Ci sono due telecamere. Ciascuna dà un’idea diversa della partita giocata ieri al Senato. La prima ripresa offre la prospettiva tradizionale: la separazione delle carriere procede con una certa lentezza, non si è ancora arrivati al dunque delle votazioni nonostante l’accenno di ricorso al “canguro”, la maggioranza si è trovata, a inizio esame degli emendamenti, senza neppure il numero legale.

Il resto sembrerebbe un prevedibile contorno: il capogruppo del Pd Francesco Boccia che evoca, a proposito del ddl Nordio, una «stagione di resistenza», e lui, il guardasigilli, che rivendica invece il peso della riforma costituzionale. Poi si passa al cosiddetto “reverse angle” che, per restare nella metafora dello sport televisivo, a volte permette di cogliere sfumature, dettagli decisivi. Sempre Nordio ha infatti utilizzato due concetti in apparenza sovrapponibili e in realtà diversi.

Ha detto che il ddl sulla magistratura, che separa le carriere e introduce il sorteggio per la scelta dei togati nei due futuri Csm, restituisce «dignità e libertà» alle toghe, perché le affranca dalla subordinazione alle correnti. Fin qui nulla di nuovo. È un po più insolito l’altro passaggio: la riforma, dice il guardasigilli, «mira anche a restituire una equità e una dignità alla politica», che «dal 1993» ha subito una «mutilazione», a causa «di un intervento della magistratura: era molto comodo eliminare l’avversario per via giudiziaria quando non si riusciva a eliminarlo per via politica».

Ecco, qui le cose cambiano: il ministro, nel replicare a Boccia, rovescia l’analisi e parla di riscatto che il sistema dei partiti finalmente riconquista, con le carriere separate ma soprattutto col «sorteggio» nei Csm e con «l’Alta corte», dopo che dal ’ 93 i partiti sono stati tenuti sempre in scacco dalla magistratura. È un discorso per nulla scontato, anzi è nuovo: la politica che ristruttura l’ordine giudiziario per riprendersi il primato.

Finora né Nordio né Meloni l’avevano mai messa in questi termini. Ma forse sono i termini giusti. Perché certo, le carriere separate, il Csm dei giudici affrancato dall’egemonia “politica” che i pm vantano nell’Anm (la quale Anm, col sorteggio, non controllerà più l’elezione dei togati nei due Csm) restituiranno equilibrio a tutti i processi penali. Si realizzerà davvero la posizione terza del giudice, che un articolo della Costituzione, il 111, già invoca.

Ma è vero anche che un giudice terzo – davvero non intimorito dall’incubo per cui decisioni, ordinanze, accoglimenti e, soprattutto, mancati accoglimenti delle richieste di una Procura possano costargli chiaro in termini di carriera – serve al cittadino come, inutile negarlo, alla politica. Nel senso che libera le toghe “giudicanti” da quel “corpo armato” in cui la magistratura si è costituita, in effetti, dal ’ 93. Un potere coeso ma anche condizionato al proprio interno, che ha condotto “campagne” capaci di delegittimare totalmente i partiti.

A volte a giusta ragione, altre volte senza alcuna base, ma con il non trascurabile dettaglio per cui il massacro mediatico inflitto, all’indagato di turno, con la grancassa accordata alle indagini, ha comunque cambiato per sempre le sorti di leader e forze politiche. Senza scomodare il caso Belusconi, nei cui meandri ci si perderebbe inutilmente, basti pensare all’inchiesta “Open” su Matteo Renzi, franata ma dopo anni di devastazione, e ai 17 ( 17!) processi ordinati contro Antonio Bassolino, conclusi tutti con assoluzione. Il primo poteva essere il Blair italiano, il secondo il più grande leader del Mezzogiorno. Non lo sono stati. E la giustizia c’entra, e non poco, in entrambi i casi.

Avremo giudici meno “incantati” dalle mirabolanti tesi accusatorie dei pm nei confronti della politica? Non lo sappiamo, ma è possibile. Può darsi che la riforma contribuisca a un così epocale cambiamento. È uno scenario sul quale Nordio ha eseguito un volo a planare, per evocare un’immagine pop. Non è entrato così nello specifico. Ma con una telecamera ravvicinata, si vede che il senso è tutto lì: la «dignità» della politica dipenderà anche da un mutamento assoluto nella dinamica della giustizia penale, a cominciare dai casi in cui la giustizia colpirà un leader o un partito, appunto. Nordio è un ex magistrato e può dirlo solo nelle forme eleganti e un po’ sibilline sfoggiate ieri. Ma che vi abbia fatto un pur generico cenno, è già importante.