Il 9 dicembre 2022 Antonio Panzeri, l’indagato chiave del cosiddetto “Qatargate”, si trova davanti agli inquirenti. Senza avvocato, nonostante il tentativo insistente dei suoi legali di essere informati su quando verrà ascoltato, e con una promessa: una pena di soli sei mesi e moglie e figlia libere per fare i nomi della Tangentopoli europea. Panzeri è stremato, fa due nomi, ma non vanno bene: c’è anche quello dell’eurodeputata belga Maria Arena. E così gliene vengono chiesti degli altri, mentre qualsiasi coinvolgimento della politica belga viene negato.

A raccontare questa storia è un documento depositato a dicembre dello scorso anno dagli avvocati di Panzeri, Laurent Kennes e Marc Uyttendaele. Un documento di cui è stata data notizia solo a settembre scorso, ma tralasciando alcuni particolari. Il primo: a suggerire il nome degli avvocati alla figlia di Panzeri - che ha poi contattato Uyttendaele pochi minuti prima di essere arrestata - è stata Arena. E il secondo, il più importante: a Panzeri vengono chiesti altri nomi. E Arena - che, si scoprirà molto tempo dopo, è madre del socio in affari del figlio del giudice Michael Claise, costretto così a mollare il caso del secolo - viene immediatamente tirata fuori da qualsiasi tipo di coinvolgimento.

Per capire la storia bisogna andare per tappe. Partendo dal momento dell’arresto di Panzeri, che avviene alle 10.02 del 9 dicembre. In casa sua gli inquirenti trovano 600mila euro in contanti. Un vero e proprio scandalo che in pochi secondi è sui siti di tutti i giornali del mondo. Poco dopo la figlia Silvia chiede ad Arena il numero di un avvocato, che poi contatta via messaggio. Sono le 14.14 quando la donna chiede a Uyettendaele di recarsi da lui in carcere. L’avvocato la rassicura: ci andrà un collega del suo ufficio, garantendo che sarà al fianco di suo padre per l’interrogatorio davanti al giudice istruttore. Alle 14.30 l’avvocato Kennes contatta la polizia e l’ispettore prende nota dell’incarico, assicurando che i legali verranno informati prima dell’interrogatorio, di cui ancora non si ha notizia. Alle 16 Uyettendaele ci riprova: l’interrogatorio non è iniziato, gli dicono ancora. Ma è una bugia: il verbale porta come ora di inizio le 15.54. Panzeri non conosce nessuno in Belgio. Non parla bene il francese. E gli viene spiegato che può avvalersi di un avvocato d’ufficio, senza chiarire che ha diritto a scegliersene uno.

«È evidente che si trova in una situazione di vulnerabilità», scrivono gli avvocati, tant’è che l’ex europarlamentare decide di non essere assistito da nessuno. Nel frattempo, sua figlia e sua moglie sono già state arrestate. Lui non lo sa e nessuno glielo dice, per ora. E non lo sanno nemmeno gli avvocati. Uyttendaele richiama l’ispettore, che prova a tergiversare: gli inquirenti sono stanchi, c’erano molte cose da fare, è necessario svolgere gli interrogatori in condizioni decenti. Panzeri, dunque, potrebbe essere sentito in serata come il giorno successivo, ma al momento non è dato saperlo. L’interrogatorio è invece già in corso. Alle 22.04 l’avvocato ci riprova, ma questa volta la risposta che arriva è sorprendente: Panzeri, dice, ha rinunciato ad essere assistito da un avvocato. Uyttendaele sgrana gli occhi, chiede di poter parlare con l’ex politico, la situazione è troppo complicata per poter fare senza un legale. L’ispettore però rifiuta e dice all’avvocato che è impossibile che sia stata la figlia a conferirgli il mandato, perché è stata arrestata. Uyttendaele è pronto a fornire le prove. Ma l’ispettore lo interrompe: non parlerà con Panzeri. E spiega: si tratta di una decisione del giudice istruttore, ovvero Claise.

In un primo momento Panzeri parla negando che esista qualcosa di simile al Qatargate. «Ho svolto un lavoro informale per un Paese che si chiama Qatar - ha affermato - quando ho posto fine alla mia attività di parlamentare e sono diventato un cittadino ordinario senza più alcun obbligo istituzionale. Il Qatar mi ha chiesto di svolgere un'attività di consulenza e io ho risposto affermativamente». Ma tutto in nero, questi i patti. «Io, probabilmente facendo un errore, ho accettato», ammette. Il tutto per 17mila euro lordi al mese, che in tre anni fanno 612mila euro, più o meno quello che i servizi hanno trovato in casa sua. «Ammetto di non aver pagato le tasse», sottolinea, e poi aggiunge: «Non ho corrotto nessuno». Alle 17.42 gli inquirenti si danno il cambio e consentono a Panzeri di chiamare la figlia. Sanno già che non potrà rispondere, ma mettono comunque in piedi l’assurdo teatrino. Lui le lascia un messaggio in segreteria e continua il suo racconto. Solo al termine dell’interrogatorio, alle 20.35, gli rivelano che sua figlia e sua moglie sono state arrestate. E crolla.

Gli avvocati, il giorno dopo, tentano di informare il giudice Claise di aver ricevuto un mandato. Nel frattempo, però, Panzeri viene convocato per un nuovo interrogatorio. È quello in cui farà il “nome sbagliato” che non va bene agli inquirenti. Sono le 12.15 quando gli viene proposto un accordo: la libertà di sua moglie e sua figlia e una condanna a sei mesi. L’alternativa è pesante: 15 anni di carcere. E per scansarli deve fare due nomi. Lui li fa, chiamando in causa due eurodeputati belgi, Marc Tarabella e Marie Arena. Ma prova a chiedere la presenza di un avvocato. Troppo tardi, gli dicono, hai rinunciato, ne avrai diritto davanti al giudice istruttore. Panzeri, ormai sconvolto, si autoincrimina di corruzione «e parla delle due persone di cui gli sono stati dati i nomi - scrivono gli avvocati -. Dal secondo paragrafo, apparentemente d'iniziativa, cita il nome di Marc Tarabella», che avrebbe ricevuto più volte somme in contanti, dai 120 ai 14mila euro. E poi smorza il riferimento ad Arena, senza che qualcuno, almeno apparentemente, gli chieda niente: «Se parliamo di Marie Arena - poi sottolineerà questa parte, ndr -, so che è andata in Qatar e ha incontrato il Bit, il ministro del Lavoro e il nuovo responsabile dei diritti umani in Qatar. Aveva partecipato ad una conferenza con quest'ultima persona in Qatar. Per quanto ne so, non ha ricevuto nulla». Una volta davanti al giudice istruttore, viene nominato un avvocato d’ufficio, praticamente fresco di laurea. Un investigatore, scrivono i legali, «insiste per avere altri nomi» e suggellare l’accordo. Che alla fine viene chiuso. A quel punto Panzeri è davanti a Claise, che gli ricorda ancora una volta che sua moglie e sua figlia sono in carcere. E lui chiarisce: Arena è una mia amica - riportano gli avvocati -, non voglio denunciarla. «Ha altre rivelazioni da farmi oggi?», chiede dunque il giudice. E Panzeri aggiunge: «Per quanto riguarda Marie Arena non posso dire nulla, il problema non è se sia un'amica o no, personalmente dal punto di vista finanziario non ho mai avuto a che fare con lei, so che una volta è andata a Qatar e ha ricevuto un regalo ma non so cosa». Claise sa che ci sono degli avvocati pronti a difendere Panzeri, ma lascia correre. E loro parlano dunque di «pressioni», in particolare «attraverso false promesse e la speranza di liberare sua moglie e sua figlia», scegliendo infine «un avvocato d'ufficio per insabbiare l'accaduto». Una «slealtà», scrivono, che «non può essere tollerata» e che comporta «l'illegittimità e la nullità di tutte le udienze dell'imputato, compreso l'interrogatorio da parte del gip». Un vero e proprio abuso, dunque. E potrebbe non essere l’unico. Panzeri, alla fine, diventerà un pentito e l’accordo verrà portato a termine con successo, inguaiando, tra gli altri, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili - che ha sempre negato ogni addebito - e uscendo dal carcere e anche dal caso. Che ormai appare sempre meno solido.