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Enrico Grosso, presidente onorario del comitato, in occasione della conferenza stampa indetta dall’Associazione Nazionale Magistrati ANM di presentazione del “ Comitato a difesa della Costituzione per il No al referendum sulla giustizia”. Sede ANM a Roma Venerdì 31 Ottobre 2025. (foto Mauro Scrobogna / LaPresse) Enrico Grosso, honorary president of the committee, in occasion of the press conference held by the National Association of Magistrates (ANM) to present the "Committee for the Defense of the Constitution for the No to the Referendum on Justice." ANM headquarters in Rome, Friday October 31 2025. (Photo by Mauro Scrobogna /LaPresse)
Convergenze impensabili, ammucchiate improbabili, torsioni di pensiero, contraddizioni solo apparentemente insanabili, contrapposizioni tra appartenenti alla stessa categoria, travolgimenti di schemi erroneamente pensati come immutabili: tutto questo fa emergere la riforma costituzionale della separazione delle carriere.
Quando la posta in gioco è così alta può succedere di tutto. Pure “andare a letto col nemico”. E senza giudizio mettiamo in fila quello che è davanti ai nostri occhi. Guardiamo, per cominciare, quello che è successo tra Governo e Parlamento. Se per il Ministro Carlo Nordio la riforma «valeva un candelabro» per il suo “fratello” di partito Ignazio La Russa «forse il gioco non valeva la candela».
Invece alla Camera, all’interno di +Europa Benedetto della Vedova ha votato a favore, mentre Riccardo Magi al momento del voto non è entrato in Aula. Poi al Senato, dentro Azione, il leader Carlo Calenda ha votato pro riforma, Marco Lombardo invece si è astenuto. E che dire di Matteo Renzi? Da sempre favorevole al divorzio tra giudici e pm, anche lui e il suo partito si sono astenuti «perché la riforma non risolve i problemi della giustizia».
E i grillini? Quando a via Arenula c’era Alfonso Bonafede proposero il sorteggio per i membri del Csm (con la contrarietà del Foglio), ora lo osteggiano fortemente (sempre con la contrarietà del Foglio). E se usciamo fuori dalle Aule e entriamo nei comitati? Gian Domenico Caiazza, avvocato nonché alfiere dell’ex premier Renzi in tema di giustizia, è invece diventato il presidente del Comitato “Sì separa” della Fondazione Luigi Einaudi. Proprio Caiazza in una intervista all’Unità del 17 gennaio diceva: «Dissento fortemente dall’idea di un sorteggio di un organo di rilevanza costituzionale», qualche giorno fa firmava un articolo sul Riformista dal titolo «Chi ha paura del sorteggio dei membri del CSM? La norma che distrugge il potere delle correnti».
Insieme a Caiazza poi nel Comitato troviamo di tutto. Ci troviamo persino Antonio Di Pietro, entrato nel gruppo con il naso storto di qualcuno, che paradossalmente si trasforma in uno dei frontman della campagna per il “‘Sì” ad una riforma che viene portata avanti proprio in nome del suo acerrimo nemico Silvio Berlusconi. Ed infatti l’ex pm di Mani Pulite ripete sempre: «Chi mi dice che questa è una riforma che voleva Berlusconi, mi fa arrabbiare due volte».
Ma in quel comitato, tra i fondatori, c’è anche l’ex capo di gabinetto di Giorgia Meloni e oggi giudice civile a Nocera Luigi Bobbio, noto alla cronaca per aver detto che Carlo «Giuliani era una feccia di teppista da strada» e per postare immagini del Manifesto di Ventotene come carta igienica. Sempre restando in Campania troviamo lo «Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde»: no scusate, lo Strano caso del dottor Henry John e del signor Woodcock. Nel 2021 sul Fatto Quotidiano disse: «Io personalmente, in quanto pm, non vivrei in modo traumatico una separazione delle carriere, la considererei piuttosto come una nuova sfida positiva». Ma qualche giorno fa sempre sul giornale di Marco Travaglio si è traghettato sul fronte del “No” perché contrario al sorteggio.
A proposito di magistrati schierati, come immaginare un duello televisivo tra Di Pietro e la testa di ariete della campagna dei magistrati per il “No” ossia il procuratore di Napoli Nicola Gratteri? Quest’ultimo ovunque va prima attacca l’Anm per non averlo difeso dagli attacchi subìti quando lavorava in Calabria ma poi comunque abbraccia la battaglia perché «il vero scopo della riforma è assoggettare il pm alla politica».
E allora Margherita Cassano? Tra lo sconcerto di non pochi suoi colleghi, ha rifiutato l’invito di essere la presidente onoraria del Comitato “GiustodireNo”, quello appunto dei magistrati, mentre è entrata in quello del costituzionalista Renato Balduzzi.
Il sindacato delle toghe è corso allora subito ai ripari e ha scelto tatticamente Enrico Grosso, ordinario di diritto costituzionale ma soprattutto avvocato. Già girano collage di foto di Grosso contro Caiazza. E poi infine la giornalista Gaia Tortora, presidente onorario del Partito Radicale, la quale però sceglie di non presiedere il «Comitato Pannella -Sciascia-Tortora per il sì alla separazione delle carriere» costituito proprio dai radicali, perché vuole condurre la battaglia «in libertà e autonomia», ha precisato su X.
Ma al suo posto c’è Giorgio Spangher, la cui scelta è stata accolta positivamente proprio da una cosiddetta toga rossa come Ciccio Zaccaro che ha detto «Menomale che c’è almeno Spangher coi radicali». Contraddizioni? Paradossi? Fisiologia? A voi lettori il giudizio.


