma anche, e altrettanto certamente, equilibri politici meno ideologicamente marcati. Nell'oscillazione dell'ex premier la guerra ha avuto il suo notevole peso ma ce lo aveva avuto in precedenza anche la pochade dell'elezione del Capo dello Stato e prima ancora il decorso dei rapporti tra il suo traballante partito e quello, sedicente alleato, di Enrico Letta. Il Pd, nei rapporti con i 5S, ha assunto sempre più il ruolo del socio di maggioranza che se consulta quello di minoranza, senza parere vincolante, è già grasso che cola. Il riavvicinamento tra gli arcinemici Conte e Salvini, nei giorni del Colle e di nuovo ora di fronte alla guerra, è conseguenza diretta di una politica del Pd che considera sempre più evidentemente gli alleati, incluso il solo che vanti un vero rilievo, come vassalli votati a seguire, più o meno obtorto collo, le linee del partito- guida della coalizione. Dette linee, però, si riassumevano nella scelta di essere sempre e comunque il partito più ' draghiano' di tutti ma con la guerra lo spettro si è ampliato fino a diventare anche il partito più atlantista. L'aumento della spesa militare ha fornito a Conte il terreno più propizio per smarcarsi. Buona parte della popolazione probabilmente ritiene che, soprattutto con le bollette i prezzi alle stelle, quei miliardi dovrebbero essere allocati a sostegno della popolazione e dell'economia, e non destinati a riempire gli arsenali. In campo, con una potenza che in Italia non va mai sottovalutata, c'è il papa stesso: far passare Conte per una quinta colonna di Putin in questo caso vorrebbe dire muovere la stessa accusa al Vaticano e non è cosa.

Di certo Conte andrà fino in fondo finché la faccenda si gioca sul terreno sminato degli odg. La fiducia che il governo certamente porrà sul dl Ucraina preclude il voto sugli odg in Aula ma non in commissione. La mossa che il governo aveva in mente ieri per evitare il voto sull'odg favorevole alle spese militari di FdI e la conseguente spaccatura della maggioranza era dare parere favorevole. In questo modo il voto sarà superfluo a meno che qualcuno non lo chieda e probabilmente succederà. Ma una spaccatura della maggioranza solo in commissione e su un odg dell'opposizione non sarebbe comunque considerato un incidente rilevante. Conte gioca quindi sul sicuro, con la certezza cioè di non sfidare la crisi di governo.

Le cose potrebbero farsi più difficili quando si dovrà votare la risoluzione di maggioranza sul Def, che dovrebbe essere presentato il 31 marzo. È probabile, anzi quasi certo, che nel Documento sarà quantificato l'aumento della spesa per le armi di quest'anno. Senza una retromarcia di Conte non sarà possibile votare la risoluzione di tutta la maggioranza in appoggio al Def e se le cose andranno così un qualche rischio il governo potrebbe correrlo.

In ogni caso, però, il logoramento dei rapporti con il Pd è già in fase avanzata e probabilmente non recuperabile. Proprio come succede, a destra, tra un Salvini vicino alle posizioni di Conte e una Giorgia Meloni che è invece a braccetto con Letta. Solo che è impossibile, persino nella giostra impazzita della politica italiana, immaginare nuove alleanze di questo tipo, con una resurrezione gialloverde e un abbraccio contro natura fra Pd e FdI. Altrettanto illusorio sarebbe pensare che si tratta di una fase passeggera: la guerra in corso è infatti destinata e condizionare per intero l'intero quadro politico mondiale e nelle diverse nazioni. Una riforma elettorale proporzionalista, che offrirebbe comunque una via d'uscita, sembra essere sempre meno probabile. Dunque le forze politiche si presenteranno al voto con coalizioni che neppure più fingono di poter restare unite.

Nel caos generale che il vaso di Pandora scoperchiato da Putin determina su ogni fronte, l'Italia si avvia ad affrontare le prossime ormai quasi imminenti elezioni politiche nella situazione più confusa e melmosa. Con un'incognita che peserà moltissimo: l'umore degli italiani quando, fra un anno, il peso della crisi sarà un'esperienza sofferta già da mesi.