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Già allo studio un freno sulle pene extracarcerarie, ma se ne parla dopo la sessione di Bilancio
Partiamo dalle certezze: la legge di conversione del decreto 162, meglio noto come “decreto Rave”, non includerà interventi “di merito” sulla riforma Cartabia. Se n’era data anticipazione ieri su queste pagine, sul punto arrivano ulteriori conferme: non ci sono le condizioni di tempo necessarie per ridurre subito, ad esempio, le aperture sulle pene extracarcerarie previste dalla ex guardasigilli, spiegano fonti della maggioranza. Riforma Cartabia, tregua a tempo Fratelli d’Italia studia il restyling
Nessun intervento nella conversione del decreto “Rave”, ma il partito di Meloni ha già chiesto agli uffici legislativi di valutare un freno alle pene extracarcerarie
È confermata dunque la determinazione dello stesso ministro Carlo Nordio nell’emendare il decreto 162, relativamente alla parte sul nuovo processo penale, esclusivamente per sciogliere i nodi applicativi e organizzativi. Nello stesso tempo, dalla maggioranza emerge pure un’altra prospettiva: una volta che il decreto “Rave- Cartabia- Ostativo” sarà convertito in legge, alcuni dei partiti di governo, certamente Fratelli d’Italia e forse la Lega, predisporranno un restyling della riforma penale. In particolare, proporranno modifiche sulle norme che riducono il ricorso alle pene inframurarie.
Sembrano scenari in contraddizione fra loro. Ma non lo sono. Spiega una fonte di maggioranza: «Non ci sono le condizioni per modificare ora, nel merito, le parti del testo Cartabia che riguardano le sanzioni, cioè il maggiore ricorso a pene extracarcerarie. Non sussistono le condizioni rispetto all’iter di conversione del decreto 162, che dovrà essere assai rapido, perché sul Parlamento incombe l’esame di altri provvedimenti cruciali». La stessa fonte però aggiunge: più avanti, di qui a un paio di mesi, le modifiche sul sistema sanzionatorio previsto dalla ex guardasigilli saranno praticabili. Andranno calibrate, certo, con le esigenze del Pnrr: nel senso che, come ha detto il viceministro Francesco Paolo Sisto tre sere fa all’iniziativa milanese “Italia direzione Nord”, mettere in discussione la portata “deflattiva” della riforma penale imporrebbe una ricontrattazione con l’Unione europea. Eventuali future modifiche sugli aspetti più “garantisti” della riforma Cartabia andranno dunque studiati in modo da non compromettere le aspettative di Bruxelles sulla riduzione dei tempi processuali. E come si farà? Andiamo con ordine. Intanto ieri i rappresentanti della maggioranza nella commissione Giustizia del Senato hanno chiesto al governo di elaborare quanto prima le necessarie modifiche al decreto 162 relative al “reato di rave”. La presidente Giulia Bongiorno, della Lega, potrebbe concedere una proroga del termine per gli emendamenti parlamentari, adesso fissato a lunedì prossimo. In ogni caso, non ci si potrà allargare molto: il presidente del Senato Ignazio La Russa, sul punto, è stato tassativo. In ogni caso, a parte i tempi troppo stretti per pensare al restyling immediato dell’altra materia contenuta nel decreto 162, la riforma Cartabia appunto, va ribadito che l’ipotesi di provvedervi in un futuro prossimo è concreta ma tuttora subordinata a un “supplemento di riflessione”. Gli esponenti di Fratelli d’Italia e della Lega intendono confrontarsi anche con i tecnici del ministero che, come anticipato ieri dal Dubbio, sono all’opera fin dal giorno in cui il decreto 162 è stato emanato ( lo scorso 31 ottobre) per elaborare intanto gli emendamenti necessari alla transizione normativa e alla macchina organizzativa. Si tratta di due gruppi di lavoro, istituiti da Nordio, che per ora hanno una mission limitata ai citati aggiustamenti tecnici. Ma in un secondo momento sarà sempre con loro che FdI e Lega dovranno confrontarsi per valutare in che modo la riforma Cartabia sia modificabile senza creare conseguenze dannose per il Pnrr.
Contemporaneamente, Fratelli d’Italia ha affidato una “due diligence” sulla riforma Cartabia al proprio Ufficio Studi e legislazione. L’idea, a quanto risulta, è trovare un punto di equilibrio che consenta di non stravolgere del tutto la riforma penale sul fronte delle misure extracarcerarie ma di evitare comunque che i condannati per reati di un certo allarme sociale possano scontare la condanna fuori prigione. Non sarà facile.
Da ultimo, va richiamato un dettaglio non trascurabile, che può essere considerato il sigillo assoluto sull’impossibilità di un restyling immediato: in una relazione trasmessa alla commissione Giustizia del Senato nell’ambito delle audizioni, il professor Gian Luigi Gatta - ordinario di Diritto penale a Milano che è stato fra i più stetti collaboratori di Cartabia e fra gli estensori materiali della riforma - ricorda le pronunce della Cassazione e della Consulta che limitano il perimetro degli emendamenti ammissibili nella conversione dei decreti legge. In particolare, segnala Gatta, non si può esorbitare dal provvedimento di urgenza, che, nello specifico, prevede il solo rinvio dell’entrata in vigore e la contestuale definizione di norme transitorie e organizzative. Ogni intervento sul merito della riforma rischierebbe di produrre persino un difetto di costituzionalità.
È un caveat che taglia la testa al toro, se vogliamo. Ma che certo, rinvia solo la decisione del governo e dei partiti di maggioranza sulla politica penitenziaria. E cioè, sulla continuità con l’orientamento deflattivo di Cartabia o su una cesura che ridimensioni quelle aperture.