L’occasione è quasi casuale: l’appendice all’esame del mini-ddl con cui Nordio ha corretto in un paio di punti la riforma penale di Cartabia. Ieri sera l’Aula di Montecitorio approva il provvedimento del guardasigilli. Stamattina è tornato a riunirsi per esaminare le mozioni collegate. Occasione casuale ma colta al volo. Dai garantisti della maggioranza, che mettono a punto un paio di documenti impeccabili. Tanto da ottenere la convergenza dell’intero centrodestra su un testo unitario, che mantiene gran parte dei documenti di partenza, firmati da Forza Italia e Noi moderati.

Nella mozione finale c’è tutto. O quasi. Non si evoca la separazione delle carriere per esempio. Ma nello stesso tempo la maggioranza dà, con i propri voti nell’aula di Montecitorio, via libera anche alla mozione del Terzo polo, messa a punto dal vicesegretario di Azione Enrico Costa, e lì la separazione compare. Viene richiamato, sul carcere, il progetto Nordio-Delmastro di assegnare i detenuti con tossicodipendenze alle comunità di recupero, «con il coinvolgimento del terzo settore», anziché alle celle sovraffollate delle carceri. C’è un ampio capitolo dedicato alle intercettazioni e in parte anticipato dall’intervista del guardasigilli ieri sul Foglio.

Come interpretare? Casualità? Fuochi d’artificio estemporanei, accesi per l’occasione ma destinati a bagnarsi nell’oblio della contingenza politica? Da ieri, la prospettiva di una giustizia prudente, a fari spenti, remissiva, è un po’ più complicato. Intanto, per la genesi della mozione unitaria. L’iniziativa parte come detto da Forza Italia, con Tommaso Calderone e Pietro Pittalis, e da Noi moderati, con Alessandro Colucci e il capogruppo Maurizio Lupi: le due piattaforme garantiste erano pronte da lunedì. Poi tra martedì si è deciso di arrivare alla sintesi. Imposta, di fatto, dallo spirito d’iniziativa di centristi e azzurri. E benedetta da Carlo Nordio, appunto, con le dichiarazioni su “ascolti” da riformare e inappellabilità delle assoluzioni, rilasciate, in anticipo, al quotidiano di Claudio Cerasa.

La mozione unitaria è bilanciata con qualche residuale concessione securitaria, ad esempio alla richiesta, innanzitutto della capogruppo leghista in commissione Giustizia Ingrid Bisa, di tornare a un contrasto anche del «piccolo spaccio». Ma nella sostanza, si tratta di un documento che è una piattaforma liberal-garantista seria, completa, ampia, puntuale al punto da renderne imbarazzante l’abbandono.

Vanno segnalate le parole della capogruppo in commissione del partito di Giorgia Meloni, Carolina Varchi: in Aula, l’avvocata siciliana parla di «unica mozione a sostegno della riforma penale annunciata dal ministro Nordio». Il che intanto sembra certificare che quel progetto non è una mera proiezione entusiastica del guardasigilli ma un impegno della coalizione. «Abbiamo un’idea molto chiara di ciò che è necessario», aggiunge Varchi, che cita le «giuste garanzie per indagati e imputati» e la «certezza dell’esecuzione della pena dopo la condanna definitiva». Slogan ben noto. Il partito della premier si espone in modo diretto, pur con le consuete puntualizzazioni sulla detenzione, che non conoscerà «i provvedimenti svuotacarceri in passato adottati dalla sinistra» e si baserà anche su «rimpatrio degli stranieri» e «investimenti nell’edilizia penitenziaria». Nella nota diffusa alle agenzie, la rappresentante di FdI non cita l’affido dei tossicodipendenti alle comunità, ma nell’intervento in Aula cita apertamente le «misure alternative». E sia nel comunicato che dal vivo, si sofferma pure lei in modo dettagliato sulle intercettazioni.

C’è insomma un’aria nuova. Impegni scritti, formalmente approvati col voto di 179 deputati er con il no di 108 parlamentari d’opposizione. Del documento di ieri, potranno approfittare a breve innanzitutto i forzisti, che di fatto vedono premiata la loro ostinazione sul garantismo. Ma raccoglierà i suoi dividendi pure Enrico Costa, che ottiene appunto il via libera anche sulla mozione da lui presentata a nome del Terzo polo. Un documento con impegni che, come per la separazione delle carriere, non ricorrono in fotocopia nel testo del centrodestra. È il responsabile Giustizia del partito di Calenda l’unico a ottenere parere favorevole del governo - rappresentato dal viceministro Francesco Paolo Sisto - e via libera dell’Aula su una riforma che riguardi anche i trojan. È Costa a richiamare il «fascicolo di valutazione del magistrato», inserito nella riforma Cartabia del Csm come norma delegata, ma che andrà appunto reso concreto nei decreti legislativi di Nordio. E poi è dal Terzo polo che si reclama il «monitoraggio sulle conferenze stampa dei magistrati», «la non pubblicabilità delle ordinanze di custodia cautelare». Alla fine Costa dirà: «Abbiamo proposto temi chiari e liberali e siamo stati premiati». Ad essere premiata è la saldatura garantista fra maggioranza e centristi. Con qualche apertura persino nel Pd, che ottiene il via libera del centrodestra a parti della propria mozione, e nell’Alleanza Verdi Sinistra, con il deputato Devid Dori, ex 5S, che a propria volta incassa il sì su alcune delle proprie proposte. Sarà proprio Dori a notare che nel testo della maggioranza «si è passati dall’abrogazione di abuso d’ufficio e traffico d’influenze a una più cauta proposta di riforma». È un punto che può unire tutti: Nordio e la sua maggioranza, il Terzo polo, la sinistra e gli stessi dem. Tutti tranne i pentastellati.

E infatti la combattiva Valentina D’Orso, capogruppo Giustizia del Movimento, parla di «manifesto dell’impunità». Pronuncia un intervento appassionato e feroce, che arriva a difendere il blocca-prescrizione di Bonafede come modello di tutela per le vittime dei reati. Invece il ritorno alla «prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio» è uno dei cardini del documento di maggioranza. È un punto destinato a tradursi in riforma parlamentare a breve, grazie al testo già depositato da Costa sempre a Montecitorio.