COSA C’È SCRITTO DAVVERO NELLA RISOLUZIONE VOTATA LO SCORSO 24 NOVEMBRE DAL PARLAMENTO UE

Condanna e compiacimento. La risoluzione approvata dal Parlamento europeo lo scorso 24 novembre racchiude in sé due mondi diversi e apparentemente inconciliabili. Perché se da una parte il Parlamento ha esortato la Fifa e il Qatar a risarcire gli abusi subiti dai lavoratori migranti durante la costruzione delle infrastrutture per i mondiali del 2022, dall’altro «si compiace delle riforme attuate», ma non pienamente applicate «per affrontare la governance della migrazione di manodopera, per far rispettare il diritto del lavoro e consentire l'accesso alla giustizia, nonché per rafforzare la voce dei lavoratori e il dialogo sociale». Cambiamenti, si legge ancora nella risoluzione, che «hanno già migliorato le condizioni di vita e di lavoro di centinaia di migliaia di lavoratori». Ma non tutti, tanto che l’Ue «deplora, tuttavia, il fatto che molti lavoratori non beneficino ancora di tali riforme, incontrando ostacoli nell'accesso a tali miglioramenti e ritorsioni da parte dei loro datori di lavoro».

Nel documento l’Ue mette insieme tutti i pezzi di un dramma che Amnesty International ha più volte denunciato e che la Fifa, invece, ha tentato di nascondere, arrivando anche a minacciare i calciatori di punizioni nel caso in cui non si fossero concentrati solo sul calcio lanciandosi in «battaglie politiche o ideologiche», come indossare la fascia arcobaleno come forma di solidarietà nei confronti della comunità Lgbtqia+, che in Qatar subisce vere e proprie forme di persecuzione. Come riferito in un’intervista dall’ambasciatore dei Mondiali 2022 in Qatar, Khalid Salman, l’omosessualità è vissuta come un «danno mentale». Ed è anche perseguibile per legge: l’articolo 296.3 del codice penale, infatti, «criminalizza vari atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso e prevede il carcere - sottolinea Amnesty -. L’articolo 296.4 criminalizza chiunque “induca o tenti un uomo o una donna, in qualsiasi modo, a compiere atti contrari alla morale o illegali”». Le forze di sicurezza del Qatar, poche settimane prima dell’inizio dei mondiali, hanno arrestato arbitrariamente e sottoposto a maltrattamenti lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Secondo quanto documentato da Human Rights Watch, come requisito per il rilascio, le forze di sicurezza hanno imposto alle donne transgender detenute di partecipare a sessioni di terapia di conversione presso un centro di ' assistenza sanitaria comportamentale' sponsorizzato dal governo.

Ma l’accanimento contro la comunità arcobaleno è solo un aspetto della violazione dei diritti in Qatar, dove «le autorità reprimono la libertà d’espressione, di stampa e di associazione», dove vanno in scena « processi iniqui » e dove lavoratori e donne vengono discriminati. Solo due anni fa è stata emanata dall'emiro Tamim bin Hamad Al Thani una nuova legge che introduce l'articolo 136 bis, che autorizza la reclusione di «chiunque diffonda, pubblichi o ripubblichi voci, dichiarazioni o notizie false o tendenziose, o propaganda incendiaria, all'interno o all'estero, con l'intento di nuocere agli interessi nazionali, agitare l'opinione pubblica o violare il sistema sociale o il sistema pubblico dello Stato» . Legge che è servita, ad esempio, per imprigionare Abdullah Ibhais, condannato a tre anni a seguito di un processo iniquo a seguito di una confessione estorta con la violenza. L’uomo, media manager alle dipendenze degli organizzatori del Mondiale, aveva espresso preoccupazione per il trattamento dei 200 lavoratori migranti coinvolti nella costruzione dell'Educational City Stadium e dell'Al Bayt Stadium, che non erano stati pagati per quattro mesi e avevano lavorato sotto il sole cocente per ore e senza acqua potabile. Da qui l’arresto e l’isolamento, per quattro giorni, in una cella buia di due metri per uno, con un buco nel terreno come bagno e temperature vicine allo zero, a causa dell'aria condizionata centralizzata della prigione usata come dispositivo di tortura, secondo quanto ha fatto sapere la famiglia.

Ma quelli denunciati da Ibhais non sono gli unici casi di violazione dei diritti a scapito dei lavoratori. Mancato pagamento degli stipendi, condizioni di lavoro precarie, giorni di riposo negati e accesso alla giustizia limitato sono il pane quotidiano per centinaia di migliaia di migranti, costretti al lavoro forzato e senza la possibilità di formare sindacati o aderirvi. Dati che sono noti all’Unione europea e alla stessa Fifa, che, secondo il Parlamento, ha assegnato al Qatar il mondiale «senza esercitare la dovuta diligenza in materia di diritti umani o di ambiente e senza stabilire condizioni per la protezione dei lavoratori migranti». Una procedura avvenuta «in un contesto di accuse credibili di corruzione e concussione, che hanno portato a indagini giudiziarie». Migliaia di lavoratori migranti sono morti - e nessuna indagine è stata condotta al riguardo -, mentre molti altri sono rimasti vittima di infortuni. La Ue ha dunque condannato il Qatar per la condizione dei lavoratori, deplorando «la mancanza di trasparenza e la chiara mancanza di una valutazione responsabile dei rischi che ha caratterizzato la scelta del Qatar come paese ospitante della Coppa del mondo Fifa nel 2010» e invocando un’indagine esaustiva sui migranti morti durante i lavori di costruzione degli stadi. Ma il Parlamento punta anche il dito contro la Fifa, dove la «corruzione è dilagante, sistemica e profondamente radicata», esprimendo la convinzione «che l'organizzazione abbia gravemente danneggiato l'immagine e l'integrità del calcio mondiale, nonostante i tentativi di riforma, come ad esempio l'introduzione di requisiti in materia di diritti umani». L’invito è a riformare le procedure per l’assegnazione delle Coppe del mondo, ponendo come discrimine fondamentale il rispetto dei diritti umani, esprimendo anche «sgomento» per la decisione di vietare le fasce ' OneLove'.