In una recente ordinanza (n. 693/2024), la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui criteri essenziali per la determinazione e la quantificazione dei compensi degli avvocati impegnati in prestazioni stragiudiziali, in particolare nella stesura di contratti per conto dei loro clienti.

La vicenda in esame coinvolgeva un individuo che presentava ricorso al Tribunale di Salerno, agendo sia a titolo personale che come esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore. L'obiettivo era la tutela degli interessi legati alle partecipazioni in due società, con richiesta di condanna delle parti convenute al pagamento di 28.314,70 euro, già al netto degli acconti ricevuti. Inizialmente, il Tribunale aveva accolto la richiesta senza ulteriori attività istruttoria, condannando le convenute al pagamento di 18.697,09 euro, oltre agli accessori di legge ed interessi. Successivamente, la parte chiamata in causa, in doppia veste, ha presentato appello.

La Corte distrettuale, accogliendo l'impugnazione, ha rilevato che le bozze di atti predisposti non potevano considerarsi contratti, mancando l'accordo tra le parti. Di conseguenza, ha escluso la liquidazione dei compensi secondo la Tabella D del D.M. 127/2004, qualificando l'attività come preparatoria e assimilandola a "pareri scritti", con un compenso residuo di 9.275,50 euro.

Il protagonista del caso ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione degli atti come pareri scritti e sottolineando l'erronea dipendenza del riconoscimento del compenso dalla conclusione definitiva dei contratti anziché dalla natura e dal contenuto dell'attività svolta.

La Cassazione ha accolto la censura, affermando che la "redazione di contratti", come definita nella Tabella D del decreto ministeriale n. 127, va riconosciuta quando l'avvocato traduce in termini tecnico-giuridici le pattuizioni tra due parti. Ciò comprende sia la predisposizione diretta del testo di un regolamento negoziale su incarico del cliente, sia l'assistenza fornita nella sua redazione da altri soggetti.

Inoltre, la Corte ha chiarito che, nel caso in cui il contratto predisposto dall'avvocato non venga formalizzato sul piano giuridico tra le parti, l'attività professionale deve comunque essere oggetto di compensazione, come previsto dall'articolo 6 del capitolo III del decreto ministeriale. L'importanza di aderire esclusivamente ai criteri dell'articolo 1, comma 2, del capitolo III è stata sottolineata, includendo la considerazione della natura e del valore della pratica, il numero e l'importanza delle questioni trattate, e il pregio dell'opera prestata.

Infine, la Corte ha criticato la decisione impugnata che ha qualificato l'attività del ricorrente principale come "parere scritto", assegnandole la Lettera B sub b. Tale qualificazione è stata giudicata inappropriata, considerando l'evidente diversità tra questa categoria e l'attività effettivamente svolta dal ricorrente.