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LA NOTA
Il vicepremier e ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, ha incontrato l’Ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale della Guardia Costiera. Per Salvini, si legge in una nota, «è stato un lungo e proficuo incontro» per fare il punto della situazione, anche a proposito di immigrazione. DISCORSO PROGRAMMATICO DELLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO IL GOVERNO PARTE DA UNA BASE DI 235 DEPUTATI E 115 SENATORI VOCI DI SCISSIONE IN FORZA ITALIA E I CENTRISTI RECLAMANO POSTI
Prima alla Camera e poi al Senato l’ok al governo Ma gli alleati puntano i piedi sui sottosegretariati
Parlerà di prezzo dell’energia, di crescita del Paese, o meglio, della Nazione, del bisogno di coesione sociale. Ma anche di natalità, di merito e di Made in Italy. E lo farà in un contesto internazionale in cui il presidente francese, Emmanuel Macron ha precisato che quel “vigilare” usato più di una volta dai suoi ministri nei confronti del governo Meloni «non è il termine giusto».
È tutto pronto a Montecitorio per il discorso programmatico della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, cui seguirà il voto di fiducia. L’ultimo passo formale, quello della fiducia alle Camere, perché il governo entri nel pieno delle sue funzioni.
L’intenzione dell’inquilina di palazzo Chigi, spiega una nota di Fd’I, «è quella di tracciare un manifesto programmatico che ambisce ad essere la base di lavoro di un’intera legislatura, a conferma della natura fortemente politica del governo e con l’obiettivo di dare seguito concreto e attuazione agli impegni assunti con i cittadini italiani in campagna elettorale».
Ma dopo il passaggio di consegne cordiale con Mario Draghi e l’incontro informale con Macron, definito «proficuo» da palazzo Chigi, Giorgia Meloni ieri ha dovuto sopportare i tentativi di farsi spazio da parte degli alleati di governo, dalla Lega a Forza Italia, fino a Noi moderati. Il principale tema sul tavolo è quello delle nomine di viceministri e sottosegretari. Su questo punto, se Matteo Salvini non dovrebbe avere troppe pretese, Silvio Berlusconi e Maurizio Lupi sono pronti a dare battaglia. Il primo perché non ha ottenuto quel che voleva come prima richiesta, cioè la guida del ministero della Giustizia, finita all’ex procuratore di Venezia, Carlo Nordio, e non all’ex presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il secondo perché è finito lui stesso fuori dal governo, quando da giorni sembrava invece scontato il suo approdo a ministro per i Rapporti con il Parlamento. Per il cui ruolo è stato invece scelto Luca Ciriani, già capogruppo di Fratelli d’Italia a palazzo Madama e fedelissimo della neo presidente del Consiglio.
«Mi aspetto posti come sottosegretari per i nostri esponenti», ha detto ieri Lupi. Ma le vere grane potrebbero arrivare da Forza Italia, entrata in subbuglio per la scelta dei due capigruppo, cioè Alessandro Cattaneo alla Camera e soprattutto Licia Ronzulli al Senato. Tanto che c’è chi giura che una scissione nel partito sia ormai alle porte, e dei segnali non proprio positivi sono arrivati ieri da Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera in quota Fi. Il quale ha chiesto che vengano ridefinite le cariche dirigenziali nel partito per chi ha ottenuto un posto nel governo, in primo luogo per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che è coordinatore del partito, e per la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, che in Forza Italia è sua vice.
Ma ieri si è fatto sentire anche Maurizio Gasparri, uno è che è alla sua nona legislatura e che di dinamiche di coalizione e di governo se ne intende. In sostanza l’esponente azzurro ha messo in guardia il governo sul fatto che in un’alleanza di governo tutti sono indispensabili, anche perché i numeri a Camera e Senato quello dicono. Ed è per questo che sarà interessante capire i non tanto se il governo otterrà la fiducia, come scontato, ma con quale maggioranza. La base di partenza è di 235 deputati su 400 alla Camera e di 115 senatori su 200 al Senato.
Ma il governo dovrà fare attenzione, non oggi o domani ma nel suo percorso futuro, alle presenze in Aula dei suoi ministri, visto che ben quindici sono parlamentari, di cui nove sono senatori. Nel frattempo però Meloni è determinata a partire con il piede giusto incassando la fiducia del Parlamento, per poi cominciare a lavorare sui vari dossier. Primo tra tutti la legge di Bilancio, da approvare entro fine anno onde evitare l’esercizio provvisirio.