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Francesco Giorgi ed Eva Kaili coinvolti nell'inchiesta "Qatargate"
Fughe di notizie «organizzate», diritto di difesa violato, confessioni estorte. C’è tutto nell’intervista di Pierre Monville, avvocato di Francesco Giorgi, marito di Eva Kaili ed ex braccio destro di Antonio Panzeri, al quotidiano La Libre. Un’intervista che fa sorgere ulteriori dubbi sull’impianto accusatorio del cosiddetto “Qatargate” - ribattezzato dai legali di Kaili “BelgianGate” -, quello che avrebbe dovuto essere il più grosso scandalo europeo sulla corruzione e che si sta rivelando una vera e propria raccolta di violazioni dei diritti.
Monville parla dopo l’ennesima fuga di notizie, che sembra scientificamente studiata per ribaltare la narrazione degli ultimi mesi, durante i quali diversi quotidiani hanno iniziato a far emergere le stranezze dell’inchiesta. Così, dopo aver denunciato pubblicamente violazioni del segreto istruttorio e presunte pressioni da parte della stampa per far deragliare l’inchiesta, ecco che nel circuito dei media pro-procura è stata iniettata nuova linfa vitale. Con documenti che non tengono conto del punto essenziale: la veridicità delle dichiarazioni del super pentito Antonio Panzeri - la cui confessione, secondo i suoi legali, è stata estorta.
Le “nuove” carte raccontano anche la versione di Giorgi, sul quale, svela Monville, le pressioni non sono state da meno. Con in più una violazione forse senza precedenti del diritto di difesa. «In questa storia i giornalisti hanno preso il posto degli inquirenti - spiega Monville -. Hanno una copia completa del fascicolo. E vediamo, in tutti gli articoli, che ne hanno anche una copia aggiornata. Elementi coperti dal segreto difensivo del mio cliente gli sono stati rubati per essere inseriti nel fascicolo dell'indagine in violazione delle regole procedurali fondamentali». Elementi ora in mano alla stampa, che non si interroga sul perché queste carte siano state concesse con tale semplicità. Giorgi, spiega il suo legale, era disposto a collaborare con le autorità giudiziarie e di polizia. Ed «ha dimostrato una lealtà assoluta nei confronti degli inquirenti. Ma non è stata ripagata», si lamenta l'avvocato. Arrestato il 9 dicembre, un venerdì, il lunedì successivo le sue dichiarazioni erano sulla stampa. «Ciò significa che qualcuno che lavora nella giustizia è responsabile delle loro fughe di notizie», sottolinea l’avvocato. La stessa fuga di notizie di cui oggi la procura si lamenta. «Il mio cliente è stato quindi arrestato il 9 dicembre, lo stesso giorno della sua compagna, Eva Kaili. Bisogna sapere che sono i genitori di una bambina che, all'epoca, aveva meno di due anni. In un caso “normale”, quando due genitori sono privati della libertà, uno di loro può stare con il minore, ad esempio, con un braccialetto elettronico. Ciò non era consentito e la loro bambina si è ritrovata quindi sola, con i nonni che conosceva a malapena. Questa situazione è stata vissuta molto male psicologicamente da Francesco Giorgi. E le autorità hanno approfittato di questa situazione per estorcergli le informazioni che volevano». In che modo? «Trascorso un mese di detenzione preventiva, dato che le condizioni degradanti di St Gilles non lo permettevano, la polizia gli ha offerto la possibilità di vedere sua figlia». Cosa gli hanno detto gli investigatori? «“Se non vuoi vedere tua figlia crescere dietro le sbarre è meglio che parli, soprattutto contro tua moglie”. Non è questo un tentativo di destabilizzare il signor Giorgi?», si chiede Monville. Un fatto agghiacciante e tranquillamente passato in sordina da chi, oggi, pubblica quei verbali senza porsi alcuna domanda. Ma non solo: come evidenziato già dal Dubbio nei mesi scorsi, Giorgi e Panzeri - uomo chiave dell’inchiesta - sono rimasti tre giorni insieme in cella, dieci giorni dopo l’arresto, dunque nel periodo peggiore della loro detenzione. «Ricordo che nei procedimenti penali la carcerazione preventiva è giustificata per impedire, in particolare, che persone potenzialmente coinvolte nello stesso caso possano incontrarsi e, ad esempio, mettersi d'accordo sui fatti - sottolinea Monville -. Per evitare collusioni con terzi, come si dice in gergo. Possiamo allora spiegarci come mai Francesco Giorgi abbia condiviso tre giorni la cella con il signor Panzeri? Qualcuno dirà che è pura incompetenza, è possibile. Ma possiamo legittimamente chiederci quale sia la natura di questa indagine fin dall’inizio».
Le violazioni non finiscono però qui. Giorgi, infatti, avrebbe dovuto essere nuovamente ascoltato dagli inquirenti il 27 aprile 2023 per consentirgli di fornire ulteriori dichiarazioni spontanee. Il giorno precedente l’ex braccio destro di Panzeri ha chiesto di incontrare Monville, al quale ha confidato di non voler più parlare: non era pronto per nuove dichiarazioni. Un suo diritto, spiega il legale, che il giorno dopo accompagna il suo assistito in udienza per comunicare il passo indietro. Ma proprio in quel momento gli investigatori stavano perquisendo casa di Giorgi, in assenza di elementi nuovi che giustificassero tale azione. «Abbiamo appreso anche che nell'appartamento di Francesco Giorgi erano stati collocati dei microfoni - ha aggiunto Monville -. Ciò significa che quando sono andato a trovarlo per parlare con lui in via confidenziale per preparare la sua difesa, siamo stati intercettati. E indovinate cosa? Ebbene, nel corso di questa perquisizione sono state sequestrate le memorie della difesa di Francesco Giorgi. Questo era anche l'unico scopo della manovra: recuperare documenti ultra-confidenziali sui quali il signor Giorgi aveva deciso di non commentare. A parte il fatto che si tratta di documenti riservati che non avrebbero mai dovuto essere sequestrati, abbiamo constatato con stupore che questi elementi sono stati aggiunti al fascicolo dell'indagine senza alcuna ulteriore formalità e senza riferirsi al Presidente dell'Ordine degli Avvocati che avrebbe assolutamente dovuto essere consultato. L'intera strategia di difesa di Francesco Giorgi è stata quindi smascherata ed è ora accessibile a tutti, stampa compresa. Non ha più alcun margine di manovra per potersi difendere secondo le elementari regole del diritto». Un’assoluta assurdità, commenta Monville: «Nei miei 33 anni da avvocato, non ho mai visto cose del genere. Mai».
Il legale torna poi sul rapporto tra Panzeri e Giorgi. «Tendiamo a dimenticarlo, ma il mio cliente era un subordinato di Antonio Panzeri, un assistente parlamentare, e non un grande decisore - spiega -. Il signor Panzeri faceva i suoi affari e il signor Giorgi non aveva molto da dire al riguardo». E «non dico che il signor Panzeri menta. Ma dice il contrario della verità», aggiunge. Cosa dire dei soldi? «Abbiamo verificato che i soldi ritrovati non appartengono al signor Giorgi ma al signor Panzeri che di fatto ha affidato i suoi soldi ai suoi assistenti parlamentari? Abbiamo verificato che il signor Giorgi aveva prestato dei soldi al signor Panzeri qualche anno fa e che quest'ultimo ha deciso di restituirglielo, in contanti, a partire dal 2022? No. Niente è stato verificato. Su questo argomento sulla stampa si trovano solo oscure allusioni. Nessuna verità». A ciò si aggiunge che all'inizio del 2023, il giudice istruttore Michel Claise ha revocato i mandati di arresto nei confronti del ministro del Lavoro del Qatar e dell'ambasciatore del Marocco. «Se questo è il caso più grave che la democrazia europea abbia mai conosciuto, potete spiegarmi perché sono stati revocati i mandati di arresto nei confronti dei presunti corruttori? - si chiede l'avvocato – Se non esiste più un presunto corruttore, esiste ancora un caso di presunta corruzione?».