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Far decorrere l’orologio della prescrizione dal momento in cui il reato viene scoperto, e non, come avviene adesso, da quando viene commesso: sarebbe questa la riforma che ha in mente il ministro della Giustizia Carlo Nordio, come ha rivelato Liana Milella su Repubblica.
Abbiamo raccolto un po’ di opinioni e non sono affatto positive. Per il deputato di Forza Italia Pietro Pittalis, vice presidente della Commissione Giustizia, e sottoscrittore di una delle tre pdl in materia insieme a quelle di Ciro Maschio (FdI) e Costa (Azione) è «difficile commentare ipotesi per ora solo giornalistiche, senza un testo scritto. Se fosse confermato quanto trapelato, voglio però essere chiaro: qualora il ministro Nordio volesse fare qualche proposta, essa dovrebbe arrivare in Commissione Giustizia della Camera dove abbiamo già esaurito le audizioni in materia e dal 6 settembre inizieremo ad esaminare il testo base. Riguardo al merito della proposta che il Guardasigilli starebbe elaborando, anticipo che per quanto mi riguarda – e parlo anche a nome dei colleghi di Fi in Commissione - sono assolutamente contrario che la prescrizione si faccia decorrere dalla scoperta del reato e non credo che simile prospettiva possa proprio essere portata al vaglio di noi commissari. Riteniamo più che legittima la preoccupazione avanzata dall’avvocatura italiana».
Ricordiamo che alla Camera la Commissione aveva già fatto una istruttoria su abuso di ufficio e traffico di influenza, tuttavia Nordio ha deciso di incardinare la riforma al Senato: «Le leggi non le scrivono i burocrati del ministero della Giustizia ma il Parlamento. Quindi occorre un maggior coordinamento tra via Arenula e la Commissione. Non si può fare un lavoro di audizioni e di esame e poi assistere a quello che ricordava lei. Questo metodo non si deve ripetere e lo diciamo chiaramente al ministro: non siamo dei passacarte in Commissione Giustizia».
Secondo la vice presidente del Senato, la dem Anna Rossomando, «oggi se parliamo di giustizia in Italia le prime emergenze riguardano la carenza di organico dei magistrati e le carceri che esplodono, a cui si aggiungono le carenze strutturali e la necessaria messa a terra delle riforme già approvate. In questo contesto cosa fa il ministro Nordio? Si focalizza sulla prescrizione, ambito in cui sono state approvate recentissimamente nuove norme, con gli uffici che stanno ultimando il lavoro per il proprio adeguamento. Chiediamo al ministro far funzionare la macchina della giustizia, non di bloccarla per una bandierina da sventolare. Dopodiché se arriveranno proposte concrete, le verificheremo. Per ora siamo al pourparler».
Infine per l’avvocato Giovanna Ollà, segretario del Cnf, «è sicuramente necessario intervenire sul tema della prescrizione vista la confusione normativa che ha interessato l’istituto a far data dalla legge Cirielli fino al concetto di improcedibilità introdotto dalla riforma Cartabia che, se non altro, ha avuto il pregio di superare la revisione normativa Bonafede che di fatto aveva segnato l’arresto della prescrizione al giudizio di primo grado. L’ipotesi prospettata, se veritiera, non può trovare accoglienza in un sistema processuale che contempla il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Nella prospettiva ipotizzata lo stesso concetto di durata resterebbe ancorato ad un dato non certo, come la scoperta del reato, ovvero ad un dato investigativo variabile inevitabilmente anche in dipendenza della tipologia di reato e della stessa struttura organizzativa degli uffici di procura».
Per il presidente dell’Unione Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, «la prescrizione sostanziale con decorrenza solo dalla scoperta del reato è un autentico obbrobrio. Con questa soluzione viene meno il senso stesso dell’istituto della prescrizione, legato al progressivo venir meno, con il trascorrere del tempo, dell’interesse punitivo dello Stato. Inoltre, affideremmo all’Ufficio del pm una sostanziale discrezionalità nella determinazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione. Mi auguro si tratti di una notizia del tutto infondata. Diversamente, i penalisti italiani impegnerebbero tutte le proprie energie per combattere questa assurda e pericolosa idea di riforma, la cui paternità politica andrebbe dichiarata senza infingimenti, in modo che ne siano chiare le responsabilità».
Per Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm: «Si chiede alla giurisprudenza prevedibilità nelle decisioni, ma senza una stabilità delle leggi essa non può essere assicurata. Dal 2017 al 2023 la prescrizione non ha pace: se si intervenisse di nuovo, ci troveremmo dinanzi ad un groviglio di norme che creeranno disorganizzazione e inefficienza del sistema».
Nel merito della proposta, «quella di far decorrere la prescrizione dal momento in cui il reato viene scoperto è una novità quindi non posso esprimere una posizione per l’Anm, che la valuterà nel prossimo Cdc di settembre se verranno confermate le notizie giornalistiche. A titolo personale posso dire che si tratta di una indicazione di cui capisco e condivido la ratio, ossia assicurare al processo un tempo ragionevole per il suo svolgimento. Però devo anche dire che la prescrizione risponde anche ad altro fine, ossia al tempo dell’oblio: se da quando è stato commesso un reato decorre un tempo troppo lungo non c’è più interesse sociale alla punizione, altresì perché la persona dopo molti anni può essere cambiata e non essere più la stessa che ha commesso il reato. Siamo dunque in presenza di due esigenze diverse, le quali vanno tenute entrambe in considerazione, non l’una a sacrificio dell’altra. Ridurre la prescrizione solo a quella processuale non mi sembra una soluzione di sistema».