Dopo i referendum, Mosca sfida il mondo: ma solo parte dei territori è davvero sotto il controllo del Cremlino

Il palco è già stato allestito sulla Piazza Rossa di Mosca con i cartelloni in cui campeggiano i nomi delle quattro regioni ucraine che, dopo il referendum, saranno “annesse” alla Federazione russa. Tutto è dunque pronto per la cerimonia che oggi pomeriggio alle 15 sancirà l’incorporazione di Luhansk e Donetsk a est, Zaporizhzhia e Kherson a sud. DOPO IL “REFERENDUM” OGGI L’ANNUNCIO DEL CREMLINO

Il palco è già stato allestito sulla Piazza Rossa di Mosca con i cartelloni che annunciano i nomi delle quattro regioni dell'Ucraina che dopo il referendum saranno annesse alla Federazione russa. Tutto è dunque pronto per la cerimonia che oggi pomeriggio alle 15 sancirà l'incorporazione di Luhansk e Donetsk a est, Zaporizhzhia e Kherson a sud. Nella Sala San Giorgio del Gran Palazzo del Cremlino si è terrà la cerimonia della firma.

Non si sa se Vladimir Putin parlerà in pubblico mentre pare certo che si rivolgerà, con un discorso separato, alla camera alta del Parlamento il 4 ottobre, tre giorni prima del suo 70° compleanno. L'annessione è stata respinta dalla maggior parte della comunità internazionale e sul referendum pesano la mancanza di un monitoraggio indipendente e forti dubbi sulla libertà di voto. Gli Stati Uniti hanno gia annunciato che imporranno sanzioni alla Russia mentre gli Stati membri dell'UE stanno prendendo in considerazione un ottavo round di misure punitive. Ma soprattutto l'esito dei referendum è condizionato dal fatto che la Russia non domina completamente nessuna delle quattro regioni. Sebbene la maggior parte di Luhansk rimanga in mani russe, Mosca ad esempio controlla solo il 60% di Donetsk. Sette mesi dopo l'inizio del conflitto la guerra infuria ancora in prima linea in tutte e quattro le aree. C'è poi la situazione interna in Russia dove la decisione di mobilitare almeno 300mila riservisti ha scatenato grandi proteste di piazza e il bilancio parla di 2400 persone arrestate mentre continua l'esodo di coloro che temono di essere arruolati a forza. Solo il Kazakistan ha riportato 98mila arrivi da martedì scorso e lunghe code di automobili sono segnalate al confine con la Georgia. Da oggi intanto la Finlandia ha annunciato che limiterà significativamente i visti per i russi che entrano per turismo o per proseguire i viaggi verso altri paesi dell'UE.

Helsinki dunque si allinea all'atteggiamento già tenuto da altri quattro paesi dell'UE che confinano con la Russia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania infatti hanno iniziato a respingere autonomamente i turisti russi da qualche tempo.

Ma la guerra ora si sta spostando nel mar Baltico sotto forma di sabotaggi delle condutture dei gasdotti Nord Stream 1 e 2. Le ultime notizie riportano la scoperta di una quarta falla da parte della guardia costiera svedese. Una situazione che ha ulteriormente acuito le accuse dei russi, i quali si sono detti pronti ad un'indagine congiunta anche se ritengono tali atti possibili solo con il coinvolgimento di uno stato. La stessa Nato è intervenuta con un comunicato molto duro che, anche se non direttamente, sembra accusare Mosca: «L Alleanza è impegnata a prepararsi, scoraggiare e difendersi dall'uso coercitivo dell'energia e di altre tattiche ibride... Qualsiasi attacco deliberato contro le infrastrutture critiche degli alleati sarebbe accolto con una risposta unita e determinata.»