Stupore, amarezza e scarsa considerazione per la delicata funzione del difensore. È quanto ha provato l’avvocato Donato Grande del Foro di Ragusa nella lettura degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, riguardanti alcuni apprezzamenti “poco edificanti” nei suoi confronti contenuti nella comunicazione a firma di un ufficiale della Guardia di Finanza. Il documento è stato depositato nel maggio 2022 presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Ragusa.

La vicenda si riferisce ad alcuni accertamenti che hanno interessato una persona assistita da Grande. «Nel corso delle indagini preliminari – dice al Dubbio l’avvocato -, avvalendomi di un diritto costituzionalmente riconosciuto e garantito, ho consigliato all’indagato mio assistito di avvalersi della facoltà di non rispondere». Il procedimento ha fatto il suo corso e ora si trova davanti al Giudice per l’udienza preliminare. Nei giorni scorsi la sconsolante scoperta.

«Leggendo gli atti contenuti nel fascicolo del pm – racconta Grande - ho avuto occasione di conoscere non solo e non tanto apprezzamenti poco edificanti nei miei confronti, quali l’avere “dimostrato il più totale disprezzo delle istituzioni, consigliando alla sua cliente di non collaborare con la polizia giudiziaria”, circostanza di cui mi dolgo e per la quale riservo di agire personalmente, in ambito civilistico, nei confronti dell’estensore della suddetta frase, quanto invece di leggere qualcosa di molto più grave quale la formale richiesta al pubblico ministero».

L’iniziativa in questione, suggerita e contenuta nella comunicazione della Guardia di Finanza, è la seguente: «In merito valuti l'esecuzione di attività di perquisizione presso lo studio legale dell'avvocato Grande Donato in quanto probabile detentore della contabilità stessa poiché ha direttamente promesso di consegnarla al liquidatore». Una sollecitazione rivolta all’autorità giudiziaria inusuale, oltre che inopportuna, come rileva l’avvocato del Foro di Ragusa.

«La richiesta – afferma - lungi dal costituire un adempimento del dovere da parte della polizia giudiziaria, a mio sommesso avviso, oltre a poter costituire fatto illecito, in quanto si accusa il difensore di un fatto-reato, nella fattispecie l’occultamento della contabilità, in concorso col proprio assistito, invero costituisce un vulnus inaccettabile alla libera determinazione del difensore di scegliere la propria linea difensiva in fase di indagini e, quindi, anche il consiglio di avvalersi della facoltà di non rispondere, a pena di vedersi piombare presso lo studio un atto di perquisizione».

La singolare sollecitazione della Guardia di Finanza in danno del difensore non è stata presa minimamente in considerazione dal pm. «Non è pensabile – conclude Donato Grande - che si possa adombrare il rischio della perquisizione, facendo leva sulla circostanza che in un atto di polizia giudiziaria si chiedano più autorizzazioni e in quel momento il pm, magari distratto dalla mole di lavoro che affolla la sua scrivania, sorvolando la questione, conceda un generico “visto si autorizza”».

Sulla vicenda è intervenuto il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ragusa, presieduto da Emanuela Tumino, che ha espresso vicinanza al proprio iscritto. L’avvocatura ragusana auspica che si faccia chiarezza quanto prima; definisce “eccentrica” e “grave”, basata su una congettura, la richiesta di perquisizione nei confronti dell’avvocato Grande. «La censura di questo Coa – si legge in una nota – concerne l’idea in sé che, da quanto scritto, traspare possedere l’ufficiale della Guardia di Finanza in ordine alle libertà, autonomia e indipendenza dell’avvocato nell’esercizio del diritto di difesa, in questo caso esplicatosi con il diritto al silenzio, costituzionalmente tutelato, essendone corollario. Il diritto al silenzio, tutelato dagli articoli 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, 24 della Costituzione, 63 e 64 del codice di procedura penale, è stato anche indicato dal Patto internazionale sui Diritti civili e politici, come la garanzia spettante a ogni individuo accusato di un reato a “non essere costretto a deporre contro sé stesso o a confessarsi colpevole”».

Inoltre, secondo il Coa di Ragusa, la sollecitazione a effettuare una perquisizione «non pare tanto indossare le equivoche vesti della contrapposizione personale quanto, piuttosto, dimostra disprezzo per la sacralità e conseguente inviolabilità di uno studio legale, posto che esistono, per fattispecie concrete alle quali appartiene quella in parola, strumenti codificati ben più confacenti e meno invasivi, quale, a mo’ di esempio, la richiesta di esibizione».