«Il magistrato non è un cittadino come tutti gli altri: il suo ruolo gli impone di non lasciarsi andare a commenti e giudizi sconvenienti che possano comprometterne la terzietà ed imparzialità», afferma il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Palazzo Madama, a proposito dell'ennesima polemica che ha riguardato una toga che si era lasciata prendere la mano, postando sul proprio profilo Facebook commenti molto duri nei confronti di alcune parlamentari, considerate “peggiori di Wanna Marchi”. Una di esse, la deputata dem Laura Pinotti, era stata anche additata come “guerrafondaia”.

Questi post erano quindi finiti sul tavolo della Procura generale che aveva deciso di aprirgli un procedimento disciplinare. La toga, che nel frattempo aveva chiuso il proprio profilo, si era allora scusata, riconoscendo “l’inopportunità dei toni dei post pubblicati senza una particolare riflessione”. Giustificazione che non era stata comunque ritenuta sufficiente. Zanettin, quando era componente laico del Consiglio superiore durante la consiliatura 2014-18, chiese l'apertura di una pratica per individuare delle linee guida volte a garantire che la comunicazione sui social da parte dei magistrati avvenisse nel rispetto dei principi deontologici e con forme e modalità da non arrecare pregiudizio alla credibilità della funzione.

«Ricordo bene, chiesi l’apertura di questa pratica nell’estate del 2017. Poi terminò la consiliatura e non seppi più nulla. L’anno scorso ho scoperto che la pratica era rimasta inevasa per anni e che il Csm aveva deciso di archiviarla ritenendo che non ci fossero provvedimenti da prendere. Mi auguro adesso che il rinnovato Csm, sotto la guida di Fabio Pinelli, la riprenda, fissando dei paletti», aggiunge Zanettin, sottolineando che «non si può sempre invocare come giustificazione il diritto alla libertà di espressione».

L’utilizzo dei socialnetwork da parte di personaggi pubblici, soprattutto se questi personaggi sono dei magistrati, rimane un tema sempre attuale. In Italia, poi, da tempo i social sono diventati l'unico mezzo con cui le persone si informano su ciò che accade. Le ultime ricerche annotano che circa 15 milioni di italiani si informano esclusivamente sui social, non ricordando l'ultima volta che hanno letto un giornale. In un simile scenario è fondamentale pertanto che i personaggi pubblici diano informazioni corrette, non diventando dei divulgatori di fake news o lasciandosi andare a commenti e giudizi sfavorevoli.

Le pagine social di alcuni magistrati hanno avuto ultimamente una crescita esponenziale di follower. L'ex consigliere del Csm Sebastiano Ardita, ad esempio, ha un pagina Fb con oltre 100mila follower. Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, la cui pagina è gestita dal giornalista Antonio Nicaso, coautore di alcuni suoi libri, supera addirittura i 300mila follower. Numeri importanti che dimostrato come i magistrati occupino uno spazio sempre più rilevante nel dibattito pubblico.

Tanto per fare un confronto, il presidente del Senato Ignazio La Russa, non arriva a 100mila follower. Per la cronaca, comunque, tutti i magistrati finiti fino ad oggi sotto disciplinare per un post “sopra le righe”, sono sempre stati assolti per “scarsa rilevanza” del fatto.