«Cosa penso delle fughe di notizie? Non ho mai visto un tale grado di assunzione di violazioni frontali del segreto istruttorio. Non sono l'unico a pensarlo. Il procuratore federale ha avviato un'inchiesta al riguardo». André Rizopoulos, uno dei legali di Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo finita in carcere con l’accusa di corruzione, è scioccato dalla fuga di notizie del caso Qatargate. Una fuga che ha riguardato soprattutto l’Italia, dove da due settimane i giornali pubblicano atti e intercettazioni cercando di ricostruire la rete dei nomi delle persone coinvolte nel più grande scandalo della storia delle istituzioni europee. E così sui giornali è finito di tutto, compresi i nomi di chi, al momento, non risulta formalmente coinvolto nell’inchiesta.

La caccia al colpevole ha stranito anche Christophe Berti, direttore del quotidiano belga Le Soir, che ha dato per primo la notizia scoop del terremoto che rischia di abbattere l’europarlamento. Le parole di Berti al Foglio, che lo ha intervistato, sono chiarissime: da giorni i colleghi italiani lo inondano di telefonate per conoscere altri nomi, altri particolari. Una pressione costante, a tratti incomprensibile, per il giornalista. «Ma non c’è altro, quello che dovevamo scrivere lo abbiamo scritto. Non ci risultano altri nomi, non è una puntata di una serie su Netflix, e la storia ci pare già abbastanza grave così. Intanto attendiamo gli sviluppi. L’esame dei documenti e le eventuali confessioni potrebbero permettere di aprire le porte del Parlamento europeo», ha dichiarato il direttore. Che non ha mai usato l’evocativa espressione “Qatargate”, utilizzata in Italia per ribattezzare l’indagine. Metodi di lavoro diversi, probabilmente. Tant’è che i giornalisti di Le Soir hanno preferito andarci con i piedi di piombo prima di pubblicare qualcosa sul caso, lavorando «a lungo per avere conferme alle voci, controllando e incrociando i dati».

D’altronde la stessa procura ha preferito muoversi con cautela, senza diffondere i nomi ma solo le iniziali (facilmente tradotte poi dai giornalisti, ad onor del vero) e ora ha deciso di vederci chiaro anche sulle fughe di notizie, in quanto «possono mettere a rischio il caso, ed è per questo che stiamo avviando un’indagine per violazione del segreto professionale», ha affermato un portavoce dell’autorità giudiziaria. Rizopoulos, dal canto suo, si è detto «indignato». «Sono l’unico che rispetta le regole?», si è chiesto prima di chiudersi nel silenzio. «Non faremo alcuna altra dichiarazione, perché è pregiudizievole sia per la difesa della signora Kaili - ha concluso -, sia all'accertamento della verità in un dossier di questa natura».

Eva Kaili, prolungata la detenzione di un mese

I giudici hanno intanto prorogato di un mese la carcerazione preventiva di Kaili. «Se, entro 24 ore, viene proposto ricorso contro tale decisione, l'interessata comparirà entro quindici giorni dinanzi alla camera d'accusa presso la Corte d'appello di Bruxelles», ha reso noto la Procura federale di Bruxelles in una nota emessa al termine dell'udienza di convalida. L’ex vicepresidente è rimasta in silenzio in aula, ma «non è mai stata corrotta», ha assicurato l’altro legale della politica, Mikhalis Dimitrakopoulos, all’uscita del Palazzo di Giustizia, assediato da giornalisti e curiosi tenuti a bada da cavalli di Frisia, filo spinato e filo a lamette. «Abbiamo preso l'impegno di non parlare troppo, perché l'inchiesta è seria e segreta», ha sottolineato l’avvocato.

Kaili sapeva dei soldi? «No no, mai», ha ribadito, smentendo dunque le ricostruzioni. Ma nonostante il silenzio, Kaili - da giorni detenuta nel carcere di Haren, all'estrema periferia della capitale belga, vicino all'aeroporto - «partecipa attivamente all'inchiesta» e «contesta ogni accusa di corruzione a suo carico». I suoi legali avevano chiesto la concessione dei domiciliari o il regime di sorveglianza elettronica mediante braccialetto. Ma intanto l'autorità antiriciclaggio greca ha sequestrato un terreno di 7mila metri quadrati che l'eurodeputata greca e il suo compagno Francesco Giorgi avevano acquistato sull'isola greca di Paros. Il sequestro è stato deciso nell'ambito dell'indagine penale preliminare che la Procura per i reati economici greca ha aperto nei confronti dell'ex vice presidente del Parlamento europeo per la presunta commissione dei reati di riciclaggio e corruzione passiva.

Che sia necessario centellinare le parole è chiaro anche da quanto apparso sui giornali, che nei giorni scorsi hanno dato conto di una presunta “confessione” della donna, che avrebbe ammesso di sapere dei soldi che giravano attorno a suo marito, Francesco Giorgi, e all’ex europarlamentare Antonio Panzeri. «Conoscevo le attività di Panzeri - avrebbe detto - e sapevo che a casa mia c’erano delle valigie piene di soldi». Secondo il magistrato Michel Claise, Kaili sarebbe «intervenuta a difesa degli interessi del Qatar, avendo incontrato il ministro del Lavoro» del Qatar su indicazione di Panzeri, che le «avrebbe impartito ordini per il tramite del marito». Ma che ci sia stata una confessione è un fatto smentito dalla difesa dell’ex vicepresidente: «La signora Kaili è venuta a conoscenza di questo denaro (quello rintracciato a casa sua, ndr) all'ultimo minuto e ha chiesto che tornasse immediatamente al suo proprietario, il signor Panzeri».