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Foto Fabrizio Corradetti/LaPresse 09 ottobre 2018 Roma, Italia Chiesa di San Rocco all'Augusteo funerali del giudice Simonetta D'Alessandro Nella foto: Michele Prestipino procuratore aggiunto Photo Fabrizio Corradetti/LaPresse October 09 th, 2018 Roma, Italy News Church of San Rocco all'Augusteo funeral of the judge Simonetta D'Alessandro In the photo: Michele Prestipino deputy prosecutor
Incredulità e bocche cucite. Il giorno dopo la “bomba” sulla Dna, con l’iscrizione sul registro degli indagati del procuratore aggiunto Michele Prestipino per rivelazione di segreto e favoreggiamento della criminalità organizzata, il clima nei dintorni di via Giulia è teso. Il tutto mentre si moltiplicano i dubbi su un’iscrizione che, forse, non doveva proprio avvenire. Non a Caltanissetta, almeno, dato che il presunto reato - consumato durante un pranzo - sarebbe stato commesso a Roma. Ed è proprio nella Capitale, come previsto dal difensore di Prestipino, Cesare Placanica, che il fascicolo verrà presto trasferito.
Ma ormai il danno mediatico è fatto: l’inchiesta è stata sbattuta su tutti i giornali e il curriculum di Prestipino già sporcato, con tanto di allusioni a possibili aiuti alla mafia. Sostanzialmente una smentita della sua intera carriera, fatta di una caccia ai mafiosi alla quale adesso avrebbe rinunciato in maniera banale. Lo dicono bene due fonti: in primo luogo, pubblicamente, il deputato di Forza Italia Enrico Costa, che da buon garantista ha svestito l’abito di fustigatore dei magistrati per rivendicare il diritto alla presunzione d’innocenza dell’aggiunto.
«Michele Prestipino è riconosciuto come magistrato serissimo - ha commentato su X -. Riceve un avviso di garanzia, atto a sua tutela, e lo massacrano sui giornali. Il suo capo, pelosamente richiamando la presunzione di innocenza, gli toglie le deleghe. Tra anni magari sarà assolto, ma sempre infangato. Il procuratore antimafia gli toglie le deleghe motivandolo con una questione di “immagine”, che pertanto prevale sulla presunzione di innocenza».
L’altra fonte è il Csm, dove nel frattempo è approdata la segnalazione del procuratore nazionale Giovanni Melillo. Nel fascicolo, riferiscono fonti interne a Palazzo Bachelet, «c’è meno di quello che abbiamo letto sui giornali. Il che è grave - prosegue la fonte - e la dice lunga sul fatto che la vera punizione è quella mediatica». Ma non solo: la dice lunga, prosegue la fonte, anche della «risibilità di un segreto divulgabile ai buoni mentre ai cattivi no: il segreto è segreto, non può essere invocato a geometria variabile».
Ma il nodo cruciale è, appunto, la questione della competenza. I magistrati nisseni, davanti ai quali Prestipino ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, sarebbero infatti consapevoli di non avere la competenza sull’inchiesta e avrebbero già intenzione di girare il fascicolo ai colleghi romani. Anche perché la giurisprudenza della Cassazione - come già rivendicata nel caso relativo ad Antonio Laudati, ex sostituto della Dna indagato per i presunti accessi illeciti ai database - assegna alla procura della Capitale le inchieste sui magistrati della Dna che prima, come da codice, venivano trasmesse a Perugia, sede competente per gli accertamenti sui colleghi romani.
I dubbi sollevati dall’avvocato Placanica nella memoria tecnica depositata in procura, dunque, sarebbero più che fondati. Il che potrebbe incidere anche sulla utilizzabilità delle intercettazioni da cui tutto nasce. L'indagine, condotta dalla Sezione anticrimine dei Carabinieri del Ros di Caltanissetta, prende le mosse da un’attività disposta nell’ambito di un’inchiesta più ampia sulle stragi del 1992. Ma la rivelazione sarebbe avvenuta a Roma, al ristorante Vinando di piazza Margana. A ricevere le informazioni segrete relative ad indagini in corso – che dovevano restare coperte dal segreto investigativo – sarebbero stati Giovanni De Gennaro, già capo della polizia e oggi presidente del consorzio di imprese “Eurolink”, general contractor per la progettazione e costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, e Francesco Gratteri, storico collaboratore di De Gennaro e consulente per la sicurezza della società “We Build”, socio di maggioranza del consorzio. L’incontro, del quale scopre ascoltando le conversazioni di De Gennaro, ha dunque allarmato la procura di Caltanissetta, che ha poi deciso di informare subito il procuratore nazionale Melillo, di cui Prestipino è vice nonché coordinatore delle indagini più delicate su mafia e ‘ndrangheta. Melillo, dunque, ha revocato le deleghe al collega. Che ora attende di conoscere il suo futuro.
Secondo la procura, vi sarebbero «concreti elementi» per ritenere che Gratteri, anche per conto di De Gennaro, avrebbe avvisato alcuni protagonisti della vicenda dell’esistenza delle indagini in corso, mettendone a rischio l’esito. «Tale rivelazione del segreto – si legge nel comunicato diffuso dalla procura – avrebbe riguardato rilevanti particolari delle indagini in corso da parte di alcune Dda, anche con riferimenti all’uso delle intercettazioni, nonché della funzione di coordinamento svolta sin dalle prime battute dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Si tratterebbe, secondo l’accusa, di notizie «gravemente pregiudizievoli per le indagini di più uffici distrettuali». Gravi al punto da spogliare Prestipino dai suoi incarichi. Il rischio, come sempre, è che l’eco mediatica possa schiacciare la verità, condizionando il giudizio pubblico prima ancora che il processo si svolga.