Tra un mese l’Unione delle Camere Penali italiane si riunirà a Catania per il XX Congresso ordinario, probabilmente l’ultimo prima del referendum sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere, che dovrebbe tenersi nella tarda primavera 2026. Il titolo dell’evento è appunto “La giustizia che sarà – Il Giudice e le parti: ruoli, funzioni, culture”. Sarà ovviamente un momento di riflessione collettiva sulla battaglia delle battaglie per i penalisti italiani, tanto è vero che qualcuno – come battuta ma non tanto – sostiene che «se vinceranno i “sì” al referendum l’Ucpi si deve sciogliere, se vinceranno i “no” l’Ucpi deve comunque sciogliersi». Questo perché, potremmo dire ontologicamente, Ucpi equivale a separazione delle carriere: con la vittoria dei “sì” non avrebbe più una ragion d’essere, con la vittoria dei “no” la sconfitta sarebbe troppo grande per proseguire l’attività. «Se non ora, quando?», pensano in molti. Per questo, l’associazione politica degli avvocati sta affinando le armi per affrontare la campagna comunicativa da qui al plebiscito. Ha infatti costituito il comitato “Camere Penali per il sì”, con il quale «promuovere in sede di campagna referendaria le ragioni della riforma, che costituisce un obiettivo storico dei penalisti italiani e sollecitare il dibattito pubblico sulla necessità della separazione delle carriere, al fine di realizzare una giustizia moderna, trasparente e democratica, ma anche più giusta e funzionale nell’interesse di tutti i cittadini». Inoltre ha anche ingaggiato una agenzia di comunicazione per creare contenuti social sempre più performanti.

Insomma l’Ucpi tiene il passo con l’Anm, l’altro grande attore sul palcoscenico della giustizia, che si era già mossa mesi fa. Dovendo recuperare posizione, il “sindacato” delle toghe, presieduto da Cesare Parodi, aveva immediatamente istituto a marzo all’interno del “parlamentino” un apposito Ufficio comunicazione, composto da magistrati, aveva ampliato l’organico dell’ufficio stampa e dato vita qualche mese dopo al comitato referendario. Dunque tutti ai posti di combattimento, inizi la sfida. E però all’interno dell’Unione c’è una preoccupazione: che una parte degli avvocati possa votare “no” al referendum per due motivi: il fatto che questa riforma dell’ordinamento giudiziario è stata promossa dall’attuale governo di destra e che il testo preveda il sorteggio per i membri togati e laici del Csm. In merito alla prima questione, alcuni penalisti di sinistra non sarebbero pronti a darla vinta indirettamente a Giorgia Meloni, la quale sulla riforma della giustizia sarebbe pronta a scommettere tutto, forse in parte anche la rielezione. Su questo punto poi c’è da ricordare che nel 2017 l’Unione aveva riportato al centro del dibattito il tema della separazione delle carriere, raccogliendo le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare. Quel testo era stato poi fatto proprio da alcune forze politiche di maggioranza in Parlamento, ma il ministro Nordio aveva poi scelto di presentare un proprio testo di riforma per porci su il personale sigillo. Da qui l’irritazione di alcuni avvocati. Per quanto concerne l’altro aspetto, molti legali ritengono che il metodo del lancio dei dadi sia antidemocratico e troppo vicino al sistema dell’uno vale uno, propagandato fortemente in passato dal M5S. Tanto è vero che nella proposta di legge del 2017 la previsione dell’Ucpi per abbattere il correntismo a Palazzo Bachelet era stata quella di proporre un numero pari di membri togati e membri laici, a differenza della situazione attuale, in cui il rapporto è di venti a dieci. Insomma nulla è scontato e questo sta creando malumori nell’Ucpi, all’interno della quale, anche se non in maniera evidente, il dibattito è in corso.

Il messaggio che, al contrario, vorrà molto probabilmente far passare la giunta diretta da Francesco Petrelli è che non si può politicizzare il diritto, non ci si può opporre ad una riforma ritenuta giusta negli scopi solo perché chi la propone non è gradito. Il pacchetto, purtroppo o per fortuna, è all inclusive, quindi bisogna turarsi il naso e puntare sul risultato globale. Che è sia quello di rafforzare terzietà e imparzialità del giudice sia, per la prima volta, secondo molti, riportare la magistratura nei ranghi. Quello che verrà rivendicato a Catania è il carattere politicamente trasversale dell’Ucpi e sarà ricordato a tutta l’assise che i penalisti non hanno fatto sconti alla premier e ai suoi ministri sul decreto Sicurezza, sulla torsione panpenalista, sulle carceri disumane. Ed è nel solco di questa visione laica che Petrelli quasi sicuramente inviterà tutti con forza a non indietreggiare neanche per un minuto rispetto all’obiettivo finale: vincere il referendum, per poi rivendicare di aver riportato il tema al centro del dibattito negli ultimi otto anni. I penalisti puntano, infatti, ad uscire dallo scenario che si sta delineando, quello di uno scontro tra politica e magistratura, e spiegare la riforma nei suoi contenuti, evitando qualsiasi tipo di strumentalizzazione politica.