«Parlando del processo più ridicolo degli ultimi anni, venerdì mattina sarò per l'ennesima volta in tribunale dove i pm di Firenze ci spiegheranno come intendono andare avanti nel processo dopo che la Corte di Cassazione li ha bocciati, la Corte costituzionale li ha bocciati ed è stata ufficialmente richiesta contro di loro l'apertura del procedimento disciplinare». Così nella sua enews il leader di Italia Viva Matteo Renzi a proposito della nuova udienza davanti al gup del Tribunale di Firenze, venerdì prossimo, 22 settembre, per l'inchiesta su Open, l'ex fondazione che sosteneva le iniziative politiche dell'ex premier nella sua scalata al vertice del Pd e finanziava la kermesse della Leopolda.

La procura fiorentina, con i pm Luca Turco e Antonino Nastasi, ha indagato per finanziamento illecito dei partiti, oltre ai componenti del cosiddetto “giglio magico renziano”, anche lo stesso senatore Renzi. «Noi difendiamo la legalità, i pm di Firenze l'hanno violata - aggiunge il leader di Italia Viva -. Porterò anche nella battaglia per le Europee tutto il peso di un'aggressione giudiziaria incredibile che mi ha aiutato a capire quanto il tema della giustizia giusta vada affrontato, non tanto per me, quanto per i cittadini che non hanno la mia stessa visibilità mediatica».

Secondo la Corte costituzionale, sequestrando i messaggi Whatsapp e le mail scambiati da Marco Carrai e Vincenzo Manes con il senatore Matteo Renzi, la procura di Firenze ha “menomato” le guarentigie parlamentari del leader di Italia Viva, aggirando la Costituzione. La Corte non ha invece accolto il ricorso in merito all’acquisizione dell'estratto del conto corrente personale di Renzi, in quanto allegato a segnalazioni di operazioni bancarie provenienti da uffici della Banca d’Italia e non spedito al senatore. Smentito, dunque, l’orientamento prevalente della Cassazione e fatto proprio dalla procura: mail e messaggi rientrano nella nozione di corrispondenza, secondo i giudici, in quanto la loro tutela non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma dura fintanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori.

Un concetto già evidenziato dalla Cassazione, che per cinque volte ha bocciato i sequestri, ordinando la restituzione di tutto il materiale. Ma gli atti sono finiti al Copasir, indebitamente, secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha promosso l’azione disciplinare nei confronti dei due magistrati.